Barack Obama non avrà fatto la seconda rivoluzione americana ma indubbiamente ha rivoluzionato il modo di comunicare l’attività politica.
Ha trasformato il monolite televisivo per metterlo al servizio del brand personale e includervi il se come media, certamente esasperando il leaderismo ma anche creando un ecosistema comunicativo che tende sempre più ad essere transmediale e motivatore del singolo attivista e simpatizzante.
Facendo lievitare, e sfruttando, quel quid particolare dello ‘yankee’ che è il proprio individuale senso di appartenenza e l’assunzione di responsabilità, la politica comunicativa di Obama non solo ha vinto entrambe le sfide presidenziali, ma soprattutto ha reinventato la militanza Democratica e rinegoziato il contratto con la sua base elettorale.
Le nicchie di questo sistema, che si sostiene per regole di inclusione, sono le tantissime minoranze etniche di cui è ricca la società statunitense, fino a frammentarla ulteriormente con la targettizzazione a livello atomico, comunità locali, gruppi di persone fino al singolo elettore.
Questo obiettivo è stato reso possibile grazie a due strumenti, il web e la militanza attiva.
Dall’engagement via social media alla pratica pre-televisiva del porta a porta, dalla raccolta fondi lobbistica a quella anti-lobbista del crowdfunding.
Una commistione tra vecchi modelli che rimergono e nuove sperimentazioni legate alla gestione dei big data.
Stefano Lucchini e Raffaello Matarazzo lo descrivono in ‘La lezione di Obama. Come vincere le elezioni nell’era della politica 2.0‘ dall’osservatorio privilegiato della ricerca di politica intenazionale di ENI e del Centro Studi dell’Istituto Affari Internazionale.
Mi è parso interessante approfondire con Matarazzo alcune questioni e declinarle anche nelle modalità della comunicazione politica europea ed italiana, ancora molto distanti dalla ‘lezione di Obama’.
La politica europea deve imparare a comunicare da Obama oppure è in grado di mantenere un proprio linguaggio anche dentro un contesto di trasformazione globale?
Sicuramente la lezione principale di Obama è, non tanto l’uso scalabile del toolkit socialmediatico, quanto mantenere relazioni con gli elettori e non concentrarle soltanto nei trenta giorni precedenti la verifica del voto.
Gli elettori, infatti, si stanno evolvendo a velocità superiore rispetto a chi comunica con loro e li vede come semplici consumatori di slogan e propaganda.
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