antiviolenza donne

Nella violenza di genere la percentuale del sommerso è ancora alta, molte donne non parlano con nessuno della loro situazione e le non denunce da parte del partner sono circa il 28,1% mentre quelle che subiscono violenza da parte di non partner sono circa il 25,5%. Sono ancora poche le donne che si rivolgono ad un centro antiviolenza o ai servizi sociali, forze dell’ordine, sportelli d’ascolto.

Per questo motivo le politiche di sensibilizzazione sono fondamentali per diffondere il messaggio, parlare della violenza subita ed entrare in contatto con le istituzioni e i servizi dedicati costituiscono l’unica strada percorribile per poter uscire da quest’incubo.

Una donna che sta facendo molto in tal senso è la Criminologa forense Maria Pia Turiello, socia fondatrice e Presidente dell’AssociazioneAISPAC (associazione italiana studio prevenzione analisi crimini), con cui ha attivato due Sportelli d’Ascolto per le vittime di violenza; consulentedel Centro di Consulenze per la Mediazione familiare-sostegno alla genitorialità; criminologa volontariaper il Garante dei Detenuti presso la Casa Circondariale di Velletri; formatrice in corsiper le Forze dell’ordine e gli Avvocati, docenteper diverse università.

In occasione del progetto “Donna è Innovazione”, Maria Pia ha rilasciato un’intervista riguardante ciò che attivamente e concretamente sta portando avanti da anni per sostenere queste “vittime silenziose” di violenza di genere.

Dopo gli studi giuridici si è specializzata in criminologia, cosa l’ha portata a scegliere questo settore?

Già nel primo percorso di studi avevo scelto esami quali criminologia e medicina legale, ho sempre cercato di capire e di studiare cosa spingesse l’uomo a determinati comportamenti. Ho focalizzato lo studio sul fenomeno della violenza di genere seguendo corsi per acquisire competenze. Il fenomeno della violenza di genere va studiato culturalmente e affrontato attraverso la formazione e l’informazione. Sentivo di dover provare ad aiutare le vittime ad essere ascoltate e guidate nel percorso di fuoriuscita dalla violenza.

Lei è socia fondatrice e presidente dell’associazione italiana studio prevenzione analisi crimini (AISPAC), con essa avete aperto due sportelli d’ascolto per le vittime di violenza..

Riprendendo il discorso fatto precedentemente, mi sono resa conto che per poter aiutare le vittime silenziose dovevo aprire degli sportelli d’ascolto, era l’unico modo per poter entrare in contatto con loro e dare un aiuto concreto. L’associazione mi è servita anche per organizzare tavoli di lavoro con le Istituzioni, le forze dell’ordine, gli avvocati e tutti gli operatori che si trovano a gestire situazioni di violenza per parlare realmente del fenomeno violenza. Ho stipulato un protocollo d’intesa con le Istituzioni per creare una rete di aiuto concreto. la violenza contro le donne ha le radici nella cultura maschilista ormai secolarizzata che porta a privilegiare la struttura patriarcale, a legittimare la violenza dell’uomo sulla donna, e a sviluppare sindromi narcisistiche gravi, il ricorso alla violenza spesso è legato a un vissuto di impotenza nel gestire un conflitto, perché l’aggressore non si sente capace di utilizzare la comunicazione o altre forme e strategie per far valere il proprio punto di vista, quindi che fa…Ricorre a comportamenti che mirano a controllare la relazione e a intimorire e a svalorizzare l’altra persona con lo scopo di dominarla attraverso forme di manipolazione psicologica

Non dobbiamo mai stancarci di parlare con i ragazzi, e spiegare loro che l’amore non è possesso, l’amore è libertà, rispetto dell’altro.

Lei è anche consulente del Centro Consulenze per la Mediazione Familiare, a tal proposito, in che modo crede che la famiglia possa educare al fine di prevenire “discriminazioni di genere”?

 

Abbiamo bisogno di famiglie sane, in questo periodo più che mai. L’azione educativa dei genitori non può limitarsi solo a trasmettere corrette informazioni ma deve intervenire anche sugli affetti profondi che vengono trasmessi fin da quando il bambino è piccolo e che costituiscono la base sicura entro cui si creano relazioni sane, per rispondere alla sua domanda i genitori dovrebbero educare alla parità di genere, La famiglia è il luogo dove l’individuo cresce e si adatta a vivere nel sistema sociale ma può anche costituire luogo di grandi conflitti, naturalmente se il bambino cresce in una famiglia sana imparerà a rispettare gli altri, ad amarli. Se il bambino vive in una famiglia conflittuale sarà spettatore di violenza e lui stesso vittima di violenza assistita.

Nel centro lavoro come Mediatore nell’alta conflittualità, ritengo molto importante il ruolo delle mediazioni per aiutare le famiglie che hanno deciso di separarsi a raggiungere un accordo per tutelare i minori e non farli entrare nel gioco di potere degli adulti. Ho appena pubblicato un compendio di psicologia “ La mediazione come soluzione nelle separazioni conflittuali per la tutela dei minori”. Se non riusciamo a tutelare i minori saremo una società finita.

 

Le rilevazioni Istat riportano che il numero dei femminicidio non è diminuito rispetto allo scorso anno. Per di più le segnalazioni di maltrattamento femminile sono diminuite, le donne confinate nelle loro abitazioni causa covid, chiedono sempre meno aiuto. Crede che questo “senso di solitudine” favorisca i maltrattanti? In che modo si potrebbe intervenire a riguardo?

Conosciamo bene le varie e disastrose conseguenze della pandemia e nei casi di violenza di genere va sicuramente evidenziato che, in particolar modo nel primo lockdown, è venuta meno la rete di protezione sociale con significativa riduzione ai servizi che aiutavano le donne. Le misure di distanza sociale hanno portato le persone a rimanere a casa, e il confinamento non ha fatto altro che aumentare il rischio della violenza domestica, poiché i membri della famiglia sono rimasti molto tempo a casa in contatto fra di loro.  Lo stress economico e il potenziale rischio di perdere il lavoro hanno aumentato l’irritabilità e la rabbia sociale. In una casa in cui già non si viveva un’aria serena, con l’aggiunta di queste forti condizioni di stress, i conflitti interni sono inevitabilmente diventati più frequenti. Si sono ridotti, se non azzerati, i contatti con i membri della famiglia e gli amici che potevano aiutare le donne almeno per uno sfogo, un ascolto, queste restrizioni hanno aumentato il senso di solitudine. Il persecutore ha usato le restrizioni dovute al Covid-19 per esercitare un maggiore potere di controllo sul partner.

Sostengo che anche quando questo periodo passerà, con tutte le restrizioni che lo stanno

caratterizzando, la donna che ha vissuto le violenze descritte poc’anzi, ne uscirà inevitabilmente cambiata. Questi comportamenti, questo senso di perdizione ed abbandono tendono a radicarsi in una persona, per cui solo partendo da un’adeguata campagna socialepotremmo concretamente aiutarle a reagire. Questa campagna sociale e di sensibilizzazione che da un lato le rende consapevoli della loro condizione e le aiuti a reagire, dall’altro servirebbe a sensibilizzare i membri della famiglia e gli amici. Quasi sempre famigliari e amici sospettano gli abusi, ma non intervengono per non interferire con gli equilibri famigliari, o perché non sanno a chi rivolger

Lei è responsabile del progetto “Il ruolo della donna nel mondo”, recentemente presentato. Ci parli degli obiettivi di questo progetto.

Questo progetto come è stato definito da molti è un progetto nobile, un progetto che è nato pensando al punto 5 dell’agenda 2030  di “sviluppo sostenibile”: ”raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze” con il fine ultimo di promuovere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico e politico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione. Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo ‘sviluppo sostenibile’. L’ex presidente Usa, Barack Obama ha condiviso i suoi pensieri su donne e leadership durante un suo intervento all’Expo Convention Hall a Singapore dichiarando che, “senza ombra di dubbio, il mondo sarebbe un posto migliore se le donne fossero al comando: «Ci sarebbero meno guerre, i bambini sarebbero meglio curati e ci sarebbe un generale miglioramento degli standard di vita e dei risultati praticamente su tutto»”. sono la Responsabile del progetto e sto organizzando dei  tavoli tematici che serviranno a raccogliere dati per la ricerca, l’obiettivo è di comparare i dati italiani delle donne a parità di ruoli con le donne di altri paesi per porre fine ad ogni forma di discriminazione e rispondere a tutte le azioni elencate nell’obbiettivo 5 dell’agenda 2030. La ricerca, una volta conclusa, verrà pubblicata e consegnata attraverso l’università internazionale per la pace Onu alla casa madre e alle Nazioni Unite.

È stata invitata ed ascoltata all’audizione della Commissione giustizia alla Camera per esporre in materia di “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere”. Ci parli di cosa ha significato per lei poter rappresentare le donne in un contesto del genere.

Sono stata ascoltata in audizione sia alla Camera che al Senato, ero felice di poter dare un contributo ad una legge poi definita  “Il codice rosso” che stava prendendo vita, visto che mi occupavo di questa tematica in prima persona potevo dare un contributo reale partendo da quello che vivevo quotidianamente insieme alle vittime. Trattai alcuni articoli partendo dal disegno di legge 1200, feci alcune proposte: che la persona abusata sessualmente o vittima di reati di genere  doveva essere sentita con tutte le garanzie processuali nel contradditorio delle parti in forma tutelata e questa audizione deve essere unica così impedendo la vittimizzazione di secondo grado; chiesi la formazione oltre che per le forze di polizia anche dei magistrati e creare dei team multidisciplinari; che La pena per questi reati deve assolutamente essere rieducativa, altrimenti il rischio è di rimettere in circolo soggetti di nuovo pericolosi, se non di più, per le vittime o per altre vittime; che era Giustissimo stanziare dei fondi per risarcire i figli delle vittime di femminicidio; è stata una bellissima esperienza e spero di aver contribuito in qualche modo alla nascita del codice rosso.

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Luca Nesticò
Mi chiamo Luca Nesticò, ho 22 anni. Pratico da anni boxe e bodybuilding, sono la mia passione. Il resto del tempo lo passo sui libri, ad Ottobre mi sono laureato in Comunicazione Pubblica e d’impresa presso la Sapienza, percorso grazie al quale sono potuto entrare nell’area young di IAA. Attualmente sto frequentando il corso di laurea magistrale in Economia e Management, curricula in Marketing.