Quando si affronta il tema della Rete e delle sue molteplici implicazioni ritengo importante, soprattutto, cercare di sgombrare il campo da equivoci per contribuire ad una riflessione pacata e seria, immune da pregiudizi e condizionamenti ideologici, ragionando sullo stato dell’arte e sull’adeguatezza dell’attuale quadro normativo.
Internet non deve essere considerata né il rimedio ai problemi della nostra società né un Moloch di cui diffidare; occorre evitare la mitologia del freedom of speech (secondo cui, per esempio, ogni tentativo di disciplinare il diritto d’autore sulla rete diventa un attacco alla libertà di espressione) così come, all’opposto, la tentazione di ricorrere al blocking dei siti come ordinario strumento di vigilanza.
Il filo rosso conduttore è la convinzione secondo cui non vi può essere libertà senza regole, nel mondo online come in quello offline. Come rileva Lawrence Lessig “il cyberspazio, lasciato a se stesso, difficilmente potrà mantenere le promesse di libertà e di maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Potrebbe anzi divenire un perfetto strumento di controllo” .
Questo avendo ben presente che il diritto, come spesso accade, segue, quasi mai precede una rivoluzione, come quella originata dalla disruptive innovation indotta dall’affermarsi del digitale. Di qui alcune domande: quali regole per il governo della Rete, chi è il soggetto deputato a stabilirle e chi ha il potere di farle rispettare, come conciliare l’universalità di Internet con la sovranità declinante degli Stati nazionali.
Si pone, infine, l’interrogativo di fondo che attiene al rapporto tra Internet e democrazia, con la questione più delicata: gli sviluppi della Rete, l’Internet delle cose e le applicazioni dell’intelligenza artificiale sono davvero destinati a rafforzare l’esercizio delle pratiche democratiche e a favorire il passaggio dalle tradizionali forme di democrazia rappresentativa a forme più evolute di una democrazia partecipativa operante dal basso ? Oppure si rischia di verificarsi proprio l’effetto opposto a quello auspicato, vale a dire l’accelerazione della crisi già in atto delle istituzioni rappresentative, suscettibile di aprire la strada a modelli autoritari fondati sul controllo e sulla manipolazione dell’opinione pubblica ?
1. Servono nuove regole?
Internet – come noto – ha natura transnazionale e al contempo territoriale, quindi mette a dura prova l’applicazione delle regole ordinarie domestiche, non perché esse non siano valide, ma perché si trovano a confliggere con quelle di ciascuno Stato. Non a caso, con il termine “governance” si intende il coordinamento tra soggetti privati e pubblici coinvolti nella gestione della Rete, che si pone come un mezzo “anarchico per natura” in quanto transazionale, delocalizzato, perennemente in evoluzione, aperto all’accesso e pluralista. Internet viene dunque disciplinata tenendo conto di queste sue caratteristiche, in modo che non ne siano compromesse la libertà e la neutralità. La dimensione digitale ha messo altresì in discussione il modello che vede nello Stato il principale soggetto abilitato a porre le regole, poiché le attività dispiegate in Rete travalicano i confini nazionali, stimolando l’autoregolamentazione a livello internazionale e la riflessione sul problema dell’aterritorialità, per cui appare necessario individuare norme comuni a sistemi giuridici separati .
Ecco perché la regolazione di Internet si pone come una sorta di banco di prova per il diritto, che si confronta con l’ineludibile necessità di adottare istituti adeguati alle peculiarità di un fenomeno ormai non più nuovo, ma dalla sconvolgente portata eversiva.
Certamente nella nostra società la richiesta di disciplinare le forme di innovazione è sempre molto presente e trasversale a diverse discipline ma, come spesso succede, soprattutto di fronte ad un fenomeno di notevole diffusione e dalle molteplici implicazioni, il diritto e la regolamentazione hanno il problema di come inquadrare tali manifestazioni entro gli schemi ed i parametri di riferimento.
In ogni caso è per lo più riconosciuto come la richiesta di nuove regole non sempre risponda a criteri di efficienza economica o giuridica e nella nostra società è presente un indirizzo “naturale” verso una sovra-regolamentazione in ogni aspetto della vita sociale e privata che talora rischia di diventare patologico.
Per riprendere una celebre frase di Luigi Einaudi, dobbiamo “conoscere per deliberare”. Tuttavia, se si ritiene che la libertà individuale, l’evoluzione culturale e l’efficienza economica siano essenziali per il nostro sviluppo, allora occorre essere molto cauti al riguardo, tenendo presente che la regolazione rappresenta sempre un costo, come indica con chiarezza l’OCSE nei vari Rapporti in tema di Regulatory Reform, sia per chi la elabora sia per i destinatari.
Conviene al riguardo conviene tener presente la lezione della Corte europea dei diritti dell’uomo che, pur in assenza di norme specifiche relative alla Rete, ha svolto e continua svolge un ruolo essenziale, interpretando in modo evolutivo e lungimirante l’art. 10 della Convenzione del 1950, così da conferire tutela alla libertà di espressione online. In particolare la giurisprudenza della Corte è intervenuta nel corso degli anni ad includere – nell’ambito della protezione assicurata dalla Carta citata – ogni forma di espressione, qualunque sia il mezzo di diffusione utilizzato, ivi compreso Internet, e sottoponendo ad un accurato vaglio critico ogni intervento volto a limitare e condizionare tale libertà.
2. Internet e democrazia
Internet presenta, fra le varie caratteristiche, quella di dare voce a un numero sempre più ampio di soggetti , ed in tal senso costituisce uno straordinario motore e veicolo di conoscenza e innovazione, lato sensu . La dottrina ha ampiamento indagato la relazione tra Internet e democrazia nella società globalizzata attuale , rilevando come la sua diffusione abbia generato maggiore trasparenza e circolazione di informazioni in tutti gli ambiti della vita economica, politica e sociale, accelerando il processo di “democratizzazione reale” dell’Information Society attraverso il decentramento dei centri decisionali che sono messi in comunicazione tra loro tramite strumenti diversi e canali non preordinati . D’altronde è evidente come le tecnologie abbiano un impatto evidente sulla società , con un reciproco condizionamento . Tale mutamento ha assunto i caratteri di una vera e propria rivoluzione, che ha inciso profondamente sul tradizionale sistema delle comunicazioni, mutando i tratti essenziali della stessa dinamica politica.
Di fatto Internet si è progressivamente imposta come “il mezzo piú rapido e continuativo di consultazione, informazione e contatto tra cittadini e quindi di maggiore partecipazione alla vita democratica” , così contribuendo ad avviare un processo universale e pervasivo di trasformazione della stessa democrazia rappresentativa verso una democrazia diretta deliberativa.
Dall’analisi dei processi che includono e valorizzano l’opinione dei cittadini, espressa mediante Internet (net-citizen ) emerge infatti in modo crescente la tendenza a conferire rilevanza ai risultati dei processi deliberativi realizzati attraverso la Rete. Senza dubbio l’avvento dei nuovi media ha avuto l’effetto di indebolire fortemente i tradizionali centri di potere e gestione politica della comunicazione, riducendo il ruolo di interdizione degli intermediari e incoraggiando forme alternative di partecipazione.
Anche per la notevole riduzione dei costi dell’informazione, la Rete è uno strumento che consente ai cittadini, mediante rapide e periodiche consultazioni, di esprimere le loro preferenze su una molteplicità di questioni e di trasmetterle in modo semplice e immediato ai politici eletti, a livello nazionale e locale, con l’effetto di promuovere una maggiore partecipazione alla vita democratica e con la conseguenza che, come rileva Angelo M. Petroni, “lo stesso processo di produzione legislativa viene ad essere radicalmente modificato” . La comunicazione politica diventa così interattiva , mediante referendum dai costi ridotti, che da strumento abrogativo di limitato utilizzo, può diventare mezzo a cui fare ricorso frequentemente, suscettibile di modificare non solo le modalità del processo di elaborazione delle leggi, ma il loro stesso contenuto .
3. La democrazia digitale
In tal senso gli strumenti tecnologici hanno mostrato la capacità di operare una vera e propria rivoluzione dell’assetto di democrazia rappresentativa quale la conosciamo, favorendo un’evoluzione verso modelli sempre più imperniati su una democrazia diretta deliberativa . Viene quindi meno, progressivamente, il confine fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta, proprio laddove quest’ultima fondata sugli strumenti rapidi e informali offerti dalla Rete .
Inoltre Internet ha decentralizzato i processi informativi, sdoganando l’aura d’inaccessibilità che ammantava le autorità pubbliche, e la “globalizzazione comunicativa” ha accresciuto la trasparenza delle istituzioni, favorendo, almeno apparentemente, la collaborazione tra i diversi organismi politico-amministrativi .
Pare tuttavia illusorio ritenere che la Rete costituisca lo strumento salvifico che consente la partecipazione diretta tout court del cittadino alle dinamiche sociali e politiche che lo riguardano. Pur potendo risultare di grande utilità per consultare i cittadini su questioni che attengono al loro territorio o temi di portata più generale, la sua efficacia è meno evidente laddove la questione è difficilmente riconducibile a quesiti di immediata percezione e comporta soluzioni tecniche complesse .
In tal caso da strumento di partecipazione rischia paradossalmente di trasformarsi in uno strumento di legittimazione di coloro che assumono la decisione finale, soprattutto laddove la partecipazione on-line al procedimento e il suo esito non sia disciplinato da regole la cui applicazione sia facilmente e rapidamente verificabile . In tal senso le risultanze delle consultazioni svolte sulla Rete devono sempre essere valutate con cautela , occorre verificare caso per caso come tale partecipazione si sia articolata, in quale misura, su quale oggetto specifico, con quali modalità, e soprattutto quanto abbia realmente inciso sulla decisione finale.
Ecco perché occorre considerare che la “digitalizzazione” della democrazia non comporta di per sé una migliore interazione tra cittadini e soggetti politici, né un più efficace confronto fra idee e progetti fondato su conoscenza e approfondimento, condizione necessaria per decisioni consapevoli e ponderate .
La cosiddetta democrazia digitale solleva infatti rilevanti questioni di ordine politico, sociale, oltre che costituzionale, che non possono essere eluse richiamando semplicemente i (peraltro incontestabili) vantaggi partecipativi derivanti delle nuove tecnologie. Se il Web ha consentito ad un numero rilevante di cittadini di partecipare in prima persona al dibattito politico, tuttavia “l’utilizzazione della ‘piazza virtuale dà potere a quell’élite che è capace di utilizzare i nuovi strumenti della comunicazione” .
Certamente un approccio vieppiù fondato su modelli di democrazia diretta, imperniati su strumenti digitali, referendum propositivi e comunicazioni diffuse via Internet, favorisce una ridefinizione in chiave maggiormente partecipativa dell’attuale sistema democratico . Tuttavia occorre che regole puntuali ne disciplinino lo svolgimento , considerando che la Rete presenta al tempo stesso opportunità e rischi.
Per la rapidità e l’immediatezza che comportano le sue applicazioni, Internet costituisce senza dubbio una straordinaria novità per le dinamiche tipiche della contesa politica: ridefinisce i termini e le modalità del confronto dialettico e della contesa tra opposti schieramenti, talora però con il risultato paradossale di esasperare le divisioni della comunità, radicalizzando le posizioni e così rendendo più difficile il confronto fra i cittadini, che assumono piuttosto gli atteggiamenti tipici dei “tifosi” di squadre antagoniste, proprio l’opposto di quello a cui tali strumenti innovativi dovrebbero essere finalizzati . Non vi è dubbio che le forme dell’attuale democrazia rappresentativa possano trarre dalla Rete e dal mutato scenario tecnologico, che diventa anche sociale e politico, una nuova linfa, tale da ridefinire procedure più efficaci, per un coinvolgimento dei cittadini non soltanto nel procedimento che ne precede l’adozione ma nelle decisioni che li riguardano, per un più proficuo rapporto fra rappresentanti e rappresentati.
4. Libertà e regole
Come rilevato, non vi è libertà senza regole, nel mondo online come in quello offline. In assenza di un quadro di regole puntuali ed efficaci che disciplinino compiutamente le modalità con cui si estrinsecano le manifestazioni dei cittadini sulla Rete, e la loro declinazione all’interno dei processi deliberativi, il superamento dei meccanismi consolidati di democrazia rappresentativa (che pure – come rilevato – può trovare in Internet gli elementi e gli stimoli per una proficua rigenerazione) si rivela illusorio e di difficile realizzazione. Ciò, in particolare, alla luce della concreta possibilità che le manifestazioni di volontà diffuse nel cyberspazio sia oggetto di manipolazioni e strumentalizzazioni.
Proprio nell’ottica di valorizzare Internet come strumento e veicolo di libertà e conoscenza, regole e procedure si pongono come fondamentali strumenti di garanzia e tutela dei diritti nella Rete. E’ ad essi che è affidato il compito di provvedere alla tutela del diritto di informare e essere informati, garantendo al contempo la sicurezza delle persone e degli Stati .
La società dell’informazione costituisce peraltro il terreno di scontro tra hard law e soft law, ma anche tra etica e diritto. Ai limiti dei tradizionali strumenti giuridici si affianca peraltro la riflessione secondo cui “l’autoregolamentazione sarebbe comunque preferibile a regole imposte dall’esterno, che avrebbero un carattere autoritario o almeno paternalistico”. In quest’ottica parrebbe che la soft law rappresenti lo strumento maggiormente adatto a disciplinare una società dinamica quale quella attuale .
Occorre quindi evitare di inseguire il facile mito di una democrazia senza intermediari che giunge a definitivo compimento grazie a Internet; al riguardo devono soccorrere regole e procedure in grado di garantire valore alla partecipazione sulla Rete e consentire un dibattito reale e immune da semplificazioni, distorsioni, talora manipolazioni comunicative che rischiano di soffocarlo .
L’esperienza dimostra come la Rete, strumento prezioso e strumentale al godimento di diritti (inter alia, il diritto all’educazione, ad informare ed a essere informati), talora presenta profili delicati. Si pensi per esempio alla tendenza, evocata da taluni autori, verso l’omologazione e omogeneizzazione della conoscenza on-line in conseguenza di quelli che Eli Pariser ha definito bubble filter, di siti che confezionano informazioni a misura dell’utente, proponendo un risultato di ricerca che non è quello effettivo, bensì quello basato su un algoritmo che genera “universi di informazione” a sé stanti diversi per ciascuno , una sorta di realtà a nostra immagine e somiglianza.
Ne consegue la progressiva polarizzazione delle informazioni in Rete, che da piattaforma aperta può diventare un coacervo di realtà individuali in cui idee, messaggi e comunicazioni vengono scambiate esclusivamente con chi la pensa come noi, così assecondando la partigianeria individuale degli utenti che si traduce nella conferma o nel rafforzamento delle idee di partenza, senza un vero confronto dialettico. A partire dal dicembre 2009 Google ha iniziato a personalizzare i propri risultati di ricerca per ogni utente. Invece di fornire il risultato più ampiamente popolare, prevede gli interessi dell’utente e seleziona le informazioni conformi ai suoi orientamenti. Allo stesso modo Facebook, la principale fonte di notizie per un numero crescente di americani, dà priorità ai collegamenti che ritiene di gradimento per il destinatario. Il che è, naturalmente del tutto legittimo ma evoca il tema della neutralità della Rete e delle garanzie per la sua tutela .
E’ stato evidenziato come questa linea di tendenza rischi di mettere in discussione lo scopo originale di Internet intesa come una piattaforma aperta per la diffusione delle idee, in quanto porta a relegare i singoli utenti in mondi isolati e impermeabili alla creatività, all’innovazione, allo scambio democratico di idee, ridotti a meri consumatori pigri di informazioni spesso preselezionate . Contro l’utopia che la tecnologia possa risolvere da sola questioni complesse (la “nerd supremacy”) si rivolgono coloro che segnalano come sia illusorio ritenere che la grande quantità di dati disponibile online porti automaticamente alla trasparenza e alla verità .
Altro rischio è quello insito nella concentrazione del potere economico , aspetto che appare di particolare rilievo se si tiene conto che la tecnologia moderna non è costituita da strumenti tecnici che si esplicano sulla base del c.d. any approach: vale a dire, un’offerta di servizi media in “qualsiasi” tempo e luogo, da “qualsiasi” mezzo di ricezione, fornita ad una generalità di utenti a diversi livelli di interattività, capace dunque di influenzare in modo radicale gli individui e la società . L’esperienza mostra infatti che vi è una tendenza naturale alla concentrazione delle risorse nei mercati delle comunicazioni; il che comporta, evidentemente, la necessità di mantenere un ambiente pluralistico e competitivo, vagliando con cura le inevitabili operazione di aggregazione e concentrazione fra imprese anche in relazione ai nuovi canali di distribuzione, per i media tradizionali sia per quelli più innovativi.
Il diritto del Web deve essere dunque essere affrontato nella consapevolezza della sua straordinaria complessità. Una regolamentazione saggia e lungimirante deve dunque tener conto dei molteplici caratteri di Internet che, proprio come un Giano bifronte, è suscettibile di assumere valenze diametralmente opposte . Solo un cyber-realismo può indurci a beneficiare appieno della Rete senza cadere nei pericoli insiti in un mezzo potente e per lo più incontrollabile, dalla memoria infallibile,
Obiettivo da perseguire è pertanto quello di delineare una cornice giuridica che garantisca il rispetto dei diritti, nella quale le nuove tecnologie non portino ad una concentrazione, bensì ad una diffusione del potere sociale e politico . Soltanto in tal modo si può garantire che Internet non degradi a strumento di diffusione e amplificazione delle disuguaglianze ma continui ad essere veicolo di conoscenza, libertà, e promozione umana, e che il potenziale creativo delle nuove tecnologie accresca le possibilità di confronto aperto fra idee, per una conoscenza libera e pluralista, evitando forme insidiose di privatizzazione dell’informazione attraverso la Rete.

Internet regole democrazia

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Maurizio Mensi
Professore SNA e Luiss Guido Carli. Responsabile @LawLab Luiss