Nei tempi moderni, la città ha sviluppato sempre di più il suo fascino sull’insediamento della popolazione.
Molto dipende dall’exploit demografico, oltre che dall’aumento dell’aspettativa di vita; ma anche dall’alimentazione e dalla scolarizzazione e da un coacervo di altri fattori.
L’urbanizzazione è diventata simbolo di progresso, anche se presenta negatività che possono intaccare il benessere dei suoi abitanti.
Come si è giunti alla città che ora conosciamo, lo spiega nel volume “Le tre rivoluzioni urbane – Dalle origini alla postmodernità” (edito da Rubettino) l’urbanista Alessandro Bianchi, direttore della Scuola di Rigenerazione urbana sostenibile “La Fenice urbana”, già Rettore delle Università Mediterranea di Reggio Calabria e Pegaso, Segretario generale della Conferenza dei Rettori e ministro dei Trasporti del Governo Prodi due.
Ripercorrendo la storia pentamillenaria della città come entità magnetizzante persone, Bianchi identifica tre momenti clou che, di per sé, rivoluzionano i destini e il futuro dell’umanità: il primo, cinquanta secoli fa, ha per scenario la Mesopotamia, con i cambiamenti climatici che la rendono da desertica in rigogliosa, sì da far scoprire alle popolazioni ristrette nei nuclei dei villaggi neolitici l’entità città.
La produzione agricola oltrepassa l’autoconsumo, fioriscono i commerci e lievita l’interscambio non solo commerciale, ma anche culturale.
La seconda svolta avviene circa 4.750 anni dopo, quando in Inghilterra, con l’avvento dell’industrializzazione e del progresso produttivo, ricambia il volto del territorio. Piccoli paesi crescono a dismisura, attraendo grandi masse di popolazione.
Ha solo 70 anni o poco meno la terza evoluzione, che potremmo chiamare “rivoluzione informatico-telematica”, iniziata a metà del XX secolo, e ci conduce, cambiando “armi e bagagli”, nella città post-moderna, che ancora sta prendendo una propria fisionomia. In essa vi è l’impatto di un nuovo cambiamento climatico, di una smaterializzazione della produzione e, ciliegina sulla torta, l’avanzare dell’Intelligenza Artificiale.
Una prospettiva che l’uomo deve imparare a governare, senza farsi prevaricare, in una città che, secondo Bianchi, può assumere un ruolo quasi disumanizzante e che potrebbe far covare un luddismo antitecnologico. E’ questa la quarta rivoluzione urbana?
Un segnale di tale visione traumatica può essere The Line, il progetto di città per 9milioni di abitanti, concepito in Arabia Saudita, dove si sta costruendo nel deserto due edifici paralleli, alti 500 metri, larghi 200 metri, che si snodano per una lunghezza di 170 chilometri.