Tutti sono in movimento oggi. Anche quelli che cercano di restare fermi sono scossi nella radice del loro essere e subiscono l’effetto determinato dalle reti. Noi siamo tutti “dislocati”, nuovi nomadi, come si dice oggi. Certo a Capri troviamo ancora capresi, ma è pur vero che sono sempre più rari. Checché ne dica Silvio Berlusconi (ho sentito la sua dichiarazione: “L’Italia non è multietnica”), le maggioranze nazionali sono oggettivamente in diminuzione. In Canada la maggior parte di noi è o di emigrati o di rifugiati. Questo comporta un significativo incremento di traffico sia di persone che di informazioni fra le diverse nazioni del mondo. Sempre più multi – etnicità e multi – culturismo, rappresentato da persone che vogliono essere in contatto con tutti i diversi aspetti delle loro eredità culturali.

 

Ma parliamo di turista digitale, un turista che non improvvisa, per lui o lei il pianeta è formato mappa digitale (Google Maps). Consulta uno o più blog, valuta le opinioni degli amici su Facebook e prenota tutto on line. I networks stanno diventando le estensioni tecniche del corpo che ha bisogno di gestire e pianificare i movimenti. Così come i movimenti muscolari richiedono un rapida fase di modellazione e di guida “pre-gestuale”, il viaggiatore di oggi necessita di accedere all’informazione istantanea e pertinente sul come, dove e quando del suo viaggio. Io ad esempio sono stato invitato ad ottobre a ShenYang, nel nord-est della Cina, ma attraverso Googlemap e Panoramio.com ci sono praticamente già stato. Ho visto le foto scattate da coloro che ci sono già stati, ho visto tutto ciò che c’è da vedere.

 

La mia riflessione: social networks, blog, forum, chat e podcast, in particolare, giocano un ruolo centrale nell’indirizzare la scelta dei potenziali turisti. Questi strumenti creano continuamente nuove comunità (o gruppi) di interesse. Io ad esempio mi sono imbattuto su un corso per clown, ho pensato bene, perché no? È anche questa una professione come un’altra, dopotutto. Ma questo tipo di informazione rappresenta, facendo una analogia con il mondo del tempo libero, anche una nuova forma di turismo: interesse circoscritto, mercato di nicchia a cui prima dell’era del network non era assolutamente possibile accedere, meno che mai immaginarlo.

 

Stefano Consiglio, uno dei miei colleghi della Facoltà di Sociologia dell’Università “Federico II” di Napoli, sta creando un interessante social network basato su un vecchio format dedicato al turismo nei tempi passati. Gli “Angeli per viaggiatori” che attualmente coinvolgono qualche centinaio di persone a Napoli, sono volontari che accolgono i turisti e mostrano loro la città. L’idea non è nuova, già a partire dal diciannovesimo secolo esistevano organizzazioni che mettevano in contatto turisti, viaggiatori di ogni tipo e popolazioni locali.

Ma la velocità di accesso alla comunità dei volontari, come pure dei potenziali turisti, e gli strumenti per gestire i contatti, sono del tutto nuove. Tutto, ieri come oggi si basa sul passaparola, la tecnologia è diversa ma la finalità è uguale: creare o distruggere una reputazione.

 

Certo che il potere del “passaparola elettronico” è grande. Le persone che frequentano i social networks, sono sempre più influenzabili da un fattore unico: la raccomandazione che avviene tra gente dello stesso network. Le tradizionali forme di pubblicità segnano il passo.

Ecco che ognuno di noi diventa di fatto il nodo di una rete di relazioni che unisce persone e luoghi molto lontani nella realtà.

 

Oggi si sta diffondendo anche un nuovo fenomeno legato sempre al mondo del turismo: le persone tendono a saltare da un posto all’altro senza fermarsi a valutare ed assaporare la bellezza dei luoghi e non sembrano essere interessate al percorso compiuto da una meta turistica all’altra.

In treno, attraversando i paesaggi più belli d’Italia, spesso mi sono accorto di essere l’unico a guardare fuori dal finestrino. I miei compagni di viaggio solitamente sono al telefono o rinchiusi in un mondo fatto di MP3, computer… In passato il turismo era diretto, adesso è ipertestuale, ecco una sostanziale differenza. Nel nostro secolo si va on line per scoprire un determinato posto prima ancor di iniziare il viaggio, non ci si preoccupa più di portare la guida Michelin (né macchina, né bicicletta).

 

C’è però un piccolo rischio quando il virtuale subentra al reale, attualmente c’è la passione per i Giochi di Ruolo On Line (GDR) raccoglie sempre più proseliti, e questi prendono in considerazione gli ambienti virtuali, come Second Life, come potenziali destinazioni turistiche.

Attualmente sto lavorando ad un progetto molto eccitante con i miei studenti di un corso chiamato “Metodi e analisi delle fonti in rete” in cui stiamo selezionando e analizzando i nostri siti preferiti da presentare all’Università Obierta de Catalunya di Barcellona e forse anche alla Città della Scienza di Napoli.

C’è molto da vedere e molto di cui meravigliarsi nell’on line, ma anche per questo mondo valgono gli stessi criteri usati nell’industria del turismo tradizionale.

 

Adesso, aiutato dai networks, il turismo può proporre realmente nuove esperienze per le persone. E non mi riferisco al film Total Recall (Atto di forza), sebbene un tipo di turismo indotto chimicamente, come nel film, potrà sempre realizzarsi, ma all’offerta di testimonianze concrete capaci di coinvolgere le persone a tutto tondo. La parola chiave quindi è “esperienza”, testimonianza del vissuto.

Mano a mano che diventiamo più virtuali tanto più ambiamo alle cose reali (lasciami toccare l’“aura”). Il turismo offre varie segmenti di opportunità desidero analizzare anche l’aspetto dedicato a quelle persone che hanno bisogno di immergersi in se stesse viaggiando ritualmente nello stesso, e nello stesso periodo. Il turismo di Slow Food e Slow Paced sono mode collegate che rispondono alle esigenze delle persone super impegnate che sentono la necessità di riappropriarsi di se stesse e del proprio contesto. È mia opinione che il virtuale, nel turismo, così come in molti altri settori, non si sostituisce alla realtà ma ne accresce l’interesse.

Per trarre pieno vantaggio dai networks, esistono tecniche e strategie molto utili come le informazioni (Location-Based) accessibili attraverso i cellulari: etichette elettroniche che aprono sugli schermi dei telefonini mondi di informazioni inimmaginabili. In formazioni in tempo reale, a misura di richiesta che sicuramente hanno un potenziale di crescita elevato e potranno addirittura di cambiare il mondo del turismo del terzo millennio.

Un esempio pratico è la nuova applicazione “Shazam” attiva sugli iPhone che permette al telefono di riconoscere una canzone e dirti il titolo e tutta una serie di informazioni legate ad esso. Il tutto in meno di 10 secondi. Applicazioni analoghe possono essere utilizzata nel campo del turismo. Un esempio: immaginiamo di passare un telefono cellulare su un codice ed essere istantaneamente collegati ad Internet non solo per ottenere informazioni su un prodotto, un posto, un servizio, un itinerario ma anche e soprattutto per leggere commenti ed aggiungerne! Questo mondo è quello che Neil Gershenfeld chiama “L’Internet delle cose”.

Scrutiamo il futuro dell’industria del turismo:

Pattie Maes, ingegnere al MIT, e i suoi studenti hanno recentemente testato un prototipo del “Sesto Senso”, un dispositivo che si può portare al collo, come un gioiello, che registra tutto ciò a cui è esposto, lo riconosce e ottiene informazioni direttamente dalla Rete. Lo stesso sistema può sostituirsi a strumenti quali il video, la fotocamera, l’orologio e perfino il telefono. Questo oggetto è stato recentemente presentato alla conferenza TED ed è disponibile on line. Invito tutti a vedere questo sorprendente documentario sul futuro delle tecnologie e di dare suggerimenti su applicazioni legate al turismo.

Credo che ci stiamo avvicinando inesorabilmente al tempo in cui le persone porteranno con sé questo o altri oggetti simili, capaci di registrare e archiviare in modo permanente le esperienze di ciascuno. Queste registrazioni sono chiamate “Lifelongs”, video girati dal punto di vista delle persone che indossano questi dispositivi e registrazioni audio tratte dai microfoni posizionati nell’area del cranio che riproducono il suono della voce come se ad ascoltarla fosse la persona che emette il suono e non altre persone (conduzione aerea).

Il mio collega Steve Mann è diventato mondialmente famoso perché è stato la prima persona ad aver fatto fluire la sua esperienza di vita quotidiana direttamente dalla fotocamera incorporata ai suoi occhiali. Riallacciandomi a questa esperienza ho proposto a Jaron Lanier, inventore del famoso guanto virtuale e ideatore del concetto di “Realtà Virtuale” di creare un abito in fibra ottica, in grado di registrare le differenti sensazioni proveniente da un’esperienza di Realtà Virtuale. Il concetto che volevo sviluppare era legato al trasferimento di emozioni attraverso un abito.

Lui mi disse che tale idea era stata testata e che fu presto abbandonata poiché aveva reso alcune persone seccate dal fatto che le loro azioni naturali erano state contraddette da quelle archiviate.

Essa rimane comunque una possibilità che vale la pena di perseguire per il futuro del turismo.

 

Derrick de Kerckhove

 

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