Lettera aperta di Paolo Lutteri –30 marzo 2023
Caro Riccardo, amico mio,
mi rivolgo a te, che sei artista e professore, eclettico conoscitore della natura e specialmente … delle api! Vuol dire che apprezzi l’estetica, l’educazione e il lavoro sociale. Adesso noi viviamo abbastanza tranquilli, ma intorno a noi guerre, migrazioni, inquinamenti, disagi etici minacciano un futuro difficile. Qui in città le bellezze artistiche sono trattate benino, perché sono prodotti commerciali, da sfruttare turisticamente. Ma in generale la manutenzione delle cose antiche è scarsa e la creatività di quelle moderne è spesso trash. Anche la bellezza della natura in città è mal tenuta. Pare che a Milano non sappiamo dove piantare gli alberi pagati dal PNRR. A Roma sotto gli alberi in fiore ci possiamo trovare immondizia e ungulati. Pittoresco, forse, ma non affascinante. Le api: soffrono per l’inquinamento, resistono nei cartoons per bambini, per fortuna.
E quindi ho due domande per te.
Prima domanda: l’arte e la bellezza che ruolo hanno in questa civiltà? Possono sostenerla? Non mi illudo che ‘mettere fiori nei cannoni’ possa risolvere le contese, eppure se ci fosse un po’ di buon gusto e buon senso nella testa dei leader del mondo forse se ne gioverebbe anche la diplomazia, al posto delle bombe. Se poi il senso della bellezza si applicasse alla manutenzione di opere d’arte e a esperienze estetiche virtuose, forse staremmo tutti meglio. Senza arte, musei e biblioteche, si brucia la storia. Senza architetti, pittori, musicisti e ‘artieri’, che società sarebbe? I politici dovrebbero avere un pizzico di sensibilità ‘artistica’.
Seconda domanda: nel mondo delle api stupisce il loro linguaggio danzante, l’operosità, la collaborazione, la simmetria e la precisione del loro lavoro. Ci danno esempio di inclusione, condivisione di obiettivi, organizzazione e comportamenti utili alla produzione e alla sopravvivenza. Non voglio esagerare perché ovviamente l’intelligenza animale non raggiunge valori di democrazia e di responsabilità civile, eppure un po’ di coscienza e consapevolezza anche in biologia esiste in modo spontaneo. La gerarchia in un alveare è una forma di comunità primitiva: uniforme e talvolta feroce, non è da imitare ciecamente. Ma è possibile che tra noi umani biologicamente evoluti non riusciamo a trovare schemi di accordo e progetti comuni?
Dagli artisti e dalle api anche il mondo dei media e dei social ha qualcosa da imparare. Che ne dici?
Un abbraccio
Paolo