“Non tenere celato il mio arresto. No, non tacere, io sono innocente e voi non dovete vergognarvi. Non tacete ma gridate dai tetti, a tutti, del delitto che si trama al mio danno […] No, non tacere, che il silenzio sarebbe vergogna”. Così Bartolomeo Vanzetti scriveva in una lettera al padre il primo ottobre del 1920, dal penitenziario di Charlestown nel Massachusetts.
Attraverso documenti originali, come l’autobiografia scritta in carcere da Vanzetti e la sua corrispondenza con i familiari rimasti in Italia, “Gridatelo dai tetti” racconta la drammatica vicenda di un emigrato italiano anarchico negli Stati Uniti, giustiziato sulla sedia elettrica insieme al compagno Nicola Sacco il 23 agosto 1927.
Sacco e Vanzetti furono dichiarati colpevoli, senza prove, dell’assassinio di due uomini durante una rapina nel 1920. Il verdetto è passato alla storia come un crimine giudiziario. Cinquant’anni dopo la loro condanna a morte, l’allora governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, poi candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti, riconobbe l’errore giudiziario e riabilitò i due italiani.
Questo libro, curato da Alberto Gedda, giornalista Rai, e con preziosi contributi di Davide Lajolo e Giuliano Montaldo, giunge alla terza edizione in coincidenza con l’anniversario dell’esecuzione: è una accorata raccolta di testimonianze, che mantiene vivo il ricordo di una triste vicenda e di una palese ingiustizia, quella subita di Nick e Bart, divenuti emblemi della feroce persecuzione sofferta dagli immigrati e dagli anarchici all’epoca della red scare (la paura dei rossi) in America.
A quasi un secolo di distanza, risuona ancora l’eco delle parole di Bartolomeo Vanzetti che, con ammirevole speranza e determinazione, scriveva al padre, a Villafalletto, borgo rurale del Cuneese: “Fatti coraggio dunque, sî ottimista. La giustizia benché bandita e perseguitata ha sempre finito col trionfare, e finirà col trionfare anche questa volta”. Cinquant’anni dopo la sua morte, sarebbe stato vero.