Da domenica, Israele bombarda incessantemente la Striscia di Gaza, dal cielo, dal mare e da terra, dopo che sabato un attacco terroristico senza precedenti, con migliaia di miliziani di Hamas e d’altre sigle, aveva fatto oltre mille vittime e circa 3500 feriti fra la popolazione israeliana – sono 163 i militari caduti: dato ufficiale –. Il governo Netanyahu, che ha proclamato lo stato di guerra con Hamas e ha richiamato centinaia di migliaia di riservisti, continua a valutare l’opzione se lanciare un attacco di terra contro la Striscia, dove le vittime sono quasi 900 e i feriti oltre 4250. Secondo fonti israeliane, circa 1500 terroristi sono stati “neutralizzati” in territorio israeliano. I dati sono aggiornati alla mattina di mercoledì 11 ottobre.

Hamas smentisce l’intenzione di negoziare sulla liberazione degli ostaggi: ne avrebbe catturati circa 150, soldati – anche ufficiali – e famiglie intere con bambini; e minaccia di ucciderne uno a ogni attacco israeliano condotto senza preavviso. L’organizzazione replica ai bombardamenti con lanci di razzi sul sud e sul centro d’Israele: anche ieri, le sirene d’allarme hanno ripetutamente suonato. Migliaia di israeliani vivono da sabato nei rifugi: le città sono spettrali, negozi chiusi, vie deserte. A Gaza, oltre cento mila persone sono rimaste senza casa; e gli ospedali sono già sovraffollati di feriti.

E’ di nuovo guerra. E’ ancora guerra. Ma non la solita guerra, quella di cui parliamo da oltre 18 mesi – ora ne parleremo un po’ di meno -, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. E’ un’altra guerra, di cui parliamo da oltre 70 anni, che ogni tanto finisce sotto traccia e noi ci illudiamo che sia finita o, semplicemente, ci dimentichiamo che esista.

Poi un’Apocalisse, un 11 Settembre israeliano, ci ricorda brutalmente che il conflitto tra israeliani e palestinesi in Medio Oriente, ora divenuto la guerra tra Israele e Hamas, non ha mai trovato pace e ha sempre continuato a covare sotto la cenere dell’indifferenza internazionale, nel mancato rispetto d’accordi e d’impegni, fino a quest’ultimo sussulto di sangue e d’orrore, proprio quando la situazione appariva più tranquilla

Il ministro della Difesa israeliano Yoac Gallant ordina di tenere la Striscia “sotto assedio totale”: è una fetta di terra allungata sulla costa del Mediterraneo tra Egitto e Israele, un ‘fazzoletto’ di 360 kmq dove vivono 1,5 milioni di palestinesi; la densità è di oltre 4000 abitanti per kmq, fra le più alte al Mondo. “A Gaza – ordina Gallant -, non ci deve essere né luce né cibo, né acqua, né carburante… Noi combattiamo dei criminali e ci comporteremo di conseguenza”.

Fra le vittime e i dispersi di questo conflitto, numerosi stranieri: almeno 14 americani uccisi e di più presi in ostaggio; inoltre britannici, tedeschi, francesi, quasi sempre persone con doppia nazionalità. Di due italiani, che vivevano in un kibbutz investito dall’attacco terroristico, non si hanno notizie.

Il presidente Usa Joe Biden ha rinnovato, martedì, l’appoggio a Israele più volte espresso dall’inizio del dramma: “Faremo in modo che abbia tutto quanto gli serve per proteggere i suoi cittadini, difendersi e rispondere all’attacco”. Biden bolla l’azione terroristica come “atto di pura malvagità”, promette ulteriori aiuti militari, fra cui il reintegro del sistema anti-aereo Iron Drome, e si attende che il Congresso non metta il bastone fra le ruote.

Guerra di Israele ad Hamas: il film degli eventi
All’alba di sabato, Hamas ha lanciato un attacco di sorpresa e di dimensioni inaudite a Israele, infiltrando migliaia di miliziani in territorio israeliano, senza che l’intelligence israeliana, sempre sul chi vive, cogliesse i segnali di preparazione di un’azione di così vasta portata, che richiede coordinamento tattico e logistico. Nello Del Gatto, corrispondente da Israele per diversi media, s’interroga come sia stato possibile che tanti uomini “di Hamas e del Jihad islamico palestinese abbiano impunemente attraversato con propri mezzi, fra cui motociclette e parapendii, le recinzioni che dividono Israele e la Striscia di Gaza”.

Israele non aveva più visto nulla di simile da quando, nel 1948, aveva combattuto la Guerra d’Indipendenza: né la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, né la Guerra del Kippur nel 1973 – di cui cadeva l’anniversario il 6 ottobre – s’erano combattute sul territorio dello Stato ebraico.

I racconti dell’orrore si accavallano. 260 giovani, che partecipavano a un rave festival sul confine con la Striscia, uccisi. 40 bambini massacrati in un kibbutz a Kfar Azza: alcuni sono stati trovati “con le teste decapitate”, “intere famiglie sono state fucilate nei loro letti”. Video mostrano atrocità. Sono 22 le località violate. E sono molti i dispersi.

Lunedì, l’esercito israeliano ha affermato di avere ripreso il controllo di tutte le postazioni intorno alla Striscia di Gaza. Ma rastrellamenti proseguono: non si può, infatti, escludere che cellule d’incursori siano rimaste nascoste in territorio israeliano e attendano il momento per colpire.

L’Aeronautica dello Stato ebraico ha annunciato l’uccisione del ministro dell’Economia di Hamas, Jawad Abu Shamala. L’esercito israeliano ha intimato ai palestinesi di lasciare Gaza e raggiungere l’Egitto, ma il Cairo ha chiuso il valico di Rafah a tempo indeterminato. Hamas ha invece avvisato martedì gli abitanti di Ashkelon, 40 km a nord della Striscia: “Lasciate la città entro le 17”; poi, sono piovuti i razzi, che hanno preso di mira anche l’aeroporto di Tel Aviv.

Dal sud del Libano sotto controllo di Hezbollah, milizia vicina all’Iran e alleata di Hamas, è partita un’altra raffica di ordigni indirizzati verso Israele.  L’esercito ha risposto con la sua artiglieria.

Guerra di Israele ad Hamas: dubbi e interrogativi
Difficili da comprendere gli obiettivi dell’attacco di Hamas, a parte l’uccidere quanti più israeliani possibile, essendo, però, consapevoli che molti più palestinesi ne usciranno ammazzati e che un’azione del genere non può portare nulla di positivo alla causa palestinese, a parte ottenere l’approvazione dell’Iran, nemico giurato dello Stato ebraico, e degli integralisti islamici.

“L’operazione – scrive Politico – appare un feroce azzardo di Hamas, da cui gli abitanti di Gaza non trarranno nulla di buono”. Perplessità e timori condivisi da Hezbollah, che, infatti, si limita, finora, ad azioni dimostrative, ma non affianca Hamas nell’offensiva, e dall’Anp di Abu Mazen che segue gli eventi dalla Cisgiordania senza uscire allo scoperto.

In Israele, gli sviluppi militari si intrecciano al dibattito politico su Benjamin Netanyahu, premier d’un governo di ultra destra che non avrebbe dato ascolto agli avvisi egiziani che segnalavano attacchi dei miliziani integralisti. I media raccontano che Abbas Kamel, il capo degli 007 del Cairo, aveva avvertito il governo israeliano verso fine settembre, prospettando “un’operazione terribile” al confine con Gaza.

Ma l’esercito israeliano era piuttosto concentrato sulla lotta al terrorismo in Cisgiordania e aveva pure ridotto i ranghi per una festività ebraica, la Simchat Tora. Le critiche a Netanyahu sono aspre, il quotidiano Haaretz ne chiede le dimissioni. Ma premier e forze politiche lavorano a un governo d’unità nazionale.

Militarmente, Netanyahu ha decretato lo stato di guerra con Hamas, ha equiparato Hamas ai terroristi dell’Isis e ha affermato “Cambieremo volto al Medio Oriente”. L’intento è distruggere “le capacità militari e di gestione” di Hamas, che, tra sabato e martedì, ha tirato oltre 2200 –e c’è chi dice 5000– razzi su Israele.

Oltre che condurre incursioni su Gaza, Israele ha dislocato alla frontiera colonne di carri armati, prodromo di una possibile, ma rischiosissima, azione di terra nella Striscia: i costi umani sarebbero altissimi e la presenza degli ostaggi è un deterrente.

Se l’incendio si ridurrà a una fiammata o se diventerà un rogo, “tutto è ora appeso alla reazione d’Israele”, dice l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi. Nathalie Tocci, direttrice dello IAI, osserva che “l’attacco di Hamas ci riporta alla realtà di un conflitto che va affrontato” e non può essere accantonato. Stefano Silvestri, direttore editoriale di AffarInternazionali.it, ipotizza un nesso tra l’attacco di Hamas e il processo di normalizzazione delle relazioni fra Arabia Saudita e Israele, caldeggiato dagli Stati Uniti: “E’ possibile che Hamas miri a formare un asse anti-israeliano guidato dall’Iran, ma appoggiato anche da maggiori potenze come Russia e Cina”.

Guerra di Israele ad Hamas: le reazioni internazionali
Da tutto il Mondo, solidarietà viene espressa a Israele, ma nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, riunitosi d’urgenza domenica sera, non c’è stata unanimità nel condannare l’attacco di Hamas.

Biden ha fatto una riunione virtuale, lunedì sera, con i leader di Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia. I ministri degli Esteri dei 27 dell’Ue si sono riuniti d’urgenza martedì: quella che una volta si chiamava la ‘questione palestinese’ resta divisiva nell’Ue, che ha comunque bloccato degli aiuti non umanitari a Gaza.

La Lega araba s’è riunita mercoledì al Cairo: la portata dell’azione terroristica contro e la cattura degli ostaggi preoccupano molti Paesi, in questa fase che pareva distensiva nel Medio Oriente.

La Cina è preoccupata per l’escalation della violenza e condanna l’uccisione di bambini da entrambe le parti; la Russia afferma d’essere sorpresa da quanto sta avvenendo – come dire “Noi non c’entriamo” -, anche se Politico parla “del regalo di Hamas a Putin”, perché – spiega – “la Russia fa affidamento, e in parte alimenta, focolai di tensione in parti del Mondo per sottrarre all’Ucraina energie dell’Occidente”. In questa lettura, Niger, Nagorno e Israele sarebbero un’unica strategia.

L’Iran, che è sul banco degli accusati come fomentatore e foraggiatore dell’estremismo palestinese, parla di “sconfitta” di Israele. L’Egitto, che potrebbe mediare, prospetta “una pace giusta e globale, basata sulla soluzione dei due Stati,” come via “per raggiungere una sicurezza reale e duratura per il popolo palestinese”.

Il presidente Biden assicura al premier Netanyahu che aiuti e armi sono in arrivo dagli Stati Uniti, ma Washington s’affanna anche a cercare di sventare un ampliamento del conflitto. Il Wall Street Journal denuncia il ruolo dell’Iran nel preparare e foraggiare i miliziani di Hamas, consentendo loro di geo-localizzare gli obiettivi da colpire in Israele, e ricostruisce l’incontro che sarebbe avvenuto lunedì 2 ottobre a Beirut tra emissari iraniani e membri di Hamas; Teheran nega; e la Casa Bianca afferma di non avere prove in proposito. In questo quadro instabile e imprevedibile, l’analista Eleonora Ardemagni vede a rischio “la tenuta delle relazioni diplomatiche tra Arabia saudita e Iran, ristabilite a marzo”, oltre che il riavvicinamento tra Arabia saudita e Israele.

Negli Usa e nel Mondo, vi sono state manifestazioni di vicinanza a Israele. Ma il conflitto rianima pure il sostegno alla causa palestinese, non solo nel Mondo islamico.

Dopo l’attacco di Hamas, i mercati dell’energia sono in fibrillazione, anche se il prezzo del petrolio non s’è al momento impennato. Ma l’impatto economico di questa guerra è tutto da valutare. Già si parla di forniture energetiche a rischio e di allerta per i gasdotti, potenziali obiettivi terroristici.

Guerra Israele – Hamas: chi sono i protagonisti palestinesi
Hamas, dall’arabo ‘Movimento della resistenza islamica’, venne fondato nel 1987 da Ahmad Yassin, un esponente della Fratellanza musulmana egiziana. Il giorno prima della sua formale costituzione, l’8 dicembre, un incidente tra israeliani e palestinesi nel campo profughi di Jabalia nel nord di Gaza scatenò la prima intifada, la ‘rivolta’ palestinese contro l’occupazione israeliana di Striscia e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme.

Lo statuto di Hamas fu redatto nel 1988. Il suo preambolo cita la lotta contro “l’invasione sionista” in Palestina; il movimento islamico non riconosce infatti il diritto di Israele ad esistere come Stato.

Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da Israele e da Usa, Canada, Ue e Giappone. Altri Paesi considerano terrorista solo l’ala armata del movimento islamico.

Il 25 gennaio 2006, qualche mese dopo l’evacuazione degli israeliani dalla Striscia di Gaza, Hamas vinse le elezioni. Nel 2007, cacciò dalla Striscia l’Autorità nazionale palestinese, guidata da al-Fatah.

Al-Fatah (‘l’apertura’) è la componente politica palestinese più moderata, in dialogo con l’Occidente. Il suo leader è Mahmud Abbas, presidente dell’Autorità nazionale palestinese e dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina.

Ismail Haniyeh è il massimo dirigente politico di Hamas ed è subentrato nel 2017 al leader storico Khaled Meshaal. Dal 2020 Haniyeh gestisce il movimento islamico da Doha, in Qatar.

Yahya Sinwar è invece il leader politico del Movimento islamico che opera all’interno della Striscia di Gaza. Sinwar ha trascorso 22 anni in una prigione israeliana per avere pianificato il rapimento e l’uccisione di due soldati israeliani. Nel 2011, quando in Israele era già premier Netanyahu, Sinwar fu liberato insieme ad altri circa mille prigionieri palestinesi in cambio di Gilad Shalit, un soldato franco-israeliano detenuto per cinque anni da Hamas a Gaza.

Il braccio armato di Hamas, noto con il nome di Brigate Izz al-Din al-Qassam, fu fondato nel 1992. Prende nome dallo sceicco che, negli Anni Trenta, guidò la rivolta palestinese contro i britannici. Oggi il comandante della Brigata al-Qassam è Mohammed Deif (in arabo Ospite). Il nomignolo gli deriva da una pratica dei militanti palestinesi che, per non essere rintracciati dai servizi israeliani, cambiano casa ogni notte.

Deif è un super ricercato da Israele, sopravvissuto a tentativi di cattura numerori. Un suo fratello sarebbe stato ucciso nelle operazioni in corso. In un bombardamento aereo vent’anni or sono perse una gamba e un braccio; la moglie e il figlio di 7 mesi furono uccisi dalle Forze di difesa israeliane nel 2014. Deif è dietro la progettazione dell’attacco a Israele del 7 ottobre.

ha collaborato Maria Selene Clemente

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.