Che cosa sapevano, i nostri nonni o i nostri bisnonni, a seconda dell’età di chi scrive o di chi legge, di quanto, cento anni fa di questi giorni, tra il 24 e il 29 ottobre 1917, accadeva sul fronte cruento della Grande Guerra? Che idea avevano di quella che sarebbe entrata nel linguaggio comune come la ‘caporetto italiana’?
Nulla o ben poco, ne sapevano, uno s’immagina. Quasi senza telefoni e comunque senza telefonini, senza televisioni e tanto meno internet, con la radio agli albori, non certo buona per l’informazione di massa, gli italiani d’un secolo fa non avranno saputo niente o quasi – causa censura – di quanto stava avvenendo in prima linea in quei giorni terribili e tragici.
Invece, non era così: i maggiori quotidiani italiani di quella settimana hanno informazioni ampie e dettagliate, anche se il tono è quello reticente dei comunicati dello Stato Maggiore e il linguaggio è prudente e misurato: le parole ‘ritirata’ e tanto meno ‘rotta’ non compaiono mai, pur se si annuncia a tutta testata “l’attacco austro-ungarico”, che ci trova “saldi e ben preparati”.
C’è il racconto dell’ “offensiva nemica” che “continua non estrema violenza” – mentre i nostri “sgomberano l’altopiano della Bainsizza”-. E c’è l’ammissione del “tentativo degli austro-ungarici di sboccare nelle valli friulane” e la cartina “del nuovo schieramento”, che non è mai buon segno, e del “ripiegamento sulla fronte Giulia” – altro cattivo segnale; e, sì, il ‘fronte’ era allora femminile, la fronte -.
Fin dalla vigilia del patatrac, erano stati messi in allarme, i nostri nonni e bisnonni, dalla “comparsa dei tedeschi sulla fronte italiana” (una tempestività sospetta, perché di sicuro i tedeschi non erano arrivati sulle Alpi solo il giorno prima dell’offensiva).
E allora, dove sta la caporetto dell’informazione? Nel fatto che, proprio in quei giorni, si consumava in Parlamento la crisi di governo – mai forse momento fu peggio scelta dalla politica per sciorinare le proprie divisioni –; e i ‘giornaloni’ dividono le prime pagine, quasi in modo equo, in orizzontale o in verticale, tra la tragedia al fronte e la farsa in Parlamento. Decine di migliaia e, in fin dei conti, centinaia di migliaia di caduti da una parte; e una sola ‘vittima’, per quanto illustre, ma solo figurata, il presidente del Consiglio Paolo Boselli, dall’altra.
Di questo e di molto altro, più culturalmente profondo e più umanamente angosciante, s’è parlato martedì 24 ottobre nell’Aula Odeion della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza a Roma. L’occasione era la presentazione del volume ‘La Grande Guerra nella letteratura e nelle arti’, curato dalla professoressa Silvana Cirilloe frutto di un convegno sul centenario della Grande Guerra celebrato, sempre alla Sapienza, in coincidenza con lo scoppio del conflitto.
Docenti ed esperti hanno discusso il materiale scelto e raccolto dalla professoressa Cirillo, unendo cura da storico e gusto da letterata, mentre l’attore Daniele Salvo ha dato vigore umano alla lettura di brani di diari dal fronte strazianti e disperati.