L’opportunità di produrre una riflessione sul futuro della comunicazione deve essere fondata su un puntuale lavoro di ricerca sul campo. Studi di comunicazione opportunamente condotti, con esplicito riferimento alla cultura dei dati possono, infatti, essere utilizzati come tecnica previsionale, sempre al netto dei cambiamenti delle tecnologie. Detto in altri termini, è possibile osservare i rapporti attuali tra media e giovani generazioni per anticipare alcuni dei tratti dello scenario mediale da qui a 7-8 anni. Questo significa fissare 3 elementi di interpretazione: la questione dell’accesso alle forme di comunicazione; la centralità dei nuovi profili di competenza mediale e la ridefinizione dei comportamenti culturali di cui le giovani generazioni sono naturali protagoniste. Osserviamo già oggi segnali che vanno nella direzione di un accesso alla comunicazione più largo e più aperto dell’attuale ristrettezza delle basi sociali dei media e quindi un tendenziale movimento verso la democratizzazione della comunicazione. Non pensiamo, però, questo processo come naturale e necessario anche se letture troppo spesso affrettate hanno promesso un futuro della comunicazione in cui le disuguaglianze e i conflitti saranno risolti. È quindi necessario, per noi, presidiare il cambiamento in atto sul doppio versante della ricerca e della formazione per evitare che i facili trasporti dei tecno-entusiasti trasformino le opportunità di mutamento in uno sterile catalogo di strumenti tecnologici da possedere. La multimedialità e la trasversalità tra media vecchi e nuovi, tra piattaforme non meno innovative, sarà probabilmente all’insegna di un aumento della competenza comunicativa dei soggetti che sapranno muoversi con disinvoltura tra i differenti ambienti. Tale competenza diverrà sempre di più moneta pregiata per le giovani generazioni che saranno disposte ad accettare un nuovo patto formativo con gli adulti se verrà riconosciuta la legittimità delle nuove abilità di cui sono naturali protagonisti. Un atteggiamento di chiusura verso questo scenario non è tecnicamente sostenibile prima di essere eticamente inammissibile. È altamente probabile che di qui al 2020 un’altra caratteristica non più marginale dell’atmosfera socio-culturale sarà un passaggio tendenziale più diffuso e meno sperimentale dal consumo alla produzione culturale. Alcune esperienze di comunicazione universitaria in materia di radio e Tv vanno in questa direzione. L’avvento del digitale licenzia le modalità linguistiche proprie della vecchia comunicazione a un livello di intensità tale da produrre preoccupanti fenomeni di obsolescenza della strumentazione teorica sino ad oggi utilizzata per inquadrare tali fenomeni. La stessa infrastruttura delle analisi su questi temi si attarda, oggi, su concetti che non funzionano più: ad esempio, user generated content (UGC), enfatizzando la terminologia relativa all’utente, non coglie la natura profonda dei processi in atto. Rispetto alle coordinate interpretative che abbiamo proposto, condividiamo la necessità di riflettere sul destino dell’informazione giornalistica come cartina di tornasole del mutamento che il futuro prossimo promette di portare con sé. Il digitale cambia profondamente l’assetto delle relazioni tra produttori e consumatori di contenuti e mina alla radice la centralità della rappresentazione sociale della legittimità della mediazione. In questo senso la qualità smette di essere una proprietà intrinseca dei testi e diviene la trama delle relazioni in cui i testi sono inseriti. Non c’è più un centro gravitazionale che sostenga i tradizionali modelli della comunicazione perché il digitale fluidifica e rende meno necessaria tale distinzione semantica e analitica. Il messaggio passa in secondo piano, al punto che all’interno delle reti digitali esistono più processi di interazione che di vera comunicazione. Vogliamo, in conclusione, offrire al dibattito una provocazione di cui sentiamo la particolare urgenza. La gratuità dell’informazione – e in generale dell’accesso ai contenuti digitalizzati – è di per sé garanzia di liberazione dai monopoli? Bisogna, a nostro avviso, porre attenzione e problematizzare tale assunto. Osserviamo, a questo proposito, le esperienze della free press che non sempre sembrano andare in questa direzione.

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