Riunire gli Stati Generali dell’informazione per fare il punto della situazione e proporre idee innovative per la sua salvaguardia. È l’idea che emerge dal saggio – anche se l’autore preferisce chiamarlo “articolo lungo” – di Vincenzo Vita apparso sul mensile Critica Marxista, diretto da Aldo Tortorella. Presentato lo scorso 18 maggio, presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, la nuova edizione del mensile culturale del fu Partito Comunista è stata l’occasione per riunire i player dell’informazione, giornalisti ed editori, per accogliere l’idea proposta da Vita. Idea alla quale l’ex sottosegretario è giunto analizzando i dati, in costante discesa, dell’approccio all’informazione generalista in via tradizionale, carta stampata – soprattutto – e televisione.
«C’è modo di studiare, come fa Vita una integrazione, una rimediazione, fra i vari media»? Si chiede Tortorella inaugurando la sessione di interventi. Secondo Vita sono diverse le questioni principali su cui dovrebbero ragionare questi possibili Stati Generali, non un esercizio dialettico come i vari tentativi già effettuati in passato ma: «Non una mera assemblea di gruppi, ma forum che approfondiscano con cura. Si arrivi a una tappa conclusiva di due tre giorni in cui vi saranno delle proposte: dalle questioni più materialistiche, come il credito d’imposta, rapporto del prezzo, l’economia politica del sistema, fino ad arrivare alle proposte normative» e alla questione culturale, ovvero di ricostruire una tensione intellettuale critica. Ad accogliere l’idea per prima è Maria Pia Rossignaud, direttrice di Media Duemila e Vicepresidente dell’Osservatorio TuttiMedia: «Sono d’accordo a dire: “sì facciamo gli Stati Generali dove tutti devono avere un indirizzo e uno scopo preciso”», prima di approfondire una tematica rilevante per capire la distorsione dell’informazione: «Per quanto riguarda i dati e cifre li abbiamo sotto gli occhi – prosegue Rossignaud – bisognerebbe analizzare la torta di pubblicità nel 2016. Dopo 10 anni, con lo stesso investimento di 8 miliardi rispetto al 2006, il 14% della stessa torta va ai quotidiani e il 28% ai nuovi media». Dello stesso avviso è Fabrizio Carotti, direttore generale della Federazione Italiana Editori Giornali, che punta il dito, anch’egli sulla disparità normativa di cui si beano le testate – o testatine – digitali che puntano una fetta di pubblicità più che doppia rispetto a quella dell’informazione su carta: 2,4 miliardi di euro contro l’1,1 di quotidiani e periodici. «La relazione con una nuova domanda dev’essere valutata, ma in 10 anni il nostro fatturato si è ridotto del 50%. Dobbiamo ragionare per un settore industriale, rilevante e fondamentale, in cui ci sono competitor che utilizzano modalità diverse per attingere alle stesse risore e fare in parte lo stesso mestiere». Continua Carotti, citando il lavoro di Fieg insieme a Upa e altre realtà che lavorano con l’editoria, per un libro bianco sulla traparenza che punta a verificare lo stato dell’arte dell’informazione e se questa viene “lavorata” con rispetto della qualità: «Un punto importante che adrebbe affrontato, in questo ripensamento dell’evoluzione della carta stampata, è sull’individuare strumenti per permettere alle imprese di competere alle stesse condizioni: parlo di prelievo fiscale, rapporto col cliente, misurazione ed effetti reali pubblicità online» citando Facebook che ha da poco ammesso alcuni errori proprio relativi alla misurazione degli effetti reali della pubblicità onlina, per cui un euro speso in pubblicità su carta stampata può tornarne 2, mentre su internet non si può sapere, dato che a detenere i dati sono i principali player del settore. «Questo è un elemento di opacità – afferma Carotti – non abbiamo contezza di algoritmi da dove derivano indicazioni. Siamo condizionati a scelte fatte per motivi di business, con modalità attraverso le quali vengono influenzate le vite dei cittadini di tutti i Paesi, che richiederebbero un grado di trasparenza diverso. Cosa che nei limiti di ogni quotidiano o peridoico è garantita da una serie di regole, codici giornalisti e che garantiscono con nome e firma la veridicità o la non falsità di alcune notizie». Si parla anche di fake news, sulle quali assurge Paolo Butturini, vice segretario della Federazione Nazionale della Stampa: «Si deve ricominciare da un tessuto culturale critico che possa elevare le capacità di lettura del mondo delle persone. Il compito qui non è facile, di lunga durata e non immediato. Poco smart e poco just in time». La chiusura, di nuovo affidata ad Aldo Tortorella pone una domanda che fa pensare a futuri distopici: «L’informazione ha da sempre costruito le élite. Con un’informazione di qualità si hanno delle élite di qualità. Senza di essa, che tipo di élite stiamo formando?»

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Alessandro Di Liegro
Giornalista professionista. Content manager. Musicista. Direttore responsabile del sito eTutorweb (www.etutorweb.it). Collabora con la pagina Cultura e Spettacoli del quotidiano ‘Il Messaggero’. Ha collaborato con ‘Corriere della Sera online’, con il quotidiano ‘La Città’ di Salerno e con alcuni siti d’informazione. Vincitore del Premio Nostalgia di Futuro 2015 - sezione articolo giornalistico. E’ laureato in Comunicazione politica alla Facoltà di Scienze della Comunicazione di Salerno.