Il Sud Africa è un Paese in corsa. Cerca una sempre maggiore autonomia energetica, prova a calmierare i prezzi, lavora tanto sull’efficienza energetica e applica le quote rosa senza che questo sia previsto per legge. Elizabeth Dipuo Peters, ministro dell’Energia, crede nelle potenzialità del suo Paese e, in proiezione, di tutta l’Africa. Un continente che ha tutto, ma proprio tutto, per vincere.
La crisi economica globale e la Primavera araba stanno completamente trasformando l’equilibrio geopolitico, soprattutto da un punto di vista energetico. Quali sono le sue previsioni a breve termine?
Alcuni degli eventi che attualmente constatiamo nella sfera geopolitica sono imprevedibili, e questo è incredibile. Benché imprevedibili, incidono quotidianamente sulle nostre vite, sulle nostre economie e sulla gestione dei nostri governi. Oggi riscontriamo che la cosiddetta Primavera araba incide sui modelli di produzione dell’energia, oltre che sui consumi energetici. Mi sento quindi di dire che viviamo tempi veramente imprevedibili.
Il Sudafrica importa il 29,4 percento del proprio petrolio dall’Iran. A causa delle sanzioni in vigore avete dovuto pianificare soluzioni alternative. Dove cercherete il greggio di cui avete bisogno?
Le iniziative del Sudafrica volte a incrementare la disponibilità di greggio, o le importazioni di greggio, non hanno avuto inizio a causa delle sanzioni. Stiamo alacremente programmando la costruzione di una raffineria, che sia di proprietà e gestita dalla società statale PetroSA. Naturalmente dovremo procurarci il greggio per questa particolare raffineria. Vorrei sottolineare che le sanzioni sono state emanate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, non dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, di cui il Sudafrica è membro. Ciò che stiamo alacremente facendo, come Paese, è valutare gli effetti (sia che si tratti della riduzione di greggio o della chiusura dello Stretto di Hormuz o di qualsiasi altro evento che possa accadere nello spazio geopolitico globale), così da riuscire a disporre delle risorse necessarie. Naturalmente i produttori stanno diversificando i propri mercati, così come i consumatori stanno diversificando le proprie aree di fornitura. Siamo pertanto impegnati con numerosi paesi, tra cui anche l’Iran, che permane in gara, o almeno per lo scenario sudafricano. La decisione di ridurre il greggio iraniano non è una decisione del Sudafrica, bensì una decisione societaria, poiché le raffinerie in Sudafrica sono di proprietà privata, ossia detenute da multinazionali quali BP, Shell, Petronas e altre. È pertanto in quest’ottica che affermiamo che “dobbiamo essere in grado di garantire la sicurezza delle forniture in Sudafrica”.
In pratica, si tratta di garantire al vostro Paese l’accesso all’energia.
È fondamentale, in quest’anno così importante, che l’Organizzazione delle Nazioni Unite abbia dichiarato l’anno dell’“Accesso universale” e che noi non siamo inadeguati in termini di accesso. In quanto paese in via di sviluppo, la mancanza di accesso ai carburanti o all’energia rappresenta un grave deterrente per lo sviluppo. Capire questo è fondamentale tanto per voi quanto per noi. Ciò che permea le decisioni del Sudafrica non è se gli Stati Uniti o l’Unione Europea abbiano emanato sanzioni in proposito, ma piuttosto quanto sia nel migliore interesse degli abitanti del Sudafrica. Abbiamo attirato l’attenzione di molti paesi, tra cui anche gli Stati Uniti, per allertarli del fatto che, vista la natura a lungo termine dei contratti che questa società ha stipulato con l’Iran, vi sono gravi implicazioni finanziarie. In aggiunta, la sfida è rappresentata (ora che il settore finanziario si trova a dover fronteggiare sfide provocate da negoziazioni denominate in dollari) dal fatto che anche il settore delle spedizioni e quello assicurativo sono parimenti interessati. Noi, in quanto governo del Sudafrica, guidato dal Presidente Zuma, disponiamo di un comitato che sta esaminando un approccio pluriramificato multilaterale (così come lo abbiamo definito) per comprendere come riusciremo a progredire nei prossimi venti anni (per garantire la sicurezza delle forniture). Comprendiamo la volatilità del prezzo del petrolio e il rispettivo effetto e ci troviamo a dover fronteggiare sfide dovute all’effetto delle sanzioni. Dobbiamo pertanto individuare un piano ed esso comprende gli Stati Uniti, i paesi dell’Unione Europea, l’Iran e molti altri paesi (tra cui i paesi madre delle compagnie petrolifere che operano in Sudafrica).
Per quanto concerne il prezzo del petrolio, i recenti aumenti hanno provocato tensioni in Medio Oriente. A suo parere, quale ritiene sia il prezzo equo per il petrolio?
È molto difficile dire quale sia un prezzo “equo”. Se torniamo con il pensiero al prezzo di 10 dollari al barile, quei tempi sono ormai andati. Ciò che dobbiamo fare è essere sensibili alle sfide che Paesi come i nostri, che sono consumatori e hanno economie incentrate sull’energia, si trovano a dover fronteggiare. È inoltre fondamentale che i Paesi dedichino risorse all’esplorazione: è per questa ragione che è necessario disporre di una mappa affidabile e quantificabile delle risorse (dalla quale si evidenzia ciò che è disponibile nel proprio Paese e ciò che proviene dai paesi confinanti). Il Sudafrica ha Paesi confinanti che dispongono di gas e che hanno le potenzialità per estrarre petrolio. Anche noi del resto abbiamo condotto esplorazioni sulle nostre coste per individuare giacimenti di petrolio e di gas. Disponiamo di indicatori che suggeriscono la presenza di gas. Il Sudafrica sta tentando di smorzare l’effetto dei prezzi. Siamo inoltre convinti che sia necessario guardare a tecnologie quali CCS (Carbon Capture and Storage), Underground Coal Gasification e a tecnologie pulite per il carbone. Per noi significa continuare a utilizzare le tecnologie di cui disponiamo per la liquefazione del carbone. Siamo convinti che nell’ambito delle nostre risorse, abbiamo grandi potenzialità per la liquefazione del carbone: dobbiamo semplicemente svilupparle, così da poter produrre il quantitativo di barili al giorno necessario per i consumi sudafricani. Stiamo inoltre valutando la possibilità di ampliare in modo massiccio i nostri giacimenti di gas, settore questo in cui vantiamo grandi potenzialità. Valutiamo inoltre la possibilità di ampliare le nostre potenzialità nel segmento della liquefazione del gas, così da aumentarne la produzione. Nel suo discorso intitolato Stato della Nazione, il Presidente esorta a gestire bene e a considerare in modo adeguato i prezzi dell’energia. Se questi prezzi continueranno a salire, un paese in via di sviluppo come il Sudafrica si troverà a dover fronteggiare gravi sfide, con effetti sui servizi e sulle materie prime, dal momento che dovremo garantire che le nostre industrie possano crescere. Nell’ambito del nostro piano di azione sulla politica industriale abbiamo inoltre affrontato le sfide che abbiamo innanzi a noi con riferimento ai prezzi amministrati (come quelli del petrolio e dell’energia in generale). È importante anche la questione della costruzione delle infrastrutture necessarie a livello locale in Sudafrica. Ci stiamo occupando di tutte queste tematiche. Comprendiamo tuttavia che gli effetti dei prezzi non sono determinati dal Sudafrica: coloro che consumano di più sono quelli che devono considerare il loro effetto sulla determinazione dei prezzi. Consumano di più e spingono al rialzo i prezzi. L’efficienza energetica è il primo passo verso forniture energetiche sostenibili.
La sostenibilità è un processo particolarmente importante per l’Africa, poiché significa accesso all’energia per tutti. Come conseguite quest’ultimo obiettivo e cosa sta facendo l’Africa in questa direzione?
Come Sudafrica, ciò che stiamo facendo per affrontare la questione della povertà di energia è lavorare per l’implementazione del programma intitolato Integrated National Electrification Programme, che ci offre la possibilità di portare l’elettricità alle famiglie, soprattutto nelle aree rurali. La sfida che ci troviamo a fronteggiare è che il 25 percento della popolazione in Sudafrica non ha accesso alle fonti energetiche, in particolare nelle aree rurali. La mancanza di accesso alle fonti energetiche incide sulle vite delle donne. È per questa ragione che un approccio integrato è così importante. Dal momento che il 2012 è stato dichiarato l’anno dell’accesso universale, in Sudafrica abbiamo dichiarato marzo il “Mese dell’energia”. Il 15 e il 16 marzo si è tenuto il National Electrification Summit, durante il quale abbiamo coinvolto il settore privato e i governi locali sul tema dell’accelerazione del processo. Per quanto riguarda il settore delle fonti energetiche liquide abbiamo costituito gli Integrated Energy Centres, ossia centri completi e integrati per la fornitura di energia nelle aree più rurali del paese (dove le persone possono viaggiare per miglia senza avere accesso ad alcun tipo di combustibile). Parzialmente finanziati dalle compagnie petrolifere, questi centri fungono da centri di informazione, offrono risorse quale materiale da biblioteca e computer, il tutto in situ. Non sono pertanto concentrati solo sull’energia e sui combustibili. Si fondano su un approccio completo; sono stati concepiti sia come punti di servizio che come punti di accesso all’energia.
E per quanto riguarda il programma di elettrificazione?
Colleghiamo 180.000 unità l’anno e negli ultimi due anni siamo in effetti riusciti a superare gli obiettivi di servizio. Siamo stati in grado di collegare 210.000 unità. Colleghiamo 10.000 unità ai sistemi solari domestici e lo facciamo in aree in cui l’elettrificazione non è semplicemente possibile in un prossimo futuro, ossia per persone che sono molto distanti dalla rete, ma che riteniamo necessitino di una fornitura di energia sostenibile. L’energia rinnovabile è stata fondamentale nel conseguimento di questo obiettivo. Costruiamo due sub-stazioni l’anno al fine di aumentare la copertura di accesso alla rete. A questo proposito, ci concentriamo sia su aree prossime alla rete che su aree distanti dalla stessa. Siamo inoltre impegnati nella costruzione di una raffineria così da creare una maggiore fornitura di combustibile liquido per il paese. Abbiamo diversificato la politica energetica, affermando che dobbiamo usare il gas GPL per cucinare e per il riscaldamento domestico e constatiamo un aumento della domanda (le persone hanno convertito i loro impianti elettrici passando al GPL). Questa soluzione ha implicazioni sull’efficienza energetica, poiché rende le persone più efficienti e persino le industrie. Siamo convinti che entro il 2014 saremo riusciti a installare 1 milione di impianti solari per il riscaldamento dell’acqua. Il ministro delle finanze ha messo a disposizione degli impianti solari per il riscaldamento dell’acqua altri 4 miliardi di rand (valuta ufficiale del Sudafrica, ndr), il che rappresenta una grande opportunità per il Sudafrica. Nelle aree rurali, negli insediamenti più remoti e nelle famiglie a basso reddito, le donne erano abituate a non aver tempo da dedicare a sé stesse, ma ora hanno accesso all’acqua calda direttamente dal rubinetto. Qualcosa di nuovo per loro: erano abituate a usare la biomassa e la legna per riscaldare l’acqua, il che significava dedicare più tempo alle faccende domestiche anziché dedicarsi a sé stesse e migliorare la loro condizione socio-economica. Molte donne hanno ora avviato attività proprie grazie all’elettricità, il che era qualcosa di impensabile solo qualche tempo fa. Stiamo ora analizzando la possibilità di risparmiare energia nei segmenti del riscaldamento dell’acqua e per altri servizi alla famiglia, convertendo gli impianti esistenti all’energia solare, in modo tale che l’elettricità possa essere utilizzata per altri elettrodomestici, quali bollitori, ferri da stiro e frigoriferi. Nelle piccole città, stiamo tentando di eliminare l’uso di sorgenti luminose inefficienti. Ci siamo fissati l’obiettivo di rimuovere tutti i bulbi inefficienti in Sudafrica, impegnandoci ufficialmente in questo senso durante i meeting COP17 tenutisi lo scorso dicembre.
Il pianeta – non solo dunque le economie emergenti ma anche le potenze – ha difficoltà a perseguire l’efficienza. In Sud Africa?
Abbiamo un campagna sull’efficienza energetica intitolata “49M” congiuntamente con l’azienda di servizio pubblico Eskom: la campagna cerca di rendere le persone consapevoli dell’esigenza di risparmiare elettricità. Analogamente, stiamo portando avanti programmi di risparmio energetico con controparti industriali, concepiti per incoraggiare le aziende e le attività commerciali a risparmiare almeno dal 10 al 15 percento; questo requisito può essere compensato per mezzo di servizi offerti alla comunità (quali impianti solari per il riscaldamento dell’acqua e lampade compatte fluorescenti). Consumi ridotti a livello comunitario si traducono in maggiore energia disponibile per le attività industriali e commerciali. Abbiamo constatato un sostegno massiccio a questa iniziativa, dal momento che le società così come i singoli individui in Sudafrica sono convinti che lavorando insieme si possa fare molto di più. Dobbiamo lavorare insieme per mantenere alta l’attenzione, far funzionare gli ingranaggi e creare i posti di lavoro necessari. Il Presidente Zuma ha dichiarato il 2012 l’anno della creazione di posti di lavoro e dello sviluppo delle infrastrutture. Ha costituito la cosiddetta PIC (Presidential Infrastructure Commission), che si occupa di tutti gli sviluppi legati alle infrastrutture, ivi compresi i combustibili fossili e l’energia. La Commissione associa questi temi alla creazione di posti di lavoro. Abbiamo inoltre siglato un accordo di green economy, che coinvolge la società civile, il mercato del lavoro, le aziende e il governo. Sulla base dell’accordo ci sforziamo di passare a un’energia più pulita ed ecocompatibile, osservando una “traiettoria” di green economy (una traiettoria a basse emissioni di carbonio). Abbiamo inoltre siglato un accordo di localizzazione, relativo a come associare l’energia ecocompatibile alla creazione di posti di lavoro, e ciò coinvolge gli aspetti della produzione, dell’assemblaggio e dell’installazione delle tecnologie ecocompatibili. C’è anche l’iniziativa SAREI (South African Renewable Energy Initiative), per la quale siamo riusciti a procurarci il sostegno della Norvegia, della Danimarca, della Germania e del Regno Unito (della Germania attraverso la European Investment Bank). Ciò di cui abbiamo bisogno è un maggior numero di partner, così da massificare le energie rinnovabili. Siamo impegnati nel completare uno studio di fattibilità, mediante l’iniziativa Clinton Clean Climate (una ONG con sede negli Stati Uniti che sta portando avanti questo studio per noi), relativo all’implementazione di 5 MW di energia solare. Siamo convinti che ciò dimostrerà, in un arco temporale compreso tra i prossimi 5 e 10 anni, che possiamo sviluppare parchi industriali a sola energia solare.
Questo per quanto riguarda il Sudafrica. Ritiene tuttavia possibile un futuro sostenibile per l’Africa intera? E quanto dovremo attendere perché ciò accada?
La cosa interessante dell’Africa è che dispone di uranio che, se sfruttato adeguatamente, può produrre il concentrato di uranio, ossia il combustibile necessario per le centrali nucleari. L’Africa vanta dighe imponenti, oltre che fiumi e laghi imponenti per la produzione di energia idroelettrica. L’Africa dispone di vento e sole, di petrolio e gas. Anziché trasformare queste risorse in una maledizione, per una volta lasciamo che esse divengano una benedizione. I minerali come i diamanti e l’oro sono stati visti come una maledizione, perché non ne abbiamo riconosciuto i benefici. Siamo convinti che quando si tratta di energia, i minerali rappresentano un’opportunità; dovremmo lavorare insieme a vantaggio delle generazioni future. La mappa delle risorse del continente africano deve tradursi in un piano di risorse integrato e continentale; ciò ci consentirà di cambiare il quadro del mondo in una notte (passando da continente nero a un continente ricco di vita, speranza e di un futuro per le generazioni a venire). Sappiamo quali sono le risorse di cui disponiamo, ciò di cui abbiamo ora bisogno è supporto finanziario e tecnologico. Inoltre, l’ambito normativo a livello continentale crea, grazie a diversi programmi quali NEPAD e il Pedal Programme guidato dall’Unione Europea, sistemi normativi che consentono agli investitori di trarre utili dai loro investimenti. Non chiediamo la carità, chiediamo un impegno tecnologico con un giusto rapporto costi/benefici e che gli investitori facciano affluire le loro risorse.
Sono pochissime le donne al timone del settore energetico. Quali sono le ragioni? Ritiene che in un prossimo futuro potremo vedere più donne alla guida di questo settore?
Questo è un aspetto interessante. Negli Stati Uniti il Segretario Steven Chu ha lanciato un Forum, nel 2010. Lo scorso anno eravamo negli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi. Quest’anno parteciperemo al Forum che si terrà nel Regno Unito. La cosa interessante del cosiddetto Clean Energy Ministerial è l’attenzione che dedica a fornire istruzione e potere alle donne nell’ambito delle energie pulite (anche definita clean energy education and empowerment for women, C3E). Io sono l’ambasciatrice del C3E per l’Africa. Vogliamo che le donne studino temi correlati all’energia, che abbiano potere economico, oltre che nel settore energetico. Ci sono donne che operano nell’“energia”, ma non sono abbastanza. Da un punto di vista africano, sono molto orgogliosa di essere l’ambasciatrice del C3E. Io sono una donna, il viceministro è una donna, il direttore generale è una donna, l’amministratore delegato dell’autorità di regolamentazione è una donna. Inoltre, a marzo, PetroSA ha nominato il primo Amministratore delegato donna del Sudafrica alla guida di una compagnia petrolifera. E ciò è incoraggiante. Abbiamo inoltre un programma intitolato techno-girl, volto a incoraggiare le ragazze a studiare e compiere ricerche in ambito STEM (ossia, scienza, tecnologia, ingegneria e matematica); è in questo modo che si costruisce una passione per l’“energia”. Inoltre, l’accesso migliora le vite delle donne. Quando le donne hanno accesso, sviluppano una domanda di elettrodomestici e altri dispositivi che rendono piacevole l’accesso all’energia. Ciò significa che gli elettrodomestici a risparmio energetico diverranno sempre più disponibili: le donne saranno consapevoli dell’uso che fanno dell’energia. Se acquistano un’auto, ad esempio, si indirizzeranno verso un’auto che riduca i consumi di carburante. Detta così, diamo vita alla Terra, sosteniamo quella vita, e riusciamo anche a sostenerla con la “poca” tecnologia di cui disponiamo che rende la notte più produttiva, ad esempio, con le lampade a bulbo e l’elettricità. Anziché andare a dormire, usciremo, lavoreremo, studieremo e faremo cose diverse. C’è spazio abbondante. Secondo un detto cinese, le donne detengono il 50 percento della Terra. Io dico: lasciamo che possano detenere il 50 percento della Terra e contribuirne allo sviluppo. Abbiamo bisogno di quel 50 percento. Il partito di maggioranza del Congresso Nazionale Africano del Sudafrica ha una politica, che il Governo è destinato a ratificare, che mira a costituire una rappresentanza del 50 percento delle donne a livello generale. Abbiamo semplicemente detto che per ciascuna piattaforma decisionale deve esserci una donna per ogni uomo: 50-50. Dio ha creato una donna e un uomo: perfino nel Giardino dell’Eden c’era uguaglianza. Pertanto deve esserci uguaglianza anche sulla Terra, e persino nel settore energetico. Quando parliamo di accesso sostenibile, è fondamentale che parliamo di sostenere l’umanità e sostenere, quindi, la vita.
Simon Tompkins
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