Ringrazio la rappresentanza della Commissione Europea di Roma per avermi coinvolto in qualità di direttore scientifico dell’Osservatorio TuttiMedia, nel panel “Libertà dei media in Europa: Tuteliamo un diritto fondamentale”, evento che si è svolto durante il Festival Internazionale del Giornalismo a Perugia.
Le storie di chi perde la vita per raccontarci il mondo mi toccano personalmente, penso a Daphne Caruana Galizia, a Giancarlo Siani, che mi è vicino per varie ragioni e che Pina Picerno, vice presidente del Parlamento europeo, ha ricordato per introdurre il lavoro che l’Istituzione europea sta facendo per sostenere la libertà di stampa ed il lavoro dei giornalisti in questo momento di crisi.
Sono d’accordo con lei, abbiamo bisogno di tutele per giornalisti forti perché il mondo attuale è più caotico che mai. Le persone perdono, ancora, la vita per un racconto, e questo succede perché siamo diventati troppo tolleranti e dunque ben vengano le regole che l’Europa vuole dare con L’European Freedom Media Act e l’Anti -SLAPP (la querela temeraria che imbavaglia).
Vengo al punto, nell’era di ChatGPT siamo immersi nella crisi del significato e della conoscenza. Tutte le tecnologie che sono a disposizione e cercano di sostituirsi a noi nel prendere decisioni fanno sì che il pensiero esce dal cervello: l’immateriale migra dal corpo fisico al corpo meccanico e crea caos. La decisione centralizzata non aiuta la democrazia, la guerra in Ucraina è un esempio. Conosco studenti e giornalisti che lasciano scrivere compiti e storie dal cervellone, certo risparmiano molto tempo, ma se lasciamo che il processo decisionale passi all’algoritmo perdiamo il potere sul linguaggio.
Non sono qui per demonizzare l’innovazione, che corre comunque, ma per sottolineare che la transizione ci porta verso un mondo fenomenale che però deve essere gestito ed organizzato come del resto sta facendo l’Europa, patria dei diritti.
Volevo iniziare il mio intervento con la storia di due foto perché, fra molte discussioni e polemiche, la fotografia viene inconsciamente considerata quale garanzia di veridicità, infatti è anche usata nella medicina per verificare la condizione di salute di una persona.
Quando ho letto che Boris Eldagsen, fotografo e artista, ha rifiutato il Sony World Photography Awards, uno dei premi di fotografia più prestigiosi, promosso dalla World Photography Organization, perché aveva presentato un’opera generata dall’Intelligenza Artificiale, ho definitivamente capito che la mia teoria sulla crisi epistemologica in atto, che significa crisi dei valori di tutta la nostra storia, non è più teoria ma è diventata realtà. E poi ho letto che Evgeniy Maloletka (associated press) ha vinto World Press Photo per l’immagine che ritraeva la gestante Irina Kalinina sulla barella che proteggeva con la mano il pancione con il suo bambino: entrambi sono morti.
La prima immagine è irreale, l’ha creta un’intelligenza artificiale, la seconda è reale, ma fu dichiarata fake dal governo russo che negò il bombardamento dell’ospedale dove si trovava Irina.
Anche la fotografia non è più garanzia di realtà e allora ritorniamo al linguaggio, il primo software algoritmico dell’uomo, bisogna tutelarlo e bisogna tutelare chi lo deve usare sapientemente come i giornalisti.