Caro Derrick,
tu sei un temprato esploratore delle tecnologie di comunicazione e già da mesi ci parli di metaverso. Sulle innovazioni virtuali abbiamo tutti interesse, ma anche qualche perplessità. Per esempio a proposito della invasività psicologica, della protezione dei minori e della fiscalità.
Mac Luhan ci ha insegnato che ogni messaggio può avere più dimensioni e il medium a sua volta ne è parte fondamentale. Oggi sembra trascurabile il valore e l’autenticità dell’informazione rispetto alle dimensioni del suo impatto. L’audience conta spesso più del contenuto. Le informazioni (e i cinguettii degli influencers di politica, giornalismo o marketing che siano) potrebbero essere false o incomplete o tendenziose. I loro commenti sono certamente autoreferenziali. E non tutte le notizie possono essere tempestivamente confutate o discusse o corrette. Così la realtà e l’oggettività possono essere facilmente distorte. Perfino la scienza mette dubbi, vedi per i vaccini in pandemia.
Con la comunicazione in digitale la montagna di notizie, vere o false, e il cicaleggio crescono a dismisura. Se metti un computer a collezionare dati e applichi algoritmi matematici per fare sintesi, può darsi che escano conclusioni statisticamente impeccabili, ma epistemologicamente devianti. Se poi l’etica è dettata dalla numerosità, dalle frequenza e dalla permanenza dei comportamenti o dal volume delle voci, allora … ‘siamo fritti’. Pagare tutte le tasse risulta marginale, attraversare sulle strisce pedonali una rarità, rispettare i diritti civili un controsenso, l’educazione un’opzione, il merito un’utopia.
Dunque non possiamo farci abbacinare da big data incontrollati, da calcoli acritici, da computer insapienti. Questo è un limite dell’intelligenza artificiale, e dei robot, se non li abbiamo programmati secondo una morale. Qui sta il problema, perché di morali ce ne sono tante, anche contraddittorie e ostili una all’altra.
Sopra le nostre teste ci sono poi obiettivi di business o di consenso politico, da parte di chi detiene le proprietà delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione più potenti, che possono rendere gli umani sempre più sudditi o meri consumatori di un sistema o di un mercato.
C’era una volta il principio di separazione tra informazione e propaganda. Oggi è così sottile o inconsistente da mettere alla prova anche chi abbia maturato una forte cultura critica. Anche perché i cosiddetti ‘abilitatori tecnologici’ sul web sono ormai publishers.
Penso alla mescolanza tra editoria e pubblicità, ma anche alla realtà virtuale e al metaverso, al quale accennavo in principio, dentro il quale non sai quali siano i confini tra concretezza, virtualità e comunicazione subliminale. Se l’uso dilagasse a vantaggio di un mercato di interessi privati o segreti, la civiltà stessa potrebbe essere caratterizzata da demagogia e autoritarismo. La fantascienza e i totalitarismi ci hanno già fornito esempi.
Eppure, al contrario, se ci fosse un metaverso trasparente di servizio pubblico, controllato democraticamente ed efficiente, che tu Derrick suggerisci già da mesi nel progetto di Metacity, allora potremmo essere ben assistiti, ben equipaggiati, ben informati. Fai bene a raccontarlo ai nostri governatori: che studino le esperienze urbanistiche di Seul, Helsinki, Rotterdam e perfino Neom (la città futuristica dell’Arabia Saudita) per supportare servizi, bilanci, traffico, istruzione, sicurezza, turismo, attività economiche. L’Unione Europea già sta considerando regole per la privacy, la sicurezza e la democrazia. Così il metaverso non sarebbe solo un game o una gallery per il business, ma una nuova forma di socialità virtuale.
Dovremmo provarci, grazie Derrick per le idee e gli stimoli che divulghi con l’Osservatorio TuttiMedia. Gli amici sono su un buon belvedere.
Paolo