Lella Mazzoli, professore emerito, insegna Comunicazione d’Impresa nei corsi di laurea del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e Discipline Umanistiche, insegna inoltre Sociologia dei media e della comunicazione all’Università Mercatorum; Dirige l’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino e l’Osservatorio News-Italia, ha ideato e dirige assieme a Giorgio Zanchini il Festival del Giornalismo culturale.
Riflette, attualmente, sui cambiamenti r
Il digitale vince su tutto?
Mai come oggi la tecnologia comunicativa è la regina, ogni momento del quotidiano sembra averne bisogno, ecco perché è necessario riflettere sui nuovi modelli d
Le piattaforme neonate o già esistenti ci permettono la connessione con il mondo in un modo relativamente facile, -tecnicamente tanto è possibile- mentre la gestione del nostro tempo, sempre più dilatato, è faticosa. La divisione della giornata, a cui eravamo abituati, è stata completamente stravolta. Regole ormai consolidate sono state cancellate in un batter d’occhio: spazi e confini dilatati ci impongono  una inedita pianificazione della vita quotidiana, dove la maggior parte del tempo è dedicata alla connessione con i vicini, con quelli più distanti, con il mondo. Avevamo le stesse possibilità prima del look down, ma le consideravamo più che ora una frattura più o meno innaturale fra noi e gli altri. Oggi invece le tecnologie sono necessarie abbiamo imparato che senza non possiamo lavorare, vederci, sentirci. Non non c’è nulla di nuovo sotto il sole tranne che per il fatto che le tecnologie sono diventate all’improvviso indispensabili. Anche se non sempre ci restituiscono suoni e immagini non di qualità .  Il disagio della connessione sporca, della voce che traballa, dei microfoni che non funzionano sono sempre d’attualità . Il problema fra gli altri è la banda che non è veramente larga e non arriva dovunque. Siamo però inventivi e ci arrabattiamo, cerchiamo soluzioni e continuiamo la sessione. Siamo artigiani della tecnologica e inventiamo modi per sopperire alle dèfaillance del contesto per continuare a comunicare. È la voglia e la necessità della comunicazione a vincere.
L’Università  diventerà un unico grande campus a distanza?
A mio parere le telematiche hanno messo a punto una modalità di trasferimento del sapere attraverso il digitale che necessita di docenti preparati all’uso di specifici strumenti tecnologici sia per il loro uso tecnico che per la competenza necessaria di strategia comunicativa e formativa. Si rivolgono ad allievi che cercano quel tipo di insegnamento per motivi differenti, legati al lavoro, alla distanza e ad altro ancora. Obiettivo il raggiungimento del sapere e della laurea. Hanno aspettative precise anche didatticamente. Gli studenti che scelgono hanno un’idea di comunità e collettività diversa maggiormente legata alla condivisione dello spazio e del tempo fisico all’interno della quale disegnano percorsi comuni tra di loro per raggiungere l’obiettivo del sapere e della laurea anche in questo caso.  Posso immaginare un modello misto da parte delle Università tradizionali, per lo meno in una fase che potrebbe essere non breve, una sorta di ibridazione tra docenza a distanza e in presenza ma vedo improbabile un mondo con solo Università che trasferiscono la conoscenza attraverso processi unicamente telematici. Le due scelte e le due comunità hanno delle differenze che non potranno essere cancellate.
Informazione stravolta anche  dallo Tsumani pandemia?
Sto conducendo una ricerca nel modo della organizzazione della informazione, del giornalismo. Ho intervistato direttori, redattori, giornalisti, social media manager dei quotidiani, delle radio, delle televisioni, blogger e influencer: il modo di lavorare è cambiato un po’ per tutti. Il  Covid-19 ha trasformato le redazioni, al momento delle interviste al Corriere della Sera solo il 10% dei giornalisti lavora in redazione, a La Repubblica il 30%, a TPI ( testata on line) il 20%.
La nuova organizzazione produce differenze non solo di organizzazione del lavoro ma anche di scrittura e nel rapporto con gli utenti, lettori, telespettatori o fan. La ricerca che sto conducendo è ancora in corso ma già da quanto raccolto posso dire che in molti vorranno tornare alla situazione pre Covid-19. Il modello di redazione tradizionale è ancora un must e pochi vogliono rinunciarvi. Credo che per i quotidiani il pay wall potrà più che prima rappresentare una buona opportunità   per la sostenibilità , anche se non arriveremo ai numeri di accesso dei prodotti anglosassoni, non c’è mi pare nel nostro paese la cultura dell’approfondimento. L’informazione in rete deve essere gratuita e legata allo storytelling.
Donne e Covid19, ritorno al medioevo?
No, il punto è che non siamo mai andati troppo avanti. Sebbene contraria alle quote di genere, sappiamo che sono necessarie. Il mio auspicio è il coinvolgimento globale in una società che decide con uomini e donne in sintonia e sinergie. L’assenza di donne, oggi, nei luoghi che contano evoca scenari di un recente passato, sembra quasi un passo indietro. Dovremmo promuoverci maggiormente  l’una con l’altra facendo riferimento soprattutto alle competenze di ciascuna. L’unica promozione è questa:la competenza e sarebbe l’unica parola da usare indipendentemente dalla questione di genere. Ho ricoperto ruoli che normalmente in prevalenza vengono svolti da maschi ma non voglio sentirmi una quota, spero di avere e avere avuto la competenza necessaria per assolvere ai miei compiti. Detto questo la legge sulle quote di genere è ed è stata necessaria per promuovere le competenze e le presenze delle donne in organi di governo e professionali di imprese pubbliche o private che siano.