di ROSSELLA LEHNUS –
L’Europa si è schierata a favore del principio di neutralità della Rete, dopo aver analizzato le oltre 300 risposte da parte dei vari stakeholders dei 27 Paesi membri alla consultazione pubblica lanciata un anno fa dalla Commissione europea su “The open internet and net neutralità in Europe”. Conclusioni, in sintonia con la linea del BEREC (Agenzia dei regolatori europei telecomunicazioni). Una posizione difficile che lascia ancora aperti molti temi circa la condivisione dei costi di traffico tra gli stakeholders di Internet.
La Comunicazione presentata dal Commissario Neelie Kroes a maggio scorso era ancora prudente e la risposta del Consiglio europeo del 19 settembre conferma la necessità di valutare l’applicazione pratica delle norme previste nel nuovo quadro regolamentare per le comunicazioni elettroniche.
La normativa in materia è acerba: non esiste una definizione condivisa di “neutralità della Rete” e i casi di studio sono molto rari. L’Olanda è pioniera, l’unica in Europa a emanare una legge nazionale che vieta ai fornitori di connettività di bloccare, interferire, discriminare o limitare la possibilità degli utenti di accedere e utilizzare qualsiasi contenuto, applicazione o servizio Internet legale.
Una norma guardata con favore dalla patria natale di Skype, il piccolo Lussemburgo, e ammirata dall’Estonia che sta adottando una politica di sviluppo molto aggressiva incentrata sull’innovazione, anche se criticata da Spagna e Regno Unito che fanno appello alla tutela della qualità della Rete nel mercato sempre più affamato di banda.
La Rete negli ultimi 15 anni ha rivoluzionato le dinamiche relazionali e di lavoro in ogni settore, diventando pervasiva e indispensabile. Ovviamente è incrementato anche il traffico in Rete con una crescita che oggi è del 35% all’anno per le reti fisse e del 107% per quelle mobili, secondo le stime dichiarate nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni sull’apertura e neutralità della rete Internet in Europa.
Una rete globale non ha confini e non può avere fisionomia, eppure il timore più diffuso è quello di cambiare forma a Internet, talvolta per effetto del libero mercato, talvolta per l’intervento dei governi.
La magia del World Wide Web è l’accesso (input e output) in modo non gerarchico a contenuti e servizi: internet è diventato un fenomeno di massa grazie ai motori di ricerca che mettono ordine al caos, al naturale caos, dell’informazione globale. È questo che ha reso il Web migliore di tutti i precedenti tentativi di organizzare i contenuti e servizi che viaggiano in Rete: l’assenza di un capo che ne disegnasse la forma.
Ciò non significa che regni l’anarchia in Rete, molti interessi guidano i contenuti e i servizi offerti nel Web: esempi di non neutralità sono molto comuni quando la banda è insufficiente ad accontentare tutte le richieste. La banda è una risorsa scarsa e pertanto deve essere gestita per ottimizzarne l’utilizzo. Non a caso sono gli operatori mobili 3G ad adottare più frequentemente comportamenti non neutrali: talvolta bloccando il servizio voice over IP come accaduto in Austria, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Romania o inserendo filtri a discapito dello scambio di dati peer to peer da parte di alcuni fornitori – casi del genere si sono verificati in Francia, Grecia, Ungheria, Lituania, Polonia, Regno Unito e altri.
In linea con il nuovo pacchetto TLC, le attuali prestazioni offerte dalla banda non consentono di impedire agli operatori comportamenti non neutrali se questi vengono adeguatamente comunicati all’utente. Il principio di trasparenza definito nel nuovo pacchetto regolamentare TLC che l’Italia si appresta a recepire va, quindi, sostenuto con forza quale misura di libertà.
Gli operatori, nonostante denuncino il rischio di collasso della propria rete, dovranno comunicare in modo chiaro e trasparente l’esigenza di ricorrere a pratiche non neutrali, lasciando agli utenti la scelta di consumo. L’utente infatti dovrà essere adeguatamente informato, sia preventivamente, in relazione a tale rischio nel momento della sottoscrizione del contratto con l’operatore, sia tempestivamente, quando la pratica sta per essere messa in atto.
Non si tratta di una questione esclusivamente europea, anzi il dibattito è iniziato molto prima negli Stati Uniti: non a caso è proprio oltreoceano che si sono siglati gli accordi più significativi sotto questo profilo. Pensiamo a quello di agosto scorso tra Google e Verizon prontamente frenato dal pacchetto natalizio della Federal Communications Commission. Anche la recentissima intesa sempre di matrice statunitense tra i maggiori Internet Service Provider e le principali major cinematografiche e discografiche condiziona l’utilizzo della Rete avvalendosi di strumenti di filtraggio di contenuti protetti da copyright.
Il commissario europeo Kroes si è dimostrato molto vicino alle politiche Genachowskiane della Federal Communications Commission ferocemente contrastate dagli operatori di rete, a tutela del carattere neutrale del Web a tutela della libertà di espressione e della parità di accesso all’informazione. Due potenze che sfidano il libero mercato per non snaturare internet con tutte le conseguenze che potranno derivare da una scelta così importante e coraggiosa.
Il conflitto sul tema della neutralità della Rete, latente da anni, diventa sempre più marcato perché il rischio di saturazione della Rete impone delle scelte da parte degli operatori: il traffico aumenta a ritmi esponenziali e al contempo i contenuti e i servizi on line sono sempre più sofisticati e avidi di banda.
I fornitori di connettività vogliono dunque gestire contrattualmente la capacità di banda richiesta dai soggetti che sulla Rete erogano i propri contenuti e servizi commerciali che incidono maggiormente sulla qualità della banda offerta. I content e service providers, invece, si oppongono con forza a questa pratica non tollerando il condizionamento del loro business da parte degli operatori di rete.
Il compito dei governi è quello di favorire lo sviluppo imprenditoriale, economico e sociale di ciascun Paese; nel caso specifico si tratta di evitare il più possibile che gli interessi commerciali degli operatori di rete confliggano con quelli dei fornitori di servizi e viceversa, poiché ciò si ripercuoterebbe sugli utenti. Quest’obiettivo – come già detto – può e deve essere superato assicurando la trasparenza delle pratiche commerciali adottate e incentivando la realizzazione di reti ad alta capacità come indicato nell’Agenda Digitale della strategia EU2020.
Le Agende Digitali dei Paesi tecnologicamente più sviluppati pongono, infatti, al primo posto la realizzazione di autostrade dell’informazione: reti a banda sempre più larga capaci di ospitare i cittadini della network society.
Il collo di bottiglia che induce a comportamenti non neutrali è dunque la ridotta capacità di banda.
L’acuirsi del dibattito sulla neutralità della Rete dimostra l’importanza strategica di reti di nuova generazione, legittimando gli investimenti richiesti, particolarmente onerosi, nonché il sostegno pubblico laddove tali infrastrutture sembrano non giustificarsi sulla base dei ritorni economici generati.
Se la domanda, ovvero il traffico, sta portando alla saturazione delle reti attuali, perdono di senso le critiche mosse alla realizzazione di reti di accesso di nuova generazione, basate sul fatto che la domanda di banda non sia sufficiente a giustificare gli investimenti per il futuro.
L’acceso dibattito sulla neutralità della Rete trova, pertanto, risposta nelle reti di nuova generazione: il terreno di gioco della competitività globale. Il rischio di collasso della rete causato da eccesso di traffico perde di significato qualora migrassimo a reti la cui capacità è, attualmente, impossibile da saturare.
Gli Stati membri, in linea con la Strategia EU2020, si sono impegnati a incentivare il mercato a realizzare le infrastrutture capaci di ospitare reti neutrali, aperte e ad alta capacità, sviluppando cosi un mercato concorrenziale. Questo è lo spirito giusto per sostenere la crescita: stimolare il mercato a costruire insieme un’infrastruttura abilitante reti di comunicazione che non abbiano alcun bisogno di essere limitate.
In attesa che l’Europa realizzi la sua Digital Agenda e noi la nostra ADI (Agenda Digitale Italiana), il tema della neutralità della Rete deve essere affrontato in relazione all’effettiva necessità di discriminare il traffico, che dovrà essere attentamente verificata dalle Autorità competenti, sulla base di criteri univoci, oggettivi e trasparenti, definiti in sede comunitaria.
Le reti mobili sono maggiormente soggette a saturazione, quindi i relativi operatori potrebbero dover ricorrere a pratiche non neutrali più frequentemente degli operatori di rete fissa; tuttavia in linea di principio le reti dovranno essere trattate in modo oggettivo, in base ai criteri citati.
Sicuramente un mercato competitivo sia nelle reti fisse sia, soprattutto, in quelle mobili permetterebbe agli utenti di scegliere l’operatore che, in modo trasparente, garantisca loro priorità per talune tipologie di traffico, a discapito di altre (per esempio traffico “conversazionale” piuttosto che “peer to peer”). Un mercato quindi che palesi i propri comportamenti non neutrali e lasci all’utente la libertà di scegliere le modalità di fruizione che preferisce. Si tratta di una trasparente negazione della caratteristica più innovativa della Rete: la libertà – a portata di un click – di avere e di apportare tutto il sapere umano, senza mai dover scegliere.
Senza le reti di nuova generazione qualunque soluzione decidessimo di adottare pro o contro la neutralità sarà una risposta di corto respiro, che in un caso nega lo spirito di Internet e nell’altro porta all’inevitabile deterioramento della qualità fruitiva della Rete, limitando quindi lo sviluppo di contenuti e servizi innovativi.
Rossella Lehnus / Ricercatrice FUB – Consigliere del Ministero dello Sviluppo Economico
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