Lettera aperta di Paolo Lutteri – 16 febbraio 2023
Caro Pietro, amico mio,
tu sei un bravo medico e ne sai molto del corpo umano e della mente, intelligente o malata. Col tuo aiuto vorrei giocare a costruire un automa.
Se trascuriamo le interpretazioni soprannaturali, il materiale umano è fatto di cellule biologiche, neuroni, molecole minerali, relazioni chimiche, genomi. Da aggiungere elementi di gravità, forze elettromagnetiche, altre energie quantiche più difficili da controllare. Adesso prendiamo un esoscheletro, farciamolo ordinatamente di chip, fili, transistor, valvole, calamite, batterie, hardware e software digitali, al top della tecnologia disponibile. Mettiamoci qualche centinaio di App, un collegamento con la rete web e un buon antivirus. Niente malattie, salvo l’usura dei materiali. Il nostro robot potrebbe essere autonomo, agganciato con la sua intelligenza artificiale ai big data del mondo, anche se magari non ha forma umana esplicita. Risponde ad ogni domanda, scrive rapporti, guida gli interventi, risolve ogni problema, anche etico ed estetico. Il giusto e il bello, secondo la macchina, essendo sovrastrutture culturali, dipendono dalla diffusione delle opinioni: frequenza, permanenza, media, moda, mediana; statistica e calcolo delle probabilità. Il razzismo, la discriminazione di genere, l’omicidio e l’evasione fiscale potrebbero essere moralmente accettabili, o addirittura tutelati come canoni di minoranze. La bellezza artistica sarà aggiudicata sui valori commerciali di un’opera; in musica vincerà probabilmente il volume di traffico delle audience.
Ahi ahi. Se ci scappasse di mano il controllo del nostro automa ci ritroveremmo subordinati ai ‘like’ organizzati da un influencer di Tiktok o di Instagram o dagli algoritmi della segreteria cibernetica di un partito politico o di un provider suprematista. L’intelligenza artificiale dell’automa, Grande Sorella, distribuisce oracoli in base agli algoritmi che trova sul mercato. Addio emozioni e sapori, brividi del dubbio, tuffi al cuore, adrenaline delle beatitudini. Addio poesia, ironia, letteratura e allusioni con le battute in sospeso che finiscono con tre puntini o con un punto esclamativo. Addio meraviglie del cielo stellato, quelle che piacevano a Immanuel Kant.
Pietro, noi non costruiremo mai una macchina con un cervello così stupido. Chiamiamolo bagaglio digitale, biblioteca storica, ma non intelligenza. In realtà quel che ci servirebbe per la nostra civiltà è solo un contenitore di informazioni quanto più largo possibile, ben dotato, veloce calcolatore, poliglotta, erudito, multitasking. Ma l’intelligenza ce la teniamo noi, con tutta la nostra fragilità umana, usando la dialettica, sviluppando consapevolezza e collaborazione sociale, aiutando chi più ha bisogno, come fai tu.
La nostra coscienza immateriale, frutto di una catena di eventi genetici e formativi e di un percorso filosofico lungo, sfaccettato e incompiuto, con tanti punti interrogativi ma anche con qualche esclamativo di stupore e di gioia, non è un algoritmo riproducibile. Il gioco è finito, non costruiremo un robot così e staremo attenti e critici verso chi lavora su questo argomento.
Chi si occupa seriamente di comunicazione stia attento a non farsi strumento inconsapevole di opinioni eterodirette. Le innovazioni tecnologiche sono formidabili, ma non completamente affidabili. Gli oracoli non esistono, l’intelligenza bisogna verificarsela momento per momento. I consigli puoi pescarli in una memoria di dati, non di valori.
Spero che tu, psichiatra, mi dica che non ho un cervello regressivo o attorcigliato, ma ancora autocapacitante.
Ciao Pietro, un abbraccio
Paolo