Ma cosa è il Metaverso e come lo si definisce universalmente?
Mi ha incuriosito il dibattito che è in corso partendo dalle riflessioni di Derrick de kerckhove che dice: “Non possiamo parlare di Metaverso ma di Metacity”. Il perché della filosofia dell’allievo di McLuhan è chiaro: “Se viviamo in tre spazi – dice – nessuno di questi può essere pubblico e privato allo stesso tempo. Perché l’essere umano vive uno spazio fisico che è pubblico, uno mentale che è privato e quello digitale che non ha una chiara connotazione, come il primo e il secondo”.
Quindi la metacity dovrebbe essere lo spazio digitale che simbolicamente si rapporta a quello fisico, ma che ha caratteristiche completamente diverse perché fondato su doppi virtuali che di fisico non hanno nulla.
Di reale c’è l’annuncio di Walmart che entra nel Metaverso sulla piattaforma di gioco online Roblox: lo annuncia sul sito la CNBC.
E questo è chiaro. Nel marzo scorso mi è capitato di leggere sul blog di Shelley Palmer una sua riflessione sul fatto che: “Mentre passiamo dall’era cenozoica (l’era dei mammiferi) all’era metazoica (l’era dei metaversi), va notato che la stragrande maggioranza delle persone intrappolate e dipendenti dai social media vive già in un Metaverso. Le piattaforme di social media non hanno nulla a che fare con la realtà; gli ambienti raffigurano mondi ambiziosi in cui ognuno è il meglio di sé. Nel Metaverso (meta: descrivere, verso: egoisticamente abbreviazione di universo), ognuno vive la propria vita ideale, visita posti meravigliosi, esce con persone incredibili e ha prove fotografiche per dimostrarlo. In un Metaverso, ogni evento è epico, quindi anche gli incidenti sono considerati eccezionali”.
Mi sono ricordata dell’articolo di Palmer leggendo il blog di Roberto Saracco Master degree in Metaverse che a sua volta commenta questo post di Palmer : “Sono al punto in cui rinuncerò a qualsiasi sforzo per arrivare ad una definizione universalmente accettata per la parola Metaverso. È diventata un ingrediente chiave dell’insalata delle parole”.
E Roberto Saracco sembra d’accordo infatti afferma che “In effetti, ci sono così tante versioni di ciò che è/potrebbe essere un Metaverso che, a meno che tu non chieda specificamente alla persona che ne parla cosa intende effettivamente, non si ottiene alcun significato (o in alternativa addirittura si potrebbe fraintendere sull’oggetto della discussione)”.
Detto ciò, Saracco riporta anche la notizia che l’Università di Nanchino ha deciso di istituire un Master in Metaverso e di cambiare il nome del suo dipartimento di Ingegneria dell’Informazione in Dipartimento di Ingegneria del Metaverso e che l’IEEE nel frattempo sta valutando di avviare un lavoro sugli standard del Metaverso. E conclude il suo posto: “Se è così bisognerà certamente prima definire la parola. Alla DRI, Digital Reality Initiative IEEE, abbiamo convenuto che il Metaverso è la convergenza dello spazio fisico e digitale che porta a una percezione unificata da parte di persone e aziende”.
Così ritorniamo anche all’inizio del mio percorso culturale con de Kerckhove che invita a riflettere sugli spazi che abbiamo a disposizione per vivere la nostra vita che rispetto a ieri sono effettivamente aumentati.