Il “filantrocapitalismo” è il concetto proposto da Mathias Felipe de Lima Santos. il titolo dell’articolo è “Big tech is painting itself as journalism’s savior. We should tread carefully”.
Per l’autore, docente di Media, Comunicazioni, Arti creative a la “Macquarie University” (Australia), l’industria dei media potrebbe essere rimodellata da questo concetto. Vediamo perché.
Giornalismo e filantrocapitaismo
Prima di tutto perché gli stessi disruptor, possono posizionarsi come salvatori del giornalismo. Infatti l’articolo riporta di Google News Initiative che “promette non solo di mantenere in vita il giornalismo, ma anche di aiutarlo ad adattarsi e prosperare nel futuro.
Dunque a questo concetto è legata l’idea di filantrocapitalismo dei big della tecnologia che mi ha incuriosito.
Google e Facebook
“Le piattaforme come Google e Facebook sono al centro del modo in cui vengono distribuite le notizie. Inoltre i nuovi attori come OpenAI stanno rivoluzionando il modo in cui creiamo contenuti. Tutto ciò non è una novità. Ma è pur vero che le stesse aziende, forniscono un’infrastruttura digitale essenziale. E’ proprio questa che ha reso possibile gran parte dell’innovazione nel giornalismo negli ultimi dieci anni – dice Mathias Felipe de Lima Santos”.
Google News Initiative
In effetti l’Innovation Challenge di Google News Initiative lanciata nel 2018, ha fornito circa 30 milioni di dollari per oltre 200 progetti in 47 paesi.
L’analisi proposta nel sito di NiemanLab è il prodotto di 36 interviste approfondite con organizzazioni mediatiche in Africa, America Latina e Medio Oriente. Tutte hanno ricevuto sovvenzioni dal programma Google.
Sud del mondo
Il professore precisa che “le regioni incluse nello studio fanno tutte parte di quello che è noto come Sud del mondo. In questi Paesi la relativa instabilità politica, il divario digitale, i finanziamenti limitati e la mancanza di alfabetizzazione mediatica possono rendere le organizzazioni giornalistiche più vulnerabili all’influenza delle grandi aziende tecnologiche. Durante la fase di raccolta di dati è, anche, stato evidenziato che molti progetti legati al giornalismo non ha superato la fase di sperimentazione.
Lume ConfereAI
In Brasile, l’app Lume, progettata per rendere le notizie locali più accessibili alle persone con problemi di vista e ConfereAI che utilizzavano l’intelligenza artificiale per aiutare gli utenti a verificare l’accuratezza dei link e dei testi brevi hanno avuto un inizio promettente. Poi dopo il lancio il loro sviluppo non è stato sostenibile.
Le difficoltà, secondo l’articolo, derivano dall’incapacità di sviluppare e implementare le nuove tecnologie legate ai progetti. Quindi senza supporto esterno è impossibile continuare. Stesso problema anche nei casi in cui lo sviluppo tecnico è stato esternalizzato al di fuori del paese di appartenenza.
Una storia di successo incoraggiata da Google
Stears, una società di media, storica in Nigeria, ha sviluppato un servizio di gestione degli abbonamenti per consentire agli editori africani di implementare paywall e monetizzare il loro pubblico, senza bisogno di competenze tecniche.
Gli insuccessi però superano i successi, secondo il professore della Macquarie University, che indica Google quale organizzazione filantrocapitalista. Infatti per sopravvivere, il giornalismo deve continuare ad abbracciare la tecnologia senza perdere l’indipendenza della redazione. Questa la conclusione.
L’articolo integrale che si può leggere qui è ripubblicato da The Conversation con una licenza Creative Commons.