Sono molti i modi in cui l’attività comunicativa interagisce con la cura medica. Si va dal rapporto personale tra medico e paziente, le cui valenze terapeutiche sono state sempre più chiaramente messe in luce nella letteratura recente e nella pratica, alle forme in cui, nel dibattito pubblico, le problematiche biomediche sono state affrontate e discusse da esperti, uomini politici, addetti ai lavori. Si va dalle modalità in cui l’istituzione sanitaria si rivolge ai potenziali pazienti e alle persone che sono loro vicine, nelle forme che sono proprie di una comunicazione pubblica propriamente intesa, alle maniere in cui le notizie e le informazioni che concernono la nostra salute vengono veicolate, in special modo dai mass media. Pur non esaurendo tutti gli aspetti relativi al tema della comunicazione in medicina, comunque il fascicolo de “L’Arco di Giano” pone in definitiva un problema di fondo e, insieme, un’esigenza a cui dare risposta. Il problema è dato dalle conseguenze dovute a un uso non corretto e non buono – vale a dire: non responsabile – della comunicazione anche in quest’ambito. L’esigenza è di giungere quanto prima a forme di regolamentazione che non siano affatto di tipo contrattualistico, ma risultino davvero animate dal desiderio di fare il bene. Ben sapendo che, come avviene in ogni tipo di relazione, fare il bene degli altri significa anche fare il proprio bene: e dunque, in tal modo, perseguire il bene di tutti.