Nella cornice della Social Media Week, si è tenuto l’incontro Socialtainment: dove, come e quando della social Tv, organizzato da Giorgio Fontana per Media Duemila. L’evento ha visto la partecipazione di personalità coinvolte professionalmente nelle pratiche del socialtainment: Massimo Rosso, IT manager Rai; Annamaria Testa, esperta di comunicazione e fondatrice di Progetti Nuovi; Emanuela Zaccone, social media analyst di Telecom Italia; Paolo Liguori, direttore di New Media; e Luca Oliverio, responsabile della corporate communication di Theblogtv.
Parlare di web Tv in una fase di transizione come questa, in cui i vecchi media stanno imparando a conoscere quelli nuovi, significa cominciare a mettere in discussione alcuni elementi strutturali, quasi “secolarizzati”, dei primi.
Massimo Rosso ha avviato la sua riflessione a partire dal concetto di palinsesto. Considerare la social Tv come una semplice reazione socialmediatica a ciò che passa in televisione significa continuare ad obbedire alle leggi del palinsesto, mettendo in secondo piano le reali potenzialità di un’interazione vera tra il vecchio e il nuovo mondo. Impostare il discorso in maniera produttiva significa distogliere lo sguardo dal palinsesto e concentrarlo verso i nuovi trend, come cloud, big data, social analytics e mobiliy. Su questo punto l’intervento di Liguori estremizza il punto di vista di Rosso: «Nei prossimi anni il valore delle aziende di comunicazione sarà decretato dalla capacità di fornire efficaci strumenti di analisi. Bisogna cambiare la “cultura dell’auditel”, perché un campione di cinquemila nuclei famigliari, per quanto ben congegnato, non può competere con i dati che emergono da strumenti socialmediatici che utilizziamo tutti noi». Come ha ricordato Emanuela Zaccone, la differenza fondamentale tra auditel e big data è che il primo comunica le preferenze, mentre i secondi documentano l’utilizzo. L’apprezzamento dei contenuti è solo un aspetto della fruizione.
La social Tv, qualunque sia la configurazione che andrà ad assumere nei prossimi anni, sarà una pratica dai confini aperti, anzi un insieme di pratiche da costruire attorno ai concetti di convergenza, interazione e usability. «Oggi i meccanismi di produzione televisiva» spiega Luca Oliverio, «guardano alla socialmediaticità come un elemento da prendere in considerazione solo alla fine della filiera produttiva. Il futuro della tv come oggi la intendiamo sarà riuscire a capire come introdurre la socialmediaticità all’interno della filiera o addirittura prima di questa».
L’intervento conclusivo di Annamaria Testa ha riportato in sede gli entusiasmi spiegando lucidamente come a monte di tutti questi discorsi si pone un problema pratico e allo stesso tempo culturale: quello dell’alfabetizzazione. Dove c’è comunicazione, sia essa televisiva, pubblicitaria o letteraria, si pone un problema di montaggio dei contenuti. Il montaggio è una questione linguistica: è la grammatica attraverso cui qualsiasi contenuto diventa condivisibile. «Dove si collocheranno le competenze che riguardano il montaggio, quando da una parte ci sono persone abituate a lavorare in un modo troppo tradizionale per risultare interessante, e dall’altra ci sono ragazzi pieni di spunti anche buoni ma non sempre in grado di lavorare all’interno di una grammatica condivisa? Il problema di alfabetizzazione non riguarda solo chi produce contenuti ma riguarda anche le aziende. Chi lavora nell’ambito della comunicazione continua comunque, quotidianamente, a scontrarsi con realtà aziendali in cui il massimo della socialmediaticità è lo scambio di mail».