La qualità del lavoro giornalistico e il grado di soddisfazione di coloro i quali lo praticano
sembrano essere a rischio in ognuno dei diciotto Paesi oggetto dell’analisi del progetto di
ricerca “Media for Democracy Monitor 2020”; l’incertezza che domina il settore dei media
conduce a un preoccupante declino nel campo della sicurezza sul lavoro che si riflette in
molti dei contesti nazionali considerati.
All’interno dello stato di continua evoluzione tanto della professionalità quanto della
sicurezza del lavoro nel campo giornalistico entro i diversi mercati mediali, emergono due
tendenze di grande interesse, caratterizzate da diversi gradi di intensità e influenza sui
singoli contesti nazionali. Da un lato, l’uso sempre più diffuso di contratti a tempo
determinato; dall’altro, il ricambio generazionale all’interno delle redazioni, finalizzato
principalmente al risparmio di risorse in tempi di crisi.
Questi sono alcuni dei risultati principali della ricerca “Media for Democracy Monitor 2020”,
condotta entro le attività dell’ Euromedia Research Group in diciotto Paesi 1
nel corso della prima metà del 2020 (www.euromediagroup.org/mdm).
Sebbene il giornalismo sia percepito come una professione “aperta”, nella maggior parte dei
Paesi una percentuale considerevole di giornalisti è costituita da persone altamente istruite,
in possesso di un diploma universitario, non necessariamente in discipline legate alle scienze della comunicazione o agli studi giornalistici. Nonostante ciò, la qualità del lavoro e la soddisfazione di coloro i quali la praticano sembrano essere in pericolo, sotto la spinta di un insieme di fattori comuni ma diversamente articolati nei contesti nazionali:
l’aumento del carico di lavoro (in Austria, per esempio, questo elemento è alla base di
una significativa riduzione nella soddisfazione lavorativa dei giornalisti inglesi, anche in
riferimento ai risultati della prima rilevazione MDM; in Finlandia, invece, aumenta il
divario tra media di qualità da un lato e un giornalismo di massa sempre più
routinizzato dall’altro);
le avverse condizioni lavorative (un fattore che comprende stipendi molto bassi,
questione centrale nel contesto portoghese, e una significativa difficoltà a realizzare
prodotti giornalistici originali, denunciata dai ricercatori del Regno Unito);
la carenza di personale (vista come un serio deterrente alla possibilità di raggiungere un
“giornalismo d’alta qualità”, per esempio nel contesto islandese);
la scarsità delle risorse (una questione rilevante ad esempio per i ricercatori greci, che
denunciano il crollo finanziario del mercato dei media e la scomparsa dei diritti dei
giornalisti, e belgi: tre quarti dei giornalisti fiamminghi, infatti, dichiarano che non c’è
tempo e budget per condurre ricerche approfondite).
Le questioni sopra riportate compongono l’immagine di una professione precaria e
routinizzata, con grandi difficoltà a raggiungere l’obiettivo di un giornalismo di qualità e alla
realizzazione di prodotti originali. Esistono però notevoli eccezioni, come i Paesi Bassi dove,
nonostante le vulnerabilità a livello locale, la professione giornalistica risulta essere al suo
stato di maggiore evoluzione.
Per contro, in molti Paesi, l’incertezza che domina il settore dei media, insieme alla
diminuzione della sicurezza del lavoro, si riflette chiaramente in fenomeni quali:
l’aumento del numero di giornalisti assunti a tempo determinato (generando un
fenomeno particolarmente grave in Paesi come l’Islanda, dove è a rischio la tutela dei
giornalisti in caso di licenziamento o di rescissione del contratto a seguito di cambio di
proprietà o di cambiamento di orientamento politico del mezzo, e in Italia, dove le
forme contrattuali largamente diffuse determinano l’ascesa di una generazione di “rider
dell’informazione”, in posizioni precarie e con ruoli non riconosciuti);
l’apparente inclinazione del sistema dei media verso l’impiego di liberi professionisti (il
“lato buono” dei contratti a tempo determinato, ampiamente utilizzato in Paesi come
l’Australia, la Germania, i Paesi Bassi come forma contrattuale, con lo scopo di offrire
opportunità ai giovani e di contribuire alla sicurezza del lavoro, questione per la quale si
combattono battaglie anche feroci a livello professionale e sindacale);
la politica di sostituzione dei giornalisti esperti con professionisti più giovani, che
costano meno alle organizzazioni dei media e allo stesso tempo hanno maggiore
familiarità con le nuove tecnologie (una scelta ampiamente diffusa ad esempio a Hong
Kong, o in Grecia).
Un’eccezione degna di nota è l’Austria, dove, nonostante l’esistenza di scarse risorse e l’alta
pressione della redazione, i giornalisti godono di un’elevata sicurezza del lavoro.
Contatti MDM 2020
Christian Ruggiero, Sapienza Università di Roma christian.ruggiero@uniroma1.it
Achilleas Karadimitriou, Università Nazionale e Capodistriana di Atene akaradim@media.uoa.gr
Report completo (18 Paesi) disponibile qui: http://www.euromediagroup.org/mdm/policybrief03.pdf
Media for Democracy Monitor 2020 (MDM) è un progetto di ricerca longitudinale sulle prestazioni dei media in relazione alla democrazia. Nel 2011, scienziati della comunicazione e della politica di 10 paesi hanno prodotto un primo rapporto contenente lo stato dell’arte, basato su indicatori pertinenti individuati da esperti nazionali. I risultati sono
stati pubblicati da Nordicom in un volume disponibile in open access e sul sito web dell’Euromedia Research Group è disponibile il database per singoli indicatori.
Nel 2020, ricercatori di diciotto paesi hanno applicato gli indicatori MDM al proprio contesto mediatico nazionale, fornendo approfondimenti sullo sviluppo della performance dei media in relazione alla democrazia nel decennio di digitalizzazione dei media (dal 2010 al 2019). I paesi partecipanti sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Hong Kong, Islanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Svizzera, Corea del Sud e Regno Unito. I risultati completi dello studio verranno pubblicati all’inizio del 2021. Il progetto di ricerca è finanziato dal Dutch Journalism Fund.
Il Progetto MDM è parte delle attività dell’Euromedia Research Group, con il coordinamento di Josef Trappel, Università di Salisburgo (josef.trappel@sbg.ac.at) e di Werner A. Meier, Università di Zurigo (wernera.meier@uzh.ch).