di EMILIO PUCCI –

I giornalisti sono ancora importanti? Lo sono, e lo sono anche gli editori, lo sono e lo saranno sempre di più in un contesto in cui soggetti non editoriali e soggetti meta-editoriali giocano un ruolo crescente nella distribuzione di contenuti.
Con il mio lavoro al e-Media Institute, società di consulenza e ricerca specializzata sui media digitali, approfondisco costantemente queste tematiche, dunque il Premio “Nostalgia di Futuro” ci permette di riflettere sulle grandi sfide che l’industria editoriale deve affrontare per le trasformazioni che nel corso degli ultimi quindici anni continuano a coinvolgere il settore.
L’industria del contenuto editoriale e professionale, nei Paesi europei vale circa 280 miliardi di euro, secondo valori del 2010, vale a dire il 2,3% del PIL dell’Unione europea.
In Italia questo comparto industriale (cioè contenuti per tutte le piattaforme, dalla carta stampata ai libri, alle piattaforme fisse e mobili), vale 30 miliardi di euro.
L’industria in generale è cresciuta, non omogeneamente. Aldilà del fatturato del mondo editoriale, intorno ad esso ruotano tanti altri settori: elettronica di consumo, si vendono hardware come televisioni, si vendono canali ad alta definizione, Kindle e iPad se si pubblicano libri, in poche parole se i contenuti professionali attraggono l’utenza. Anche il settore delle comunicazioni si alimenta grazie allo sviluppo dei contenuti audiovisivi che oggi costituiscono una parte rilevante e crescente. Basta vedere le previsioni del traffico dati. Tutte le industrie della conoscenza si reggono sulla produzione di contenuti editoriali.
Oggi viviamo una situazione di declino del contenuto editoriale propriamente detto perché con l’esplosione della Rete ognuno di noi è sommerso da una quantità enorme di materiale informativo.
Dopo il 2005, anno in cui viene uplodato il primo video di UGC sulla piattaforma YouTube, si disse che il mercato televisivo ne sarebbe stato logorato. Esempio di quanto accade con la possibilità di accedere a notizie non professionali: si mette in discussione la valenza del professional content, prodotto dagli editori.
Da questo concetto partono alcune considerazioni su quanto accaduto negli ultimi 10 anni e su quanto accadrà nei prossimi. Per la prima volta nella storia dei media (mezzo che ha attraversato perlopiù senza grandi terremoti l’intera storia dell’umanità) a metà degli anni ‘90 c’è stata una sorta di collasso e si sono uniti i tre grandi ambiti della comunicazione. La comunicazione interpersonale, macchine, reti e poi telefono, che servivano a mettere in connessione individui per lo scambio di pensieri, parole e testi da un lato, dall’altro le macchine per il trattamento dei documenti, il computer prima di diventare sistema di fruizione di contenuti ed il terzo ambito relativo a tutti i sistemi utili per la pubblicazione dei contenuti. Dunque questi tre grandi ambiti della comunicazione umana erano distinti per pratiche d’uso, apparecchi e momenti d’uso.
Il telefono, oggi, è diventato una macchina per scrivere, per consumare contenuti multimediali, prima solo off line, adesso sempre più on line. C’è stata quindi una grande ibridazione di questi tre ambiti. Il mondo degli editori, vissuto per anni su piattaforme chiuse, si è trovato a confrontarsi con il World Wide Web un ambito sempre più aperto. Nel 2007 anche il mercato televisivo viene coinvolto perché attraverso la Tv si consumano anche contenuti che arrivano da Internet. La trasformazione pone dei problemi che riguardano i vasti ed incontrollabili ambienti extra editoriali e a questo punto non si può non parlare di pirateria, ad esempio, perché il contenuto può circolare fuori dal controllo dell’editore. Inizialmente la pirateria aveva un costo della copia che veniva messa sul mercato ed era circoscritta ad un limite territoriale, oggi il download in Rete è a costo zero, ed il mercato è globale.
Per il mercato pubblicitario abbiamo un contenuto al quale si aggancia un messaggio pubblicitario (forma mediata), e poi c’è la pubblicità outdoor, le affissioni che non sono legate ad un contenuto editoriale. Se noi guardiamo al mercato di Internet ed ai tassi di crescita nel corso di questi anni, notiamo che non sono cresciuti tanto i segmenti legati al contenuto editoriale, ma quelli legati al traffico degli utenti Internet legati alle grandi piattaforme.
Internet è principalmente il luogo dell’ascesa di soggetti e ambienti non editoriali e meta-editoriali. I soggetti meta-editoriali sono motori di ricerca, indicizzatori, e altre piattaforme che devono gestire il grande traffico di utenti e contenuti messi in Rete. Sono soggetti che intermediano tra utenza e massa di contenuti, possono essere anche professionali, e spesso sono esposti ad una sorta di declino perché inseriti in un contesto molto più ampio dove viene premiata la funzione di accesso random al contenuto.
La sfida tra editori di contenuti e gli altri è grande. E la televisione non ne è esente.
Il punto critico si evidenzia nella moltiplicazione dei segmenti distributivi e precisamente di soggetti che organizzano e instradano, a fronte di una filiera della produzione del contenuto retta sempre dai soliti soggetti, e cioè gli editori. Tutto questo, genera, a mio parere, una sorta di squilibrio nell’evoluzione. L’evoluzione dell’economia digitale sarà possibile solo se produrrà ricchezza e sarà capacità di attrarre attraverso contenuti professionali, senza nulla togliere alla valenza della creazione amatoriale.
La sfida per gli editori è salvaguardare il loro ruolo di protagonisti in un contesto dove i soggetti extra editoriali crescono e diventano sempre più forti.

Emilio Pucci / Direttore e-Media Institute

media2000@tin.it

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