Va a vuoto la risposta dell’Iran alle mazzate d’Israele sugli Hebollah: al calare della notte di martedì 1 ottobre, il regime di Teheran lancia almeno 180 missili balistici contro Israele, dopo che, nel giro di due giorni, gli israeliani hanno ucciso il capo degli Hezbollah Hassan Nasrallah, hanno decimato i capi del ‘partito di Dio’, hanno martellato le postazioni dei miliziani fin dentro Beirut, facendo centinaia di vittime, forse 800; e sono entrati con forze di terra nel sud del Libano, costringendo centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case.
I missili iraniani sono stati intercettati nella quasi totalità dai sistemi di difesa anti-aerea israeliani, con l’aiuto di quelli statunitensi e britannici. Il massiccio (sulla carta) attacco iraniano fa un morto – ironia della sorte, un palestinese – e pochi feriti. Nelle stesse ore, due attentati: uno a Tel Aviv, l’altro a una stazione della metropolitana di Giaffa – qui, muoiono otto persone -.
L’impressione è che, come già avvenne in primavera, la reazione iraniana, attesa dall’eliminazione di Haniyeh, sia stata condotta più per ragioni d’immagine sul fronte interno che con la convinzione di fare davvero male a Israele. Adesso, però, bisogna vedere se e come Israele reagirà a sua volta. Ad aprile, Iran e Israele si limitarono, sostanzialmente, di ‘fare ammoina’. Ma, rispetto ad aprile, l’Iran e soprattutto i suoi accoliti sono indeboliti; e Netanyahu è galvanizzato dai suoi successi, mentre il suo Paese sta entrando nel cono di lutto del primo anniversario delle azioni terroristiche del 7 ottobre – 1200 le vittime, oltre 250 gli ostaggi catturati, un centinaio dei quali non sono stati ancora restituiti alle famiglie, vivi o morti -.
Per di più, quando è Israele a subire un attacco, i Paesi occidentali ritrovano subito la compattezza nel sostenerne il diritto alla difesa e dimenticano lo squilibrio tra l’offesa del 7 ottobre e la reazione – oltre 41 mila palestinesi uccisi solo nella Striscia di Gaza, anziani, donne e bambini, senza contare le vittime collaterali in CisGiordania e Libano -.
Il timore di un allargamento del conflitto resta. Certo, Netanyahu non ignora il rischio di imbarcarsi in una guerra in Libano lunga e sanguinosa e imprevedibile. A suggerire cautela, pure il fatto che gli altri fronti di conflitto sono tutti aperti, dalla Striscia di Gaza alla CisGiordania.