Il sionista gentile, Carlo Giacobbe, Eurilink University Press, pag. 261, euro 25.
Carlo Giacobbe ha la capacità di raccontare attraverso ciò che non è un semplice testo, ma un insieme di parole, sia scritte che in musica, che si intrecciano fino a formare un quadro culturale che diventa veramente completo con l’inserimento dell’elemento melodico di canti e poesie della terra d’Israele, che permettono di avvicinarsi davvero a storia e tradizioni di quello che è stato forse il popolo più tormentato, frammentato, complesso e ricco di sfaccettature.
Allo stesso modo, il termine sionismo viene definito dall’autore una “parola-caleidoscopio che, al pari di quasi tutto ciò che riguarda o tocca l’ebraismo, rimanda a una sua specifica gestalt, la complessità”. È proprio il sionismo il filo conduttore che Giacobbe ci fa percorrere nel suo lavoro, diviso in due sezioni.
Nella prima parte l’autore ripercorre tutte le più grandi personalità che avrebbero definito lo Stato futuro nato come un movimento prima religioso e poi politico – non senza un lungo e tormentato percorso. Carlo Giacobbe parte da Herzl, che al tempo dell’ affaire Dreyfus decise di consacrare la sua vita all’ideale sionista, con il desiderio che tutti gli ebrei che lo volevano potessero trovare una patria in cui sentirsi al sicuro. Prosegue con Weizmann, esponente del “sionismo britannico” che dopo la morte di Herzl prese il suo posto presso il Consiglio generale sionista.
Le figure di Ben-Gurion e Golda Meir, più volte intrecciate nelle vicende della storia politica d’Israele, vengono particolarmente approfondite. Il primo contribuì alla nascita del sionismo laburista, orientamento che divenne prevalente nella Palestina ebraica del tempo, e viene considerato da molti israeliani “padre della Patria”: fondò Israele e ne fu il primo premier. Con lui collaborò Golda Meir, personalità forte e controversa della politica israeliana che viene paragonata a Margaret Thatcher e denominata “la Dama di ferro del Medio Oriente”. Fu la prima donna a diventare Primo ministro del suo Paese e fu firmataria della Dichiarazione d’Indipendenza d’Israele il 14 maggio 1948, tra le varie cariche che ricoprì durante i periodi più difficili per Israele.
Carlo Giacobbe è stato per tre anni e mezzo corrispondente estero per l’Ansa in Israele. Anche Yizhak Rabin viene ricordato con particolare trasporto emotivo. In questa parte del libro emerge l’elemento umano dell’autore, che spiega come sarebbe stata diversa la sua reazione se si fosse trovato in servizio nel momento in cui venne a conoscenza dell’attentato che sottrasse Rabin alla politica israeliana.
“Questo libro nasce dalla mia indignazione per le troppe lacune […] che non dovrebbero riscontrarsi in persone le quali credono di avere i titoli per parlare, ma in realtà sono ispirate da qualche impressione, da letture frammentarie”. L’autore sostiene che l’antisionismo sia la nuova forma di antisemitismo, esprimendo senza giri di parole una posizione che ha maturato non solo sulla base di studi e parole scritte su un libro, ma vivendo in quella terra d’Israele tanto a lungo desiderata dagli ebrei.
La seconda parte del libro, invece, comprende una raccolta di canzoni in diverse lingue selezionate e reinterpretate dall’autore con l’intento di spiegare il sionismo e Israele attraverso l’aiuto della musica e del CD abbinato al libro. Sono particolarmente toccanti due il cui testo è stato scritto da Hirsh Glik: “Zog nit keynmol – Non dire mai” e “Shtil, di nacht – Calma è la notte”.
Glik, il “poeta-soldato”, scrisse la prima da giovanissimo, nel 1943 nel ghetto di Vilnius, capitale lituana. Abbinata alla melodia dei fratelli Dmitri e Daniel Pokrass, questa marcia viene chiamata anche “Il canto dei partigiani e “diviene una sorta di inno della resistenza ebraica al nazismo e una delle canzoni più note di tutta la resistenza partigiana. Dopo la fondazione di Israele è rimasta come uno dei simboli dello spirito indomito degli ebrei, di cui il poeta è considerato una figura emblematica”, scrive Giacobbe.
“Calma è la notte” – il testo sempre di Glik – colpisce particolarmente perché parla di una ragazza che, armata di una piccola pistola, cerca di fermare un’autocolonna nazista e riesce poi a far perdere le sue tracce “entusiasmata da quella vittoria, piccola ma preziosa / per le generazioni nuove e libere”.
Giulia Doneddu