La digitalizzazione ha cambiato il modo di svolgere attività d’impresa e allargato i confini dei mercati, che hanno oggi dimensioni europee o mondiali.
Il 15 luglio 2014, in occasione della presentazione degli orientamenti politici della nuova Commissione europea, il Presidente Jean Claude Juncker ha dedicato ampio spazio al tema del mercato unico digitale connesso (“A connected digital single market”). “Per loro natura – ha detto – le tecnologie digitali non conoscono confini: non ha quindi più senso che ogni paese dell’UE abbia regole proprie per i servizi di telecomunicazioni, i diritti d’autore, la protezione dei dati o la gestione dello spettro radio. (…) C’è un altro fatto importante: favorendo un mercato unico digitale, possiamo creare un’ulteriore crescita di ben 250 miliardi di euro, centinaia di migliaia di posti di lavoro e una società dinamica basata sulla conoscenza”.
Nel mese di aprile 2015 è stata pubblicata la bozza della cosiddetta Strategia Ue per il Mercato Unico Digitale.
Andrus Ansip, Commissario UE per il Digital Single Market, ha dichiarato di voler lavorare ad “una riforma bilanciata, che garantisca la piena portabilità dei contenuti acquistati legalmente, un accesso transfrontaliero ai contenuti acquistati, l’estrazione dei testi e dei dati per fini commerciali e non, la previsione di misure volte a migliorare l’applicazione del diritto d’autore ed a combattere la pirateria”.
Alle dichiarazioni di Ansip ha fatto eco Günther Oettinger, Commissario UE per la Digital Economy & Society, sottolineando come “nella creazione di un Mercato Unico Digitale, è importante che la Commissione europea non tenga conto solo degli interessi dei consumatori, ma anche di quelli dei titolari dei diritti, fra cui rientrano gli autori, gli intermediari e gli editori, e ciò al fine di garantire che la creatività sia debitamente remunerata”.
Si assiste, dunque, all’affermarsi in Europa di una rinnovata sensibilità per la tutela del diritto d’autore, a conferma di un interesse crescente e sempre più generalizzato verso i temi della protezione e della valorizzazione delle opere dell’ingegno e, in particolare, dei prodotti editoriali, nel c.d. nuovo ecosistema digitale.
Indubbiamente, il sistema di diffusione dei contenuti è radicalmente mutato rispetto a quello tradizionale del mondo editoriale e richiede un aggiornamento degli strumenti di valorizzazione dei contenuti stessi. L’Agenda digitale europea impone un forte impulso alla creazione, produzione e distribuzione di contenuti digitali su tutte le piattaforme; richiede modelli commerciali innovativi per accedere ai contenuti e acquistarli in molti modi diversi; e auspica il raggiungimento di un giusto equilibrio tra l’accesso ai contenuti e gli introiti dei titolari dei diritti.
Numerose, intanto, sono state le iniziative intraprese a livello nazionale.
Nel corso dell’ultimo biennio, per rispondere alle inadeguatezze della normativa sul diritto d’autore, anacronistica rispetto alle caratteristiche tecnologiche ed economiche derivanti dal nuovo contesto digitale, in tre dei principali Paesi europei (Germania, Francia e Spagna) sono state presentate proposte di modifica in materia di copyright: in tutti i casi, su impulso delle rispettive associazioni nazionali degli editori di giornali, le proposte di legge prevedevano l’introduzione di un diritto d’autore c.d. secondario o connesso, a carico dei “soggetti del web” (motori di ricerca, aggregatori di notizie, ecc).
Ma se in Germania e in Spagna, dopo un iter particolarmente complesso, si è infine giunti all’approvazione di una nuova legge in materia, in Francia la via legislativa è stata superata da quella negoziale. Nel corso del 2012, infatti, il governo francese aveva in discussione una proposta di legge che prevedeva il pagamento di una “equa remunerazione” (da definire) da parte dei motori di ricerca per l’utilizzo degli articoli di giornale. Con un risoluto intervento di mediazione, il governo francese, nel febbraio 2013, ha favorito la sottoscrizione di un accordo tra Google e alcuni rappresentanti degli editori francesi, in base al quale il motore di ricerca si è impegnato a versare 60 milioni di euro – in tre anni – a favore di un Fondo per l’innovazione digitale delle testate giornalistiche online. L’accordo prevede, inoltre, che Google e le imprese editoriali sviluppino, in collaborazione, modelli alternativi per la promozione della pubblicità online. Non tutti gli editori francesi hanno aderito all’accordo, giudicando il meccanismo dell’una tantum inefficace a tutelare i propri diritti oltre che inadeguato sotto il profilo quantitativo.
In Germania, e più recentemente in Spagna, è stata invece approvata una legge che consente agli editori tedeschi e spagnoli di far valere i propri diritti di utilizzazione economica nei confronti dei soggetti che, via Internet, riproducono e diffondono prodotti editoriali protetti.
La principale differenza fra la legge tedesca e quella spagnola risiede nel fatto che quest’ultima – in vigore dal 1° gennaio 2015 – introduce a carico degli aggregatori di news (come Google News) un diritto di compensazione economica in favore degli editori, irrinunciabile; lo stesso articolo della legge esplicitamente esclude dall’applicazione della norma i servizi di ricerca.
La legge tedesca, invece, approvata nel marzo 2013 da una coalizione parlamentare trasversale, prevede il diritto alla retribuzione “su richiesta” dei titolari, per l’utilizzo, da parte di motori di ricerca e aggregatori di notizie, dei cosiddetti snippets, cioè i sommari tratti dagli articoli.
In altri termini, la legge tedesca si applica alla search generale oltre che agli aggregatori e lascia gli editori liberi di chiedere o meno la retribuzione per l’uso dei propri sommari/snippets; la normativa spagnola si applica invece solo al servizio Google News (quindi non alla search di Google e di altri motori) e agli altri aggregatori e obbliga chi usa i contenuti editoriali a pagare chi li produce.
In entrambi i casi le reazioni non si sono fatte attendere.
In Spagna, il portale Google News è stato chiuso il 16 dicembre 2014, come “misura preventiva” nei confronti della legge che sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 2015. Nelle ore immediatamente seguenti all’annuncio della cancellazione di Google News, gli editori spagnoli hanno espresso alcuni timori che, nelle cronache degli osservatori meno attenti, sono stati riportati come richieste al governo spagnolo di intervenire per obbligare Google a riaprire il portale. In realtà, gli editori iberici erano preoccupati solo che Google eliminasse i link ai giornali anche dal servizio di ricerca, cosa che nella realtà non si è verificata. Infatti, Google ha chiuso la pagina news.google.es, ma non l’indicizzazione delle news, disponibili esattamente come prima nel servizio di ricerca generale, aggregate in cluster relativi alla ricerca fatta o nella sezione “news” della ricerca generale stessa.
A quattro mesi dall’entrata in vigore della legge spagnola, sembra che la chiusura di Google News abbia avuto un effetto assai limitato sul traffico delle grandi testate digitali e un effetto sensibile sulle testate medie e piccole. Secondo l’AEDE (l’associazione spagnola degli editori di quotidiani), i grandi editori hanno registrato approssimativamente una riduzione del traffico del 2 per cento. Più negativo l’effetto per le testate minori, secondo quanto riferito dall’associazione AEEPP che raggruppa editori digitali di periodici medio-piccoli: le testate medie avrebbero perso tra il 5 e il 7 per cento di traffico, le più piccole fino al 12 per cento.
Anche in Germania, all’indomani dell’approvazione della legge, gli editori tedeschi si sono trovati dinanzi ad un aut-aut. E in effetti larga parte degli oltre 200 editori tedeschi che avevano inizialmente insistito sul fatto che Google dovesse pagare come stabilito dalla legge, non ha poi esercitato in concreto il diritto. Non è stata tuttavia una resa alle ragioni dell’avversario: gli editori tedeschi hanno denunciato all’antitrust nazionale l’abuso di posizione dominante da parte di Google che, di fatto, “li ha messi nell’angolo. Non sono tornati volontariamente sui loro passi – è stato dichiarato in vari comunicati – ma perché non c’erano altre possibilità, considerato il dominio di mercato di Google e la pressione economica che ne consegue”. La decisione dell’autorità antitrust tedesca è attesa nelle prossime settimane.
La sensazione condivisa dagli editori europei è che la partita sia ora tutta a livello comunitario, dove comunque si registrano sensibilità diverse: ad esempio, la deputata Ue tedesca Julia Reda (Pirate Party), incaricata di elaborare una proposta di modernizzazione della Direttiva Ue Infosoc (2001/29/CE), dopo aver giudicato “la normativa in materia di copyright non sufficientemente armonizzata”, pone l’attenzione sul diritto degli autori e degli interpreti esecutori a vedere rafforzata la propria posizione contrattuale rispetto agli altri rightholders ed agli intermediari e, tra le altre cose, sottolinea come l’introduzione a livello di singole legislazioni nazionali di specifici diritti connessi in favore degli editori abbia esacerbato la frammentazione della normativa sul copyright; pertanto chiede al legislatore europeo di vietare agli Stati membri l’introduzione di misure obbligatorie di compensazione in favore di determinate categorie di rightholders.
Il voto del Comitato JURI (Affari Legali e Mercato interno) sul c.d. Rapporto Reda, in programma il 16 e 17 giugno prossimi, sarà un primo test per capire quali orientamenti concreti intende assumere la Commissione europea su questa delicata questione.

Isabella Splendore

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Isabella Splendore
Isabella Splendore. Avvocato, specializzata in diritto dell'informazione e delle nuove tecnologie, è Responsabile dell'Area Giuridica e Internazionale della FIEG, la Federazione Italiana Editori Giornali. Responsabile del Repertorio Promopress e componente del PDLN (Press Database Licensing Network), segue le policy di settore a livello comunitario e internazionale, tramite le associazioni europee di categoria (ENPA ed EMMA). Nel 2011 ha ricevuto la prestigiosa Eisenhower Fellowships, in collaborazione con l'Ambasciata USA in Italia: nel corso della sua permanenza negli Stati Uniti, è stata ospite delle principali realtà industriali, accademiche, politiche ed istituzionale del Paese, approfondendo i temi della convergenza multimediale e dell'evoluzione dei diritti nell'era digitale.