Premio Möbius Lugano nella eccezionale cornice del uno complesso Le Lac premia l’innovazione svizzera di qualità per il digitale. Per la moda quest’anno va a Clara, La giacca sportiva intelligente, di Clara Swiss Tech Sagl, una start-up guidata da Marco Dal Lago. Questa la motivazione della giuria: “Una tecnologia che risolve in modo semplice ed efficace un problema di elevata rilevanza sociale, come la prevenzione di incidenti stradali e la sicurezza di pedoni e ciclisti”.
Il Grand Prix Mobius editoria in transizione per l’area linguistica italiana è stato attribuito a Piattaforma multilingue: Locasciodictionary.com, della Fondazione Italned, animata dal prof. Vincenzo Lo Cascio: “per la costruzione di un dizionario online ricco di contenuti e funzionalità innovative, che costituisce un servizio prezioso per la diffusione della lingua e della cultura italiana in un contesto di multilinguismo, e offre un motore per la generazione di nuovi contenuti, aperto alla collaborazione degli utenti e con grandi potenzialità di sviluppo futuro”.
Infine, il Möbius Giovani – Comunicazione virale è stato assegnato allo studente del corso di comunicazione visiva della SUPSI Michele Pandolfi per il video Poison 2.0.
“È difficile pensare a una celebrazione del nostro ventennale più ricca, stimolante e composita.” Ha dichiarato il direttore della Fondazione Alessio Petralli. “Passiamo da una giovanissima start-up, segno della vitalità del nostro territorio, a un’opera linguistica che suggella una carriera lunga e di grande prestigio. L’entusiasmo dei giovani futuri registi si è integrata naturalmente con la presenza carismatica di esperti, pensatori e professionisti che hanno saputo trattare con passione spesso contagiosa un tema difficile e attuale come quello dei Big Data.” Petralli non nasconde a buon diritto la soddisfazione: “Mi piace pensare all’esperienza di questi due giorni come un nuovo inizio. Molti progetti sono allo studio e vorrei rispondere all’entusiasmo di tutti i partecipanti con l’impegno appassionato di tutta la squadra che anima la nostra Fondazione.”
L’evento è stato anche un susseguirsi di conferenze e dibattiti sulla cultura digitale. Il dibattito su Edward Snowden tra Dick Marty e Jacques Baud ha suscitato grandissimo interesse Si sono volute ricostruire le radici del fenomeno di “allertatori-denuncianti”, partendo dal caso di Daniel Ellsberg, che ci riporta a Kennedy, Johnson, Nixon, con la pubblicazione di oltre settemila pagine inviate al New York Times, durante la guerra del Vietnam. Con Snowden abbiamo a che fare con Bush e Obama. Pare che la decisione di pubblicare le carte fosse partita dalla delusione per il mancato cambiamento sotto l’amministrazione Obama.
Bertil Cottier, riconosciuto esperto di diritto del media che insegna all’USI, si è concentrato sui rapporti tra Big Data, privacy e sfide legali in Svizzera. In generale il quadro legislativo sulla privacy appare debole, pur con differenze tra USA ed Europa. Il termine “privacy” è stato inventato in America circa un secolo fa, ma da allora non si è registrato un reale progresso nella sua applicazione.
I principali problemi, che ostacolano l’implementazione di una legge forte, sono la difficoltà a operare con concetti precisi e la necessità di un continuo aggiornamento. Spesso tali leggi incorporano termini vaghi e mancano regole inferiori per chiarine l’uso. È ciò che avviene anche in Svizzera, dove, inoltre, la legge è datata (parliamo di anni ’80 e ’90) e quindi difficilmente può rispondere alle esigenze della realtà odierna che sono radicalmente diverse.
“Oggi, per usare una metafora, si passa da qualche Big brother a milioni di Little brothers” ha spiegato Cottier. E l’adeguamento alla realtà contemporanea, cioè la revisione della legge, ha un percorso che dura circa una decade. Un tempo lunghissimo per i ritmi del digitale.
Ancora più complessa è la situazione con i Big Data per i problemi di quantità, velocità e varietà di dati combinati e analizzati. I fondamenti classici della protezioni dei dati (nozione di dato, diritto all’oblio, diritto di accesso) non sono più applicabili al sistema Big Data. Ciò rende inevitabile una revisione dei meccanismi del diritto, generando un problema che non è solo legislativo, ma istituzionale: il legislatore oggi è spesso sorpassato dal progresso tecnologico. Quindi, per gestire i Big Data serviranno regole precise, regolarmente rivalutate, adottate da autorità di protezione dei dati con ampia delega di potere. La legislazione sulla protezione diventerà un quadro che stabilisce i confini dell’autorità.
Ma soprattutto, parallelamente alle regole giuridiche, deve essere sviluppata un’etica della protezione della vita privata.
Massimo Bray, ex Ministro per i beni e le attività culturali e Direttore editoriale Treccani, ha riflettuto sullo stato di crisi in cui verte il mondo dell’editoria. Si vende meno, gli editori vacillano e sono costretti a tagliare i costi (nel periodo 2010-2014 sono stati persi circa diecimila impiegati a tempo pieno). Il digitale è visto come un nemico, complice se non causa dei problemi del settore, ma non è così. Piuttosto che rifiutare e sottovalutare le possibilità dello sviluppo tecnologico, il mondo della cultura deve cogliere l’occasione per innovarsi e rinnovarsi, digitalizzando i processi e inserendosi in un’ottica di transmedialità.
L’Europa ha un patrimonio documentario immenso, ma le istituzioni mancano della snellezza e del dinamismo necessari per affrontare la grande sfida di questa epoca: riattualizzare il materiale disponibile con il digitale. La risposta potrebbe arrivare dal mondo delle fondazioni indipendenti, libere dalle necessità del mercato, in grado di puntare sulla qualità dei contenuti. “La cultura deve essere un motore di innovazione in grado di nutrire la società,” sviluppare un valore di collante sociale e le fondazioni possono avere un ruolo da giocare nella ricostruzione di un’Europa in frantumi.
La tecnologia ci aiuta a vivere meglio? Gino Roncaglia, umanista informatico e professore associato presso l’università della Tuscia, ha proposto una rassegna di gadget curiosi che, pur non rivoluzionari o indispensabili, sono in grado di semplificare le azioni della quotidianità. Braccialetti contapassi per monitorare lo stato di salute dalla quantità di moto quotidiano alla qualità del sonno; smartphone e tablet con pennino e applicazione adatta alla mano che sostituiscono il blocco degli appunti, col vantaggio di registrare tutto nel cloud; app di informazione intelligenti permettono di filtrare il flusso di notizie secondo i propri interessi. Caschi di realtà virtuale che proiettano mondi virtuali per rendere la ginnastica un’attività più stimolante.
I due giorni di premiazioni e dibattiti si sono conclusi con un simposio a cui ha preso parte Derrick de Kerckhove, anche giurato del Moebius : “Big Data: Una nuova rivoluzione cognitiva?” Tutte le risposte sono a disposizione, basta fare la domanda giusta. La galassia di connessioni tra le persone consentita da Internet ha portato alla nascita dei Big Data, un sistema di informazioni su tutto e tutti in cui, per la prima volta nella storia dell’uomo, non esiste contenuto prima che la domanda venga posta. Il mondo diviene cervello, gli umani sono le domande. Ma non possiamo comprendere la nuova situazione senza una rivoluzione psicologica e culturale.
Siamo seguiti dalla nascita alla morte, nemmeno il nostro pensiero ci appartiene più: tutto è pubblico.
Per Antonietta Mira, studiosa di Scienza dei Dati all’USI, siamo diventati un pugno di byte. Le nostre relazioni sono catalogate, le nostre idee registrate. La libreria online ci propone quali libri comprare, l’applicazione di mappe ci offre le indicazioni stradali prima ancora che le chiediamo. Quello che abbiamo tra le mani è un nuovo concetto di dati: testi, immagini, video, registri GPS, ricerche. Tutto può servire. Le enormi raccolte,però, non servono se non vengono analizzate e convertite in conoscenza. Questo è lo scopo della data science. Votata alla multidisciplinarietà, la scienza dei dati porta a un nuovo paradigma scientifico: i confini tra le discipline scientifiche sono trascesi, per collaborare nell’elaborazione dei dati.
Qual è il problema? Forse, tra i tanti, l’appiattimento dei comportamenti dovuto a modelli che, costruiti inizialmente sui nostri usi e costumi, li trascendono e li incasellano…