Il medico chirurgo davanti al monitor osserva le immagini ad altissima risoluzione, muove i comandi e quindi i bracci del robot ed effettua piccole incisioni. È così che funziona il da Vinci, il sistema robotico di ultimissima generazione per la chirurgia mininvasiva, installato nei giorni scorsi all’ospedale Monaldi di Napoli. La nuova piattaforma da Vinci sarà impiegata dalle Uoc di Chirurgia generale, Chirurgia toracica, Urologia e Otorinolaringoiatria ed è dotata di un’articolabilità dei bracci robotici più ampia che consente all’operatore maggiore libertà di movimento nel corso degli interventi.
“Si tratta di un’apparecchiatura dalle innumerevoli potenzialità che ci darà l’opportunità di effettuare interventi che prima era impossibile effettuare in via mininvasiva, come, ad esempio le ricostruzioni della parete addominale in caso di ernie ventrali particolarmente complesse e di fornire ulteriori vantaggi nella chirurgia del colon-retto”, ha spiegato Diego Cuccurullo, direttore della Uoc di Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. La nuova piattaforma da Vinci sarà impiegata dalle Uoc di Chirurgia generale, Chirurgia toracica, Urologia e Otorinolaringoiatria ed è dotata di un’articolabilità dei bracci robotici più ampia che consente all’operatore maggiore libertà di movimento nel corso degli interventi.
La possibilità di praticare interventi che fino a poco tempo fa erano considerati “impossibili” sta creando una vera e propria rivoluzione per la classe medica. “Consentire al chirurgo di poter operare con strumentazione di precisione – ha spiegato l’onorevole Paolo Siani, medico pediatra – e con una visione tridimensionale dell’organo su cui intervenire è senza alcun dubbio una rivoluzione; rivoluzione non iniziata oggi ma nel 1995 con il primo robot chirurgico che riceve l’approvazione dell’Fda per l’utilizzo nella chirurgia di precisione. Si stima che nel 2023 il mercato dei chirurghi robot potrebbe raggiungere un giro d’affari di circa 12 miliardi di dollari ma anche di più.
In America nel 2017 è stata utilizzata in oltre 600mila interventi, contro i17mila eseguiti in Italia.
Probabilmente l’utilizzo in America è stato esagerato al punto che si sta correndo ai ripari con studi specifici che dimostrino la superiorità di questa tecnica rispetto alla tradizionale anche in follow up lunghi. Anche a Napoli e non solo al Monaldi è possibile utilizzare il robot di nuova generazione in sala operatoria e questo pone un problema alla politica che deve necessariamente investire di più in sanità. Il finanziamento pubblico per la Sanità in Italia è ai livelli dei Paesi dell’Europa orientale, ed è evidente che, se da un lato c’è un definanziamemto pubblico, dall’altro ci sono le esigenze dei professionisti e dei pazienti naturalmente che aspirano a utilizzare le nuove e costose tecnologie diagnostiche e terapeutiche oggi disponibili.
Pertanto è un’ottima notizia l’installazione al Monaldi della piattaforma di ultima generazione per la chirurgia mininvasiva che è dotata di una articolabilità dei bracci robotici più ampia per consentire all’operatore maggiore libertà di movimento nel corso degli interventi. Un passo avanti per migliorare le prestazioni anche nella nostra regione e così limitare la migrazione verso il nord.
Ma potrà il chirurgo robot sostituirsi al medico? Uno dei punti fondamentali della chirurgia e della medicina del presente e del futuro è proprio quello di capire quando usare una tecnologia di questo tipo, su quali pazienti, qual è il rapporto costo-benefici, per evitare che senza un adeguato finanziamento pubblico le cure rischino di non essere sostenibili per il nostro sistema sanitario.
Infine non si può negare che la tecnologia robotica e l’Intelligenza Artificiale hanno portato ad un miglioramento delle prestazioni mediche. È certo che automatizzare alcune decisioni, alcune analisi, riuscire a vedere grazie al 3d alcuni piccoli particolari che l’occhio umano non riesce a vedere rappresenta un enorme vantaggio per il medico e naturalmente per il paziente. Ma ad oggi, (domani chi sa), la nuova tecnologia che può portare ad automatizzare alcuni processi non deve essere inteso come una minaccia per il medico, anche perché il decisore ultimo rimarrà sempre il medico e saranno sempre decisive le sue qualità e capacità tecniche, ma anche umane, etiche e morali che resteranno insostituibili e che nessun robot potrà mai riprodurre”.