Dopo settimane d’appuntamenti elettorali e minuetti diplomatici tra Puglia, Svizzera e Bruxelles, carneficine di civili sui fronti di guerra restituiscono priorità all’importanza della pace, proprio quando a Washington si riunisce il Vertice della Nato, che riconferma il sostegno all’Ucraina e afferma l’irreversibilità del processo di adesione all’Alleanza.
Fissato in occasione del 75° amnniversario del Trattato dell’Atlantico del Nord, il Vertice della Nato è preceduto dal più intenso bombardamento russo su Kiev e altre città ucraine dall’inverno scorso, con una gragnola di decine di missili che colpiscono, in pieno giorno, edifici residenziali e, nella capitale, un ospedale pediatrico con bambini affetti da tunori: quasi 40 le vittime, circa 200 i feriti – dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che chiede (e ottiene) una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu -.
E’ l’ennesima tragedia di una guerra che dura ormai da quasi due anni e mezzo e che – magari per assuefazione – era finita ai margini dell’attenzione mediatica. Quasi contemporaneamente, nella Striscia di Gaza, l’ennesima operazione militare israeliana contro strutture sanitarie e/o scolastiche fa decine di vittime palestinesi, molti i bambini.
In entrabi i casi, i responsabili degli attacchi danno versioni alternative. La Russia afferma d’avere preso di mira solo obiettivi militari e infrastrutture industriali e avanza l’ipotesi che sull’ospedale pediatrico sia caduto un razzo della contraerea o un missile deviato. Israele sostiene che le sue operazioni erano indirizzate contro basi di miliziani di Hamas installate sotto ospedali o scuole.
L’Onu denuncia un crimine di guerra russo e stima a quasi 600 i bambini uccisi dall’inizio dell’invasione.
Nella Striscia di Gaza, il Ministero della Sanità, gestito da Hamas, annuncia che le vittime di nove mesi di conflitto hanno superato le 38 mila, con oltre 87 mila feriti, in gran parte civili, specie donne e bambini. L’offensiva israeliana risponde agli attacchi terroristici condotti da Hamas e altre sigle palestinesi in territorio israeliano il 7 ottobre – circa 1200 le vittime, centinaia gli ostaggi, oltre cento dei quali non ancora restituiti alle famiglie -.
La recrudescenza delle operazioni militari israeliane mette a repentaglio i fragili negoziati per un cessate-il-fuoco in cambio della liberazione degli ostaggi, in cui pareva di nuovo esserci un lumicino di speranza dopo una fase di stallo.