Inutile nascondersi, a pochi di noi piacciono gli insetti: dalle forme bizzarre, pieni di zampe e strane appendici, spesso fastidiosi e imprendibili, capaci di infilarsi in ogni fessura e causare danni anche rilevanti. Eppure, il loro ruolo all’interno dell’ecosistema della Terra è importantissimo, anzi fondamentale, perché sono proprio questi piccoli esserini a garantire in primo luogo l’impollinazione di piante e fiori, in secondo luogo sono fonte di cibo sia per gli animali che per l’uomo, e infine riciclano le sostanze, contribuendo a fertilizzare il terreno. Un recente resoconto pubblicato sull’autorevole rivista Biological Conservation, basato su 73 studi scientifici compiuti sulle popolazioni di insetti negli Stati Uniti, Sud America, Cina, Australia ed Europa degli ultimi 30 anni, ha però dipinto un quadro allarmante circa la loro possibilità di sopravvivenza nei prossimi anni: si è rilevato, infatti, un calo annuo di circa il 2,5% del numero totale degli insetti presenti, mentre un terzo delle specie sarebbe già a rischio estinzione. Secondo i calcoli, con un simile trend, gli insetti rischierebbero di svanire completamente dalla faccia della Terra nel giro di un secolo. Un’ipotesi a dir poco catastrofica, come suggerisce al quotidiano Guardian il ricercatore Francisco Sánchez-Bayo dell’Università di Sydney, che ha collaborato allo studio insieme a Kris Wyckhuys dell’Accademia cinese delle scienze agrarie di Pechino: “La percentuale di perdita annuale del 2,5% negli ultimi 25-30 anni è scioccante. È un fenomeno estremamente rapido: in 10 anni ci sarà un quarto [di insetti] in meno, in 50 anni ne rimarrà solo la metà, in 100 anni non resterà nulla”.
È sufficiente portare come esempio la drastica diminuzione nella popolazione delle colonie di api negli Stati Uniti, passata dai 6 milioni di esemplari nel 1947 ai 2.5 milioni attuali.
Tra le cause del declino, oltre all’ormai certificato cambiamento climatico (con temperature in continuo aumento che alterano i ritmi di crescita e sviluppo) e a un fenomeno di urbanizzazione sempre più esteso (che sottrae habitat vitale agli insetti), Sánchez-Bayo individua nell’agricoltura intensiva quella più rivelante. Afferma infatti: “La causa primaria del declino è l’agricoltura intensiva. Questa comporta l’eliminazione di tutti gli alberi e arbusti che normalmente circondano i campi, cosicché rimangono terreni nudi e aridi, che vengono trattati con fertilizzanti chimici e pesticidi”.
E se vengono meno gli insetti, viene meno il cibo per rettili, uccelli, anfibi e pesci, di cui sono il principale sostentamento e così via per le altre specie: si innesca un meccanismo di distruzione che va a intaccare l’intera catena alimentare, minacciando tutto l’ecosistema del pianeta. Una soluzione è necessaria, e lo è in termini stringenti. Secondo gli autori della ricerca la via da intraprendere è quella che porta a un “ripensamento delle attuali tecniche di coltivazione, in particolare a una netta riduzione dell’uso di pesticidi, sostituendoli con metodi sostenibili ed ecologici”. Bisogna “rallentare o invertire le tendenze in atto, consentire il recupero delle popolazioni di insetti in declino e salvaguardare i servizi vitali che forniscono agli ecosistemi”.
I ricercatori affermano che siamo di fronte all’inizio della sesta estinzione di massa del pianeta: forse ci penseremo su la prossima volta, prima di calpestare un formicaio che ci rovina il giardino.