Oltre l’ontologia e la natura

L’avvento delle forme stocastiche dei linguaggi LLM (testo immagini musiche, programmi etc…) e la possibilità di accedere a contenuti creati autonomamente attraverso tecnologie generative di dati, sono parte di un processo maggiore che é venuto chiaramente alla luce all’inizio del terzo millennio. L’inizio della nuova epoca geologica denominata antropocene (o capitalcene), il riscaldamento globale, l’attuale e ormai definitiva crisi climatica e la stessa recente pandemia hanno definitivamente fatto a pezzi il mito occidentale del dominio dell’umano sulla natura e sulla tecnica. L’ecologia inventata dall’episteme occidentale  e basata sulle opposizioni tra la natura e la cultura, tra l´umano e la tecnica é divenuta inappropriata per la comprensione dei nuovi contesti e per affrontare le nuove e urgenti sfide. L’immaginario che vedeva l’umano  come attore suppostamente autonomo e artefice del suo destino, nel corso di pochi anni, ha ceduto il posto ad una nuovo tipo di realtá, non piú formata da soggetti e oggetti ma fatta di una complessa rete di entitá  indipendenti, composta da  macchine viventi (S. Hockfield), da “attanti” non umani di varie specie (B. Latour, S. Mancuso, M. Coccia) che vengono a comporre un mondo infetto (D. Haraway) e un tipo di hiper complessitá viva, nè interna, nè esterna (T. Morton, J. Lovelock). Dinanzi all’antropocene, alle nuove sfide ecologiche, alle forme automatizzate di elaborazioni di data, alle performance sempre piú sorprendenti delle tecnologie e  al potere, economico, politico e sociale di un virus, la polis che descriveva un’idea di società composta appena da umani é divenuta una specie di metaverso, una concezione immaginaria e semplifcata, espressione di una episteme specifica elaborata in una parte del mondo e imposta come un modello universale al mondo attraverso l’evangelizzazione e il colonialismo. Il terzo millennio ha alterato definitivamente la nostra condizione abitativa (M.Di Felice) sostituendo, all’idea prodotta dall’episteme occidentale e basata sulla distinzione ontologica tra il soggetto umano, la natura e la tecnica, una condzione conettiva e simpoietica (D. Haraway) caratterizzata da un particolare tipo di “a-simmetria” (T. Morton) che se, da un lato, ci da accesso, attraverso i big data e la potenza di calcoli automatizzati, alla comprensione di fenomenti molto complessi, al tempo stesso, data la ampiezza e l’estesa durata nel tempo di questi, ce li descrive come irrisolvibili e ingovernabili. Pur avendo la piena conoscenza razionale e la comprensione dei complessi contesti che caratterizzano la nostra epoca percepiamo di non essere in grado, data la loro ampia portata, di risolverli e di governarli.

Ne costituisce un esempio concreto i ricorrenti incontri sul clima organizzati dalla nazioni unite che si succedono dal 92 senza riuscire a produrre niente di significativo. I cambiamenti climatici, così come i big data e le forme generative delle reti neuronali, le fake news non sono realtà controllabili poiché, non solo non sono il prodotto del solo  agire umano ma, anche, perché sono entità non “esterne” che stanno già provocando profonde trasformazioni alle nostre intelligenze e alle nostre forme di apprendimento. Non si tratta quindi di oggetti  a noi “estranei”, pensati come macchine, piú o meno autonome o come forme di intelligenze “artificiali” e quindi necessitanti di controllo e direzione.  Al contrario, sono esse stesse parte della biosfera e motori delle nostre stesse alterazioni adattative (J. Loveloc). Più che un tipo di ontologia orientata agli oggetti (G. Harman) il modello di una complessità composta, oltre cha dagli umani, da altre specie, da minerali, da vegetali, dal clima, dalle emissioni, da reti di data, da persone digitali e da carni a base cellulare ci fa percepire ad un altro tipo di mondo, senza ontologie né natura. All’inizio del terzo millennio siamo dinanzi alla fine della storia ma non nel senso attribuito a questa da F. Fukuyama. La fine é quella del nostro monologo come specie dominante e super intelligente. La fine che abitiamo é quella della polis, del soggetto autonomo e trasformatore che ci conduce, inevitabilmente, verso “l’hiper storia” ossia, verso una comprensione meta umana del tempo e delle mutazioni, capace di contemplare  non appena le gesta degli eroi umani e delle loro civilitá ma anche quelle del clima, delle biodiersitá, delle lunghe durate geologiche, delle tecnica e delle forme simpoietiche e biosferiche del divenire.

 

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