Ci sono le parole. E ci sono i fatti. Noi, intesi come italiani, a parole siamo bravi, magari bravissimi: è uno stereotipo, ma c’è del vero. Con i fatti, dipende. Durante il semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Ue, s’è parlato tanto di agenda digitale: c’è stata una conferenza a Venezia, presente il premier Renzi; ci sono stati impegni e proclami, a recuperare il tempo perduto, a farci diventare un ‘popolo di navigatori’ –della Rete-.
Poi, ecco uscire l’Indice europeo dell’economia e della società digitale (Desi), presentato in settimana dalla Commissione europea, in occasione del forum Digital4EU. E si scopre che tra i 28 Stati Ue l’Italia è al 25o posto per livello di digitalizzazione, fa meglio solo di Grecia, Bulgaria e Romania.
Il dato non è nuovo e non è sorprendente: classifiche del genere, settoriali o di diverse organizzazioni internazionali, sono frequenti e ne diamo spesso conto. Ma chi si fosse mai illuso che tutte le parole del semestre di presidenza avessero un qualche corrispettivo a livello di risultati concreti deve ricredersi: l’Italia “è sotto la media Ue” per l’economia digitale, è il peggiore paese Ue per copertura di Internet veloce e resta sul fondo della classifica generale.
Certo, ritardi del genere non si recuperano d’un botto, da un anno all’altro. E la struttura geografica dell’Italia, con tutte le nostre montagne, la penalizza per alcuni indici. Ma i dati sono impietosi: solo il 59% degli italiani usa Internet regolarmente, contro una media Ue del 75%, e il 31% degli italiani (quasi uno su tre) non va mai online –va bene che siamo un popolo d’anziani, ma i sessantenni d’oggi erano quarantenni quando arrivò la Rete-. Le piccole e medie aziende italiane attive nell’e-commerce sono appena il 5,1% del totale, a fronte di una media Ue del 15% -tre volte tanto-.
La riluttanza all’uso di Internet può essere in parte spiegata con la carenza delle infrastrutture: in Italia, l’ultima della classe per banda larga, la Commissione calcola che l’Internet veloce è disponibile solo per poco più di una famiglia su cinque, a fronte di una copertura disponibile per il 62% delle famiglie nell’Ue.
L’Indice fornisce una fotografia del livello di digitalizzazione nell’Ue, sulla base di dati del 2014, combinando 30 indicatori e utilizzando un sistema di ponderazione per valutare le prestazioni digitali di ciascun paese. Gli indicatori utilizzati sono stati suddivisi in cinque dimensioni: connettività (costi, velocità, banda larga), competenze digitali, attività online, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici digitali.
Dall’indagine, emerge un grande divario tra gli Stati dell’Unione, con i paesi del Nord Europa in testa per livello di digitalizzazione – Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia e Belgio ai primi 5 posti -, mentre i paesi del Sud Europa sono agli ultimi posti: il crinale Nord – Sud si ripete, non è solo quello dei conti pubblici.
Sebbene l’Italia sia sul fondo della classifica, rispetto al 2013 il livello di digitalizzazione del Paese è migliorato in alcuni settori. In questa analisi, ci facciamo guidare da Viola De Sando di EurActiv.it. Per quanto riguarda la dimensione ‘connettività’, l’Italia (99%) supera la media europea (97%) per la copertura garantita alle famiglie con banda larga fissa, mentre l’accesso alle reti di nuova generazione (Nga) resta tra i più bassi in Europa, con solo il 21% delle famiglie raggiunte -media europea 62%-.
Sul fronte delle competenze digitali, il numero degli italiani che usano Internet è aumentato del 3%, al 59% (a fronte di una media europea del 75%), mentre la quota dei cittadini con competenze digitali di base è salita dal 43% al 47% (livello Ue 59%).
Per le attività online, invece, il numero di italiani che consultano notizie sul Web è diminuito, scendendo dal 68% al 60% (media ue 67%), mentre sono sempre di più (52%) gli italiani che utilizzano Internet per visualizzare video, giocare e ascoltare musica online, oltre la media europea (49%).
Nel 2014 sono aumentate anche le imprese italiane che ricorrono a soluzioni di e-business. Le aziende che mettono informazioni online sono salite dal 27% al 37%, superando la media europea del 31%, così come il numero di imprese che ricorrono a servizi di cloud computing, il 20% (media europea 11%). Resta ancora bassa la percentuale di Pmi attive nel commercio elettronic: 5,1%, media europea 15%.
Sul fronte dell’e-government, infine, in Italia è cresciuto il numero di utenti che ricorre a questi servizi (18%), non tanto però da raggiungere la media europea (33%).

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.