Non è più tempo di “libero commento in libero internet”. Se il post offende, il sito ne risponde. E c’è da scommettere che, d’ora in poi, i controlli saranno meno lassi. Merito o, se avete un punto di vista libertario, colpa della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che ha emesso una sentenza chiave, la scorsa settimana.
La Corte – leggiamo sull’ANSA – ha sancito che un portale d’informazione può essere “giustamente” ritenuto responsabile se non interviene per prevenire, moderare o cancellare commenti anonimi offensivi, diffamatori o minacciosi.
La decisione della Corte diventerà definitiva fra tre mesi, se le parti non richiederanno e otterranno un nuovo esame davanti alla Grande Camera. Il caso specifico riguarda uno dei più grandi portali d’informazione dell’Estonia, che, nel gennaio del 2006, pubblicò un articolo sulle scelte controverse di una compagnia di navigazione. I lettori reagirono postando commenti estremamente offensivi, diffamatori, e minacciosi nei confronti della compagnia e del suo proprietario. Quest’ultimo fece causa al portale, che fu condannato a indennizzarlo con 320 euro per danni morali.
Nella loro sentenza, i giudici di Strasburgo scrivono che la decisione dei colleghi estoni di “ritenere il portale responsabile per i commenti diffamatori postati dai lettori è una restrizione della libertà d’espressione giustificata e proporzionata” e che, quindi, non ne configura una violazione.
Per arrivare a tale conclusione, la Corte ha preso in esame una serie di elementi, che l’ANSA sintetizza così. I giudici, innanzitutto, sottolineano che i gestori del portale “esercitavano un livello di controllo considerevole sui commenti che venivano pubblicati”. I gestori erano gli unici che potevano bloccare o cancellare i commenti e avevano i sistemi per farlo. Sistemi di cui tuttavia “non hanno fatto pieno uso”.
La Corte rileva, inoltre, che è stata una scelta del portale permettere agli utenti di mantenere l’anonimato quando postavano i loro commenti. “Si deve quindi ritenere che i gestori del sito si siano assunti una determinata responsabilità per quanto pubblicato dai lettori”.
I giudici hanno infine rigettato la tesi del portale secondo cui il proprietario della compagnia avrebbe dovuto fare causa a chi ha scritto i commenti. “In un caso come questo, per motivi puramente tecnici – si legge nella sentenza -, appare sproporzionato imporre alla parte lesa l’onere dell’identificazione degli autori dei commenti”. E la Corte “non è convinta che un’azione del genere avrebbe, in questo caso, garantito l’effettiva protezione della parte lesa”.