di LIVIA SERLUPI CRESCENZI –
La classifica appena pubblicata da Reporter Senza Frontiere della Libertà di Stampa 2013 posiziona l’Italia al 57° posto, non solo dopo la Francia e la Spagna, ma anche dopo, tra gli altri, il Botswana, il Niger e il Burkina Faso. Il Rapporto afferma che in Italia la diffamazione deve ancora essere depenalizzata e le istituzioni ripropongono pericolosamente “leggi bavaglio”. Il livello di democrazia raggiunto da ciascun paese è anche basato sulla libertà di stampa cui contribuisce il ruolo ormai fondamentale degli internauti nel produrre e diffondere le notizie registrato, con maggior scrupolo a partire dall’anno delle rivolte arabe, da RSF. Quest’anno, poi, il rapporto si è avvalso di un nuovo strumento analitico, l’indicatore annuale globale delle libertà dei media nel mondo, strumento che, viste la progressiva affermazione delle nuove tecnologie e l’interdipendenza tra governi e popoli, appare necessario per valutare la libertà di produrre e diffondere notizie in senso lato sia a livello mondiale che a livello nazionale. La stampa sta cambiando volto, modificando anche i parametri di riferimento della professione. Media Duemila ha chiesto un parere ad Alessio Jacona, giornalista e blogger, lavora per un programma di divulgazione scientifica su invenzioni e nuove tecnologie per Rai Tre e scrive per Wired.it.
Secondo lei la professione del giornalista deve cambiare per adeguarsi alle nuove regole del web e del digitale?
Oggi il giornalista deve diventare brand per essere riconoscibile dalle persone che lo leggono, ed in questa nuova realtà della professione è quindi indispensabile tra l’altro seguire Facebook e Twitter per essere aggiornati e ignorarli vorrebbe dire che il giornalismo è cambiato ma i giornalisti stentano a farlo.
Ma questa nuova professionalità del giornalismo potrà essere utilizzata per la carta stampata o questa è destinata a morire?
Il tema si è un po’ spostato in avanti, nel senso che ormai si tende a dire che i giornali non sono solo carta, i giornali sono una struttura complessa che produce contenuti complessi secondo tecnicismi che ormai sono studiati, sono stabilizzati, che hanno una storia. Una struttura che forse deve valutare quale deve essere il suo supporto, quale deve essere il canale attraverso cui viene veicolato il suo prodotto e che probabilmente deve guardare alla rete come lo strumento principale o comunque sempre più preponderante nella veicolazione di contenuti. Il passo successivo del come riciclarsi in quel campo, del come generare nuove revenue e come fare business è ancora oggetto di studio e sicuramente ancora non chiaro. La carta stampata, così com’è oggi, non funziona più per molte ragioni e questo è abbastanza evidente. Non funziona più, infatti, perché viene venduta sempre di meno e perché ha un costo e un impatto ambientale enorme. Non funziona più perché la gente non compra i giornali perché va su internet. Allora è meglio ragionare in altri termini e capire dove le persone sono e capire che cosa vogliono, come darglielo e per che cosa sono disposti a pagare. Fino ad ora non si è capito perché non è semplice, ma anche perché coloro che gestiscono il vecchio sistema non hanno avuto nessun interesse vero a comprenderlo. Infatti bastava investire su queste cose. Soldi, belli, veri e grossi e a qualche conclusione si poteva arrivare. Nessuno lo ha fatto perché il nostro è un sistema che tende ad auto mantenersi, cioè ci sono delle persone che sono al centro di un sistema, quindi il cerchio si allarga sempre di più e poi c’è un confine. In questo momento storico è come se fossimo su un picco e questo confine sta franando, ogni tanto qualcuno casca giù, diventa un precario ed entra in un meccanismo di vita veramente intollerabile. Ma quelli che sono al centro sanno che possono difendere la loro posizione per un tempo ancora lungo e allora tendono a mantenere lo status quo, a difendere il giornalismo in nome di chissà quale crisma e di chissà quale tradizione, senza comprendere che non è il giornalismo che è in discussione, ma la sua carta, i canali attraverso i quali si veicola l’informazione e il modo in cui avviene la fruizione.
Livia Serlupi Crescenzi
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