di FORTUNATO PINTO –

Il sapere abbandona la carta. Ma è veramente così? L’Enciclopedia Britannica ha fermato gli orologi dei suoi tipografi favorendo il lavoro dei cultori del terzo millennio. Dopo 244 anni il punto di riferimento per autori, studiosi (tra cui sempre meno studenti) e curiosi ha dato fine ad un’era. Da Gutenberg ad oggi, in più di cinquecento anni, la società come l’economia e gli stessi individui sono cambiati. Il sapere è ancora potere ma indubbiamente è un potere allargato. Non troppo democratico però, pensiamo ai modelli freemium, le fondamenta dei modelli economici della Rete: tutti hanno accesso ad una grandissima quantità di dati ma pochi, chi è “ricco” in termini di reddito e di cultura,  ha accesso al sapere superiore, eccelso. L’Enciclopedia Britannica ha sposato il freemium, la vendita del cartaceo, come è evidente dagli ultimi dati del 2011 (8 mila i volumi stampati, di cui 4 non venduti), non era più un fonte di guadagno. I settanta euro annui richiesti agli abbonati online invece hanno portato un traffico di 450 milioni di visitatori l’anno. Il sapere resta ma si sposta, perché le abitudini degli individui non sono più le stesse. I supporti digitali sollevano dal peso sia fisico che ambientale.

La vita dell’Enciclopedia Britannica è un ottimo esempio di un industria: l’industria culturale. Nata tra il XVIII e il XIX secolo per un pubblico d’élite si è rivolta nel corso del Novecento ad un pubblico sempre più vasto, nel secolo della massificazione appunto. Negli anni duemila la “lotta” con Wikipedia ha imposto nuovi paradigmi, quelli del Web, e come gli altri media è conversa nella Rete. E’ indubbia la polemica sul valore dei contenuti dell’Enciclopedia fin oggi stampata rispetto a quella alimentata e sostenuta potenzialmente da tutti gli utenti della Rete. Se è pur vero che il margine di errore nella seconda è più basso della prima grazie al lavoro degli utenti che costantemente modificano e migliorano i contenuti, il valore e la reputazione che ha acquistato negli anni la Britannica l’ha resa la fonte consolidata da cui attingere per la produzione del bagaglio culturale comune.

La Britannica certamente non è stata e non è l’unica Enciclopedia considerata emblema della conoscenza “stampata”, altri due esempi europei sono la Treccani nostrana e la Universalis, la più dotta e prestigiosa Enciclopedia francese. La dichiarazione del Presidente della Treccani, Franco Tatò  al Messaggero è un chiara illustrazione del mercato del Sapere sulla carta stampata che diventa sempre più un mercato di nicchia ma che, come è pratica dei nostri tempi, va alimentato perché crea profitto. “Pensare che il cartaceo cresca è una stupidaggine; che sia destinato a scomparire, o quando, anche. E molte cose sono migliori sulla carta, le riproduzioni d’arte ad esempio. Siamo fortunati, perché la nostra epoca consente un’ampia scelta di mezzi” ha dichiarato Tatò.  Anche l’Universalis come la Treccani continua ancora oggi la produzione della sua versione stampata. L’Enciclopedia francese però solo dal 2002 ha ripreso la realizzazione dei volumi in carta, notizia riportata da Media Duemila nello stesso anno. Grazie a Beppe Annoscia è stato intrapreso un percorso controcorrente per ridare valore ad un prodotto venduto esclusivamente in Francia in forma digitale con CD-Rom e DVD che necessitava di riacquistare la reputazione forgiata nel tempo grazie alle penne autorevoli che hanno contribuito alla creazione dell’Encyclopaedia d’oltralpe.

Se dunque la tendenza per il resto del mondo è quello di preservare il sapere su carta, come tra l’altro avviene anche con Wikipedia dove nell’estate del 2011 è stato introdotto uno strumento per stampare volumi on demand, la Britannica ha risposto all’esigenze dei nuovi individui, gli always-on, che utilizzano la Rete in ogni momento e che non hanno tempo per sfogliare un libro. Un cambiamento radicale che impone a tutti, editori e autori in primis, una riflessione sul valore attribuito alla carta non tanto dai produttori ma dai fruitori del mezzo, valore inteso come significato intrinseco al medium che comunica oltre la sua essenza, tramite un metalinguaggio fatto di codici culturali e sociali.

La trasposizione dei lemmi sull’online associata o meno alla versione stampata non è un semplice “copia e incolla”, sul Web come per il libro esistono modalità di scrittura e formattazione specifiche per il mezzo. La Britannica come le altre enciclopedie nate al di fuori della Rete continuano ad avere una struttura legata al libro, su Wikipedia invece la consultazione è esempio pratico del ipertesto: contenuto multimediale e iper-collegato. Per la Britannica,  come per le future enciclopedie solo online, sarà fondamentale rivedere i propri “schemi” abbandonando non soltanto il mezzo ma anche la struttura cognitiva formatasi nel 1455 con i caratteri mobili di Gutenberg.

Alcune curiosità in forma di infografica dell’Enciclopedia Britannica.

Fortunato Pinto
media2000@tin.it

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