Onu, Usa, Ue, il Papa: gli inviti alla moderazione sono un coro, perché Israele e Iran si fermino qui, dopo la provocazione israeliana e la reazione iraniana. Risultato: il botta e risposta tra Israele e Iran potrebbe non avere seguiti immediati; ma nessuno abbassa la guardia, anche se nessuno rilancia subito l’escalation.
Israele morde il freno. Il governo dice: “Faremo loro pagare un prezzo come e quando ci conviene”. I militari confermano: una risposta ci sarà, ma “per il momento non intendiamo estendere le nostre operazioni militari”. E, dentro il governo e nell’opposizione, ci sono differenze su come rispondere all’Iran senza innescare l’escalation.
Quanto ai responsabili iraniani, dichiarano chiuso il conto, almeno a questo stadio. La ritorsione della notte tra sabato e domenica era puntata su obiettivi militari israeliani, senza coinvolgere interessi statunitensi e/o occidentali.
Le alternative d’azione israeliane possono essere: un attacco sull’Iran, colpendo, ad esempio, installazioni nucleari; un attacco su milizie sostenute dall’Iran nella Regione; operazioni mirate contro interessi e/o personalità iraniani nel Mondo. Teheran minaccia, come risposta, di usare “un’arma mai vista”.
Gli alleati di Israele si sforzano di allontanare la Regione dal baratro d’un allargamento del conflitto ad altri attori, dopo oltre sei mesi di guerra fra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, innescata dalle incursioni terroristiche di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre. Alle circa 1200 vittime, più quasi 300 ostaggi, di quel giorno d’indicibile orrore, se ne sono aggiunte 34 mila palestinesi. E sono grandi i timori di ulteriori escalation.
L’attacco dell’Iran a Israele, diretta e scontata conseguenza del bombardamento israeliano, l’1 aprile, del consolato iraniano di Damasco – 14 le vittime -, rimette in moto la diplomazia un po’ sterile e ripetitiva dei consulti al massimo livello: una riunione d’urgenza del G7; una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che sta discutendo l’ammissione della Palestina come membro a parte intera – ora, è osservatore -. La crisi era sull’agenda dei capi di Stato e/o di governo dei 27, che si vedono a Bruxelles.
La reazione iraniana all’attacco israeliano ha rafforzato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che era sotto pressione del presidente Usa Joe Biden e di molti altri leader occidentali per la guerra a Gaza e cui ora è più difficile rifiutare aiuti.