di FORTUNATO PINTO –

Ad ogni industria tecnologica è facile associare un’azienda: se dici Personal Computer pensi Windows, se dici Audio pensi Bose, se dici smartphone (o tablet) dici Apple, se dici fotografia pensi Kodak. Ma cosa accade quando l’azienda fallisce e nonostante tutto l’industria continua a vivere? Ecco il caso Kodak.

La Kodak è nata nel 1888, quando il genio di George Eastman creò il primo dispositivo portatile che permetteva anche ai non professionisti di immortalare gli attimi della loro vita. “Voi premete il pulsante e noi facciamo il resto” questo il motto dell’azienda newyorchese che per oltre 120 anni ha arricchito gli album fotografici di cinque generazioni. L’impresa di Eastman ha resistito per tutto questo tempo fintato che l’analogico ha dovuto cedere il passo al digitale, da quando lo scatto e l’impressione su pellicola sono diventati sempre più attività di professionisti e pochi amanti della fotografia. L’amatoriale, ciò che ha reso la Kodak il brand simbolo di un mezzo quale la fotografia, si è trasferito su altri dispositivi: prima sulle fotocamere digitali e oggi ancor di più sugli smartphone.

E’ notizia del 19 gennaio 2012 che la Kodak, la parte statunitense dell’azienda, ha dichiarato bancarotta con la richiesta dell’amministrazione controllata attuando l’applicazione del cosiddetto Chapter 11 del diritto fallimentare US. Con questa procedura l’azienda cercherà di raccogliere il maggior numero di introiti vendendo i suoi brevetti per mantenere in vita la produzione industriale, che d’altronde dal febbraio 2012 è stata ristretta alla sola fabbricazione di stampanti. Nonostante questo, l’azienda deve rispondere all’accusa da parte di Apple di aver utilizzato dei brevetti senza pagarne la concessione. Il Chapter 11 per ora  assicura il superamento di questo ostacolo bloccando ogni pressione da parte dei creditori ma non è detto che la Apple non ritornerà alla ribalta per far valere i suoi diritti.

Molti i motivi che hanno dato fine alla Kodak, per come siamo abituati a conoscerla, sia in materia socio-tecnologia sia amministrativa. Nell’ultimo decennio l’impresa fondata da Eastman ha scommesso poco, o quasi nulla, sulle innovazioni lasciando campo libero agli altri. La paura di cannibalizzare i propri prodotti ha reso la Kodak più debole rispetto alle altre case produttrici e fondamentalmente fuori dal mercato. Negli anni ’70 e ’80 la Kodak si distingueva per le sue innovazioni, si inserì anche essa nel campo delle foto istantanee ma nel 1986 dovette rinunciarci dopo aver perso una causa sui brevetti contro la Polaroid, altro marchio simbolo della fotografia analogica che oggi stenta a vivere surclassato da applicazioni per sistemi operativi Apple e Android quali Instagram e Hipstamatic, che creano effetti retrò ricordando le vecchie istantanee mantenendo un’ottima qualità ma soprattutto essendo digitali. Instagram ancor più di Hipstamatic è stato un successo senza pari nel 2011. Nominata come miglior app dalla stessa Apple, è il risultato dell’unione tra il photo-sharing e i social networking. Oggi milioni di utenti aggiornano i propri profili con foto dal sapore antico in 4 semplici passi: scatta, modifica, aggiungi didascalia e condividi.

easyshare-one

Negli ultimi venti anni, però, la Kodak non ha saputo rispondere alle esigenze dei consumatori, non li ha ascoltati. Ha perso tre opportunità che oggi le avrebbero fatto evitare la bancarotta. In primo luogo avrebbe dovuto incrementare la produzione delle fotocamere digitali: ha rinunciato ad un mercato in forte sviluppo favorendo indirettamente la crescita di aziende quali Nikon, Canon e Fujifilm, oggi leader a livello mondiale. Ha poi accantonato il photo-sharing. Il primo modello di fotocamera digitale capace di condividere foto via WiFi è proprio Kodak, la EasyShare One prodotta nel 2005 ma presto ritirata dal mercato. La Kodak non ha saputo neppur rispondere ai nuovi mercati su smartphone producendo un’applicazione proprietaria che riprendesse le caratteristiche delle sue pellicole, probabilmente perché non è stato possibile costruire un’associazione di idee che ricordassero i pregi dei rullini utilizzati dal mondo intero nel ventesimo  secolo. Ultima opportunità mancata è la riproduzione su digitale o carta stampata delle fotografie. Kodak non è riuscita ad imporsi nel mercato, i suoi prodotti (cornici digitali e stampanti) non sono risultati all’altezza dei prodotti di altre marche quali Sony e HP. Inoltre la fotografia digitale stampata è sempre più abitudine di pochi, la maggior parte di noi è solito caricare le  foto sui propri computer e principalmente condividerle tramite Flickr e Facebook.

L’industria della fotografia è cambiata radicalmente e l’uscita di scena dell’azienda che per anni ha monopolizzato un mercato internazionale è sintomo di una radicale trasformazione dell’industria stessa. L’analogico, almeno in questo campo, ha ceduto il passo: il digitale è riuscito a rendere obsoleto un mezzo che sin dalla sua nascita ha modificato il modo di guardare ed analizzare il mondo. La Kodak, o meglio, le pellicole Kodak diventeranno  nell’immaginario collettivo un prodotto oggi inutilizzabile ma che ha attraversato e immortalato il secolo scorso regalando infinite tracce del passato che difficilmente dimenticheremo.I rullini Kodak sono il contenuto più bello delle nostre scatole dei ricordi ma soprattutto sono le opere d’arte che fotografi come Peter Guttman e Steve McCurry ci hanno regalato. A McCurry è toccato l’onore di utilizzare l’ultima pellicola Kodachrome, la sua mostra (a Roma fino al 29 aprile) è il simbolo della fine di un’era industriale e inizio di un’era unicamente artistica.

steve_mccurry

Per approfondire abbiamo chiesto ai fan della pagina ufficiale di Media Duemila se utilizzassero il proprio telefono cellulare come fotocamera e, a conferma della tendenza mondiale, il 75% degli intervistati  ha detto che usa il suo smartphone per fotografare. Per leggere i risultati e partecipare al sondaggio cliccare qui.

Fortunato Pinto

media2000@tin.it

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