di LIVIA SERLUPI CRESCENZI –
L’economia italiana, nell’ultimo decennio, si è orientata verso le attività a bassa intensità di ricerca creando un divario con il resto d’Europa. Le attività in Ricerca e Sviluppo sono aumentate, ma moderatamente, raggiungendo l’1.27 del PIL nel 2009 scontando, tra l’altro, una caratterizzazione del sistema produttivo composto prevalentemente da piccole e medie imprese. Questi sono i dati secondo il Quadro valutativo dell’Unione dell’Innovazione 2011, pubblicato all’inizio di quest’anno, che pone l’Italia tra i “paesi innovatori moderati”, vale a dire nel terzo gruppo su quattro della classificazione degli Stati UE. Nonostante il quadro complessivo in materia di innovazione di quasi tutti gli Stati membri sia migliorato rispetto al passato il trend di crescita di queste prestazioni è comunque in rallentamento rispetto ai risultati dei leader globali dell’innovazione come Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. E’ specialmente nel settore privato che il divario è marcato. Un vantaggio esiste però rispetto alle economie emergenti di Cina, Brasile, India, Russia e Sud Africa anche se la Cina migliora progressivamente. Nella valutazione complessiva del quadro europeo si individuano, come detto, quattro gruppi di paesi per la valutazione del loro grado di innovazione. I “leader dell’Innovazione”, tra i quali Svezia, Danimarca, Germania e Finlandia; “Paesi che tengono il passo”, come Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Lussemburgo, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia che si avvicinano alla media dell’UE-27. Vengono poi gli “Innovatori moderati”, tra cui l’Italia, insieme a Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Ungheria, Grecia, Malta, Slovacchia e Polonia i quali si trovano in una posizione inferiore rispetto alla media UE-27. Seguono, in coda, i risultati del gruppo di “paesi in ritardo” come la Romania, la Lituania, la Bulgaria e la Lettonia, che si trovano molto al di sotto della media dell’UE- 27.
I dati ufficiali della Commissione Europea evidenziano che le differenze maggiori si riscontrano nella categoria “Attività delle imprese”, nell’ambito della quale l’UE-27 è in ritardo in termini di spesa delle imprese per attività di R&S, co-pubblicazioni pubblico/privato e, rispetto agli Stati Uniti, per sistemi di ricerca eccellenti e attrattivi. Migliorare le condizioni quadro per l’innovazione non è sufficiente se l’UE non è in grado di attirare un numero maggiore di ricercatori e talenti scientifici eccellenti a livello mondiale.
E questo porta a riflettere sui risultati dell’indagine a proposito dell’istruzione. In media, infatti, il 33,6% della popolazione dell’UE di età compresa tra i 30 e i 34 anni ha completato l’istruzione. Ma esiste al riguardo un importante divario tra Stati membri. Infatti a fronte di paesi la cui popolazione che ha completato l’istruzione terziaria supera il 45%, come Cipro, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Svezia, si contrappongono paesi, come l’Italia cui fanno compagnia la Romania e la Slovakia, nei quali il livello di istruzione terziaria è raggiunto da meno del 20% della popolazione. Dunque l’Italia si trova al penultimo posto tra gli innovatori moderati con prestazioni inferiori alla media dove oltre all’attività intellettuale, risultano deboli gli investimenti aziendali, e l’uso delle strategie di collaborazione e di imprenditorialità. Il rapporto evidenzia, tuttavia, che il nostro paese ha creato una nuova struttura governativa per coordinare al livello nazionale le politiche in R&S, ma che la competitività del paese sarebbe ulteriormente rafforzata se fossero apportati miglioramenti al sistema di istruzione superiore e compresi i bisogni dell’economia in termini di competenze.
E’ evidente dunque, secondo i dati rilasciati dall’Unione Europea nell’ambito di questo studio, che gli innovatori moderati e modesti sono caratterizzati da uno sbilanciamento nel sistema di ricerca e innovazione. Questo è particolarmente visibile per la bassa quota di piccole e medie imprese che introducono innovazione di processo e di prodotto nonché innovazione di marketing e di organizzazione. Le imprese, dunque, devono sviluppare l’innovazione per rispondere non solo alle sfide del mercato europeo ma alla competizione sempre più forte che la concorrenza globale pone in primo piano per superare la crisi economica che ha coinvolto tutti i paesi, nessuno escluso.
Livia Serlupi Crescenzi
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