La Tv è ancora di gran lunga il mezzo di informazione più utilizzato; quasi la metà degli italiani utilizza più mezzi di comunicazione per informarsi; l’informazione inizia a diventare mobile, personalizzata e partecipativa. È quanto emerge dai risultati della ricerca del LaRiCa (Laboratorio di Ricerca di Comunicazione Avanzata, Università degli studi di Urbino Carlo Bo), presentati da Lella Mazzoli (responsabile della ricerca) e Fabio Giglietto (coordinatore).

L’indagine ha coinvolto un campione di 1209 italiani adulti, 1009 sentiti al telefono fisso, ai quali è stato sottoposto un questionario con circa 50 item specifici e 200 contattati al telefono mobile. Le domande rivolte agli italiani sono analoghe a quelle di una ricerca americana condotta nel 2010 da Pew Research Center’s Internet & American Life Project.

Nonostante l’enfasi sulla Rete sono ancora i media tradizionali a dominare la scena in Italia. La Tv è il mezzo di informazione più utilizzato (90,8%) e quello considerato più influente nella formazione delle opinioni (62,1%). Mentre negli Stati Uniti Internet ha di recente scavalcato per utilizzo radio e carta stampata, nel nostro Paese la Rete è ultima fra i mezzi di comunicazione presi in esame tanto per utilizzo quanto per influenza percepita.

Sono tuttavia pochi (4%) gli italiani che si affidano a una sola piattaforma informativa. Il 50,5% usa una combinazione di fonti informative on line ed off line e quasi la metà dei nostri connazionali (48,7%) dichiara di usare 5 o più mezzi di comunicazione (radio, Tv locale, Tv nazionale, all news, stampa locale, stampa nazionale, Internet). L’avvento dei nuovi media sembra procedere dunque più per espansione che per sostituzione. Non si può dunque prescindere da questa logica di sistema per comprendere come è cambiato e come cambierà il consumo di news.

Adulti e anziani dichiarano di informarsi più spesso e con più assiduità rispetto ai giovani. L’impressione è che questa differenza evidenzi un nuovo modo di fruire l’informazione che nel caso dei giovani è meno sistematico e più “opportunistico”: a puzzle. Il 60,9% degli online news consumer (51,1% della popolazione ma 93,8% nella fascia 18-29 anni) si informano infatti attraverso portali internet che aggregano notizie come Google News, MSN e Libero notizie, nel 62,7% dei casi utilizza fra 2 e 5 siti web per informarsi, nel 23% dei casi ottiene informazioni da altre persone o organizzazioni seguite su Facebook (inclusi parenti e amici personali) e nell’84,5% dei casi dichiara di gradire imbattersi in notizie e informazioni che riguardano argomenti sui quali non si erano soffermati in precedenza (contro un 73,5% del resto del campione). Gli online news consumer sono inoltre più critici nei confronti del sistema dei media (solo la metà si fida della Tv – contro il 63,2% dei consumatori off line -, l’82,9% ritengono che la maggior parte delle fonti di informazione siano schierate e il 75,7% che vi siano notizie rilevanti volutamente omesse).

Infine, anche in Italia, l’informazione inizia a diventare mobile (il 14,4% del campione – meno della metà del dato americano e il 27% di chi naviga in Internet – si informa anche attraverso il proprio cellulare), personalizzata (il 19,9% personalizza la sua pagina iniziale di Internet per includere le sue fonti informative o temi preferiti) e partecipativa (il 36,4% ha contribuito alla creazione di news, ha inserito commenti o diffuso notizie attraverso la posta elettronica e i siti di social network come Facebook e Twitter). Quest’ultimo dato appare in linea con quanto emerge dall’indagine d’oltreoceano. In particolare le pratiche di comportamento degli online news consumer e dei participatory news consumer mostrano affinità più che differenze.

“Un dato interessante – ha sottolineato Giovanni Floris, commentando i risultati della ricerca – è che Internet e i nuovi strumenti di comunicazione si aggiungono e non si sostituiscono agli altri media”. “Se su Internet si frequentano sempre gli stessi blog di chi dice la verità – ha ammonito il giornalista e conduttore di Ballarò – la Rete invece di aprire la testa agli italiani rischia di chiuderla”. Per Marino Sinibaldi “la Tv è il problema italiano, come conferma anche la ricerca, perché continua ancora ad influenzare l’opinione pubblica. L’unica salvezza – ha puntualizzato il direttore di Radio Rai3 – è il politeismo vs il monoteismo imperfetto della Tv”. Insomma “va abbattuta la centralità televisiva attraverso le tre cose, le tre virtù, della mobilità, personalizzazione e partecipazione”.

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