Screenshot

Il Centro per il pluralismo e la libertà dei media (Cmpf) ha diffuso in queste ore i dati del Media Pluralism Monitor, il progetto di ricerca che valuta lo stato di salute degli ecosistemi mediatici in Europa. L’iniziativa ha evidenziato le minacce al pluralismo e alla libertà dei media negli Stati membri dell’Unione europea.

Il Centro per il pluralismo e la libertà dei media (Cmpf) è un centro di ricerca e formazione che fornisce supporto conoscitivo alla politica internazionale, europea e nazionale ed è cofinanziato dall’Unione Europea. Il team del Cmpf ha preso in considerazioni quattro variabili principali: protezione, pluralità del mercato, indipendenza politica e inclusione sociale.

“Abbiamo osservato l’emergere di molte nuove sfide parallelamente alla trasformazione digitale. – ha detto Pier Luigi Parcu, direttore del Cmpf – Oggi più che mai c’è un disperato bisogno di sostenere il giornalismo e il pluralismo dei media. Siamo ansiosi di valutare gli effetti della legge europea sulla libertà dei media negli Stati membri e invitiamo i governi a impegnarsi a proteggere la libertà di stampa come pilastro della nostra democrazia”.

Lo studio comprende gli Stati membri dell’Unione Europea, nonché Albania, Montenegro, Repubblica di Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Previsti anche studi preliminari su Bosnia-Erzegovina, Moldavia e Ucraina. L’analisi dei risultati indica che il rischio medio per quest’area sta lentamente aumentando. Nell’ambito della protezione 14 paesi sono classificati come a basso rischio: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia, Svezia, Repubblica Ceca e Paesi Bassi.

17 paesi classificati come a rischio medio: Albania, Bulgaria, Croazia, Cipro,

Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Malta, Montenegro, Polonia, Romania,

Serbia, Slovenia, Spagna e Repubblica di Macedonia del Nord. Sei di loro si sono spostati

dalla fascia di rischio basso a quella media, vale a dire: Cipro, Francia, Italia, Lettonia,

Malta e la Repubblica della Macedonia del Nord. La Turchia ha ottenuto un punteggio ad alto rischio.

L’indicatore tutela della libertà di espressione è considerato a rischio medio (35%), prossimo al rischio basso. Alcune delle questioni principali rimangono irrisolte, come ad esempio la mancata depenalizzazione della diffamazione e la continua mancanza di trasparenza online e poi blocchi, rimozioni e filtraggio dei contenuti delle piattaforme. In tutti i Paesi analizzati, il quadro costituzionale garantisce la libertà di espressione. Tuttavia, nella pratica, questo diritto fondamentale non è sempre goduto liberamente.

 

Articolo precedenteEU: il numero di specialisti in TIC nell’UE sarà di circa 12 milioni nel 2030
Articolo successivoAI e motori di ricerca: come cambiano le ricerche dei consumatori e cosa devono fare i brand per farsi trovare
Francesco Ferrigno
Giornalista, esperto di comunicazione, copywriter. Laureato in Scienze della Comunicazione e successivamente specializzato in digital journalism e content marketing. Collabora con diversi quotidiani, portali web e agenzie di comunicazione, tra cui Media 2000, Antimafia 2000, iGv Network, Il Mattino.