Con Laura Palazzani Vice presidente Comitato Nazionale per la Bioetica e professoressa all’Università LUMSA di Roma continuo a riflettere sulla trasformazione digitale partendo sia dall’ultimo libro di Paolo Benanti, La Grande Invenzione, dove si legge che l’essere umano è arrivato a controllare il pianeta grazie al linguaggio, sua tecnologia fondamentale e da quanto afferma Derrick de Kerckhove sull’ Occidente ambiente dove cresce l’individualismo: “la scrittura alfabetica e fonologica ha ridotto la dimensione orale condivisa – dice – del linguaggio parlato a una sequenza visuale e silenziosa”.
La tecnologia che permette all’uomo di oltrepassare se stesso apre l’era del post-umano che, secondo de Kerckhove, comincia con gli stessi errori che potrebbero portare l’era dell’umanismo al fallimento, perché il ‘superumano’ potenziato fisicamente e mentalmente punta ancora una volta all’individuo tralasciando la responsabilità delle ricadute sulla società. Se abbiamo sbagliato a considerare solo il potenziamento dell’individuo e non della società, come rimediare, e se possibile quale è il ruolo dell’istituto che rappresenta?
Il Comitato Nazionale per la Bioetica, sulla base di una discussione interdisciplinare e pluralista, è intervenuto con un parere nel 2013 (Neuroscienze e potenziamento cognitivo farmacologico) sottolineando i limiti del potenziamento sia per l’individuo, data la mancanza di una prova scientifica di sicurezza ed efficacia dell’intervento, sia per la società, introducendo nuove ingiustizie e discriminazione tra potenziati e non potenziati. E’ essenziale un argine etico e giuridico al forte sviluppo di queste tecniche nel mercato.
Le regole e le norme che invochiamo sempre più spesso nei summit di elevato standard intellettuale sono il risultato delle paure di chi ha preso coscienza dei pericoli…
I Comitati internazionali e nazionali che riflettono sull’etica delle nuove tecnologie emergenti sottolineano che le tecnologie non sono “un destino”, ma che noi dobbiamo in modo responsabile orientare il progresso in una direzione rispettosa dell’umano e dei diritti fondamentali (dignità, autonomia, responsabilità, giustizia).
L’implementazione veloce dell’IA ci ha messo di fronte a questa sfida esistenziale. Parlare continuamente di etica o algoretica (come dicono de Kerckhove e Benanti) è un modo solo per esorcizzare le nostre paure sulla possibile perdita di controllo?
Il compito dell’etica e della algor-etica è quello di guidare l’uso delle tecnologie e possibilmente lo stesso ‘disegno’ delle tecnologie (ethics-by-design) in un modo che consenta di mantenere “un controllo umano significativo”, una supervisione umana. L’obiettivo non è solo quello di evitare l’autonomia della macchine, ma anche impedire un eccesso di delega tecnologica da parte dell’uomo che potrebbe portare ad un impoverimento delle sue capacità oltre che ad una deresponsabilizzazione nelle scelte. La grande sfida oggi è costruire un ‘buon’ rapporto tra uomo e macchina, ove la macchina non sostituisca l’uomo ma ne integri alcuni compiti, possibilmente quelli noiosi, umili, gravosi, pericolosi. Riconoscendo la insostituibilità umana nell’ambito creativo, emotivo ed interpretativo.