Intervento di Derrick de Kerckhove (direttore scientifico Osservatorio tuttiMedia Media Duemila) al corso di formazione dal titolo: “Da Internet all’Intelligenza Artificiale Generativa: giornali e giornalisti alla sfida della creatività” organizzato dall’Osservatorio TuttiMedia in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti.
Internet ha preso un po’ di tempo per penetrare il pubblico, abbiamo vissuto quasi 40 anni della cosiddetta trasformazione digitale. Oggi però stiamo vivendo un’altra trasformazione, molto più profonda.
Tre le tappe che ho scelto così per dare un’idea di cosa sta succedendo. La digitalizzazione del mondo inizia attraverso internet, utile strumento per la maggioranza di noi che si diffonde spontaneamente con l’invenzione del web: è il momento della penetrazione. La seconda tappa, che chiamo conversione, arriva con il telefonino che aumenta l’accesso a internet, incide nella quotidianità e crea un’associazione fra uomo e macchina sempre più intima, forte e personale.
Inizia così l’epoca dell’esternalizzazione delle nostre capacità: la memoria passa nel telefonino e con la crescita graduale degli assistenti digitali molte decisioni sono assistite dalle macchine.
I nostri contenuti pian piano vengono riversati all’esterno, ciò che prima era dentro la testa esce fuori ed è importante capire che questo comporta la sfera dei giudizi, delle scelte, non solo commerciali ma anche politiche. Se la nostra testa diviene vuota come giudicheremo l’informazione che arriva dall’esterno?
Ed arriviamo alla terza tappa che è relativa alla presa di controllo dell’intelligenza artificiale sulla nostra vita.
È il momento di analizzare anche le parole intelligenza artificiale perché affascinano e confondono, infatti voglio che teniate ben chiaro a mente che non si tratta di intelligenza ma di un insieme di codici su cui è costruito l’algoritmo.
Noi siamo abituati al nostro sistema operativo basato sul linguaggio, la parola e la scrittura che mette in ordine il pensiero.
Qui la differenza è evidente: la mente dell’uomo lavora sulla creazione di senso mentre l’algoritmo no. Il pericolo sta nel fatto che potremmo essere indotti a prendere decisioni senza avere conoscenza e coscienza del problema dei codici che fa la differenza.
Allora vi state chiedendo cosa c’entra il giornalismo con tutto questo? Tutti noi siamo stati formati su libri, giornali, informazioni che venivano da entità riconoscibili e riconosciute. Oggi non è più così e ci troviamo immersi in due ordini di civilizzazione, di conoscenza e di gestione.
Il giornalista ha il compito di evitare che la macchina prenda possesso del linguaggio e di continuare a supportare l’informazione che serve a costruire una mente critica e reattiva. Questo non significa demonizzare il nuovo, su Marte ci andremo, il progresso non si ferma. Il mio è un invito a ripensare il rapporto dei giornalisti ma anche di ognuno di noi con questa nuova realtà, senza limitare il dibattito all’etica, alla privacy, al copyright. La domanda da porsi è: quali sono le cose preziose che dobbiamo mantenere?
Lo scopo è andare verso un’etica del futuro in un contesto di memoria globale. Siamo al punto di cambiamento come quando Michelangelo scrisse sotto la sua opera: “Hic fecit Michelangelo (questo è stato fatto da Michelangelo)”.
Prima nessuno firmava le sue opere. E concludo dicendo che sono d’accordo con Franco Siddi quando dice che c’è bisogno di sensibilizzazione e con Gino Roncaglia che spinge le convergenze culturali.