Quando lo lanciarono verso lo spazio profondo, nel lontano luglio 2013, i tecnici della NASA non erano stati molto ottimisti: prevedevano infatti che piccolo modulo di esplorazione marziano, denominato Opportunity, avrebbe cessato la sua attività dopo 90 sol, ovvero 90 giorni marziani (Marte impiega 24 ore e 36 minuti per completare una rotazione sul suo asse, quindi poco più di 1 giorno terrestre).

La stima al ribasso era dovuta al fatto che l’inverno di Marte ha una durata doppia rispetto a quello terrestre e l’atterraggio era avvenuto nell’emisfero Sud del pianeta rosso, che in quel periodo riceve poca luce solare, limitando quindi l’autonomia del modulo, alimentato proprio a energia solare.

Poi però i tecnici dell’agenzia hanno ideato un modo per ottimizzare l’orientamento dei pannelli solari installati sul rover, permettendo un assorbimento maggiore di luce ed estendendone così l’autonomia, fino a raggiungere il traguardo attuale di 5000 sol.

Un risultato sorprendente ed entusiasmante, se si pensa che Opportunity, dal suo sbarco su Marte del 25 gennaio 2004, ha viaggiato per oltre 45 km sulla superficie, battendo il record assoluto di chilometri percorsi da un oggetto terrestre su un altro mondo (primato detenuto dal rover di progettazione sovietica denominato Lunokhod 2, che nel 1973 coprì la distanza di 37 km sulla Luna).

L’attività di ricerca e scoperta di Opportunity in tutti questi anni è stata fondamentale per la nostra comprensione del pianeta rosso, smentendo principalmente la concezione di un ambiente freddo ed arido, e portando alla luce numerose tracce che indicherebbero la presenza di acqua nell’antico passato di Marte.

Attualmente il modulo si trova nell’estremità superiore della zona denominata Perseverance Valley, sul bordo del cratere Endurance e sta affrontando la fase più importante della sua missione: la valle sembra, infatti, avere una conformazione molto particolare, rivelatrice della sua storia passata. Matt Golombek, project scientist del Jet Propulsion Laboratory della NASA afferma: «Non sappiamo quale processo abbia scavato quella valle, ma vi sono diverse possibilità. Tra queste, la possibilità più intrigante è che sia stata scavata dallo scorrere dell’acqua, forse in tempi anche relativamente recenti».

E Opportunity sembra non volersi fermare, ma proseguire nella sua instancabile attività di scoperta, per continuare a regalarci nuovi scatti e nuove suggestioni, nonostante le difficoltà e gli acciacchi di ormai 14 anni di operatività: alla Nasa sono consapevoli che potrebbe fermarsi definitivamente da un momento all’altro, per questo prendono ogni giorno in più come un regalo, senza essere dispiaciuti, per una volta, di aver sbagliato i calcoli.

 

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Giacomo Birocchi
Laureato in Scienze della Comunicazione presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. Lavora come Executive Producer presso Duo Art Film, casa di produzione milanese. Attualmente collabora con Media Duemila.