di CHIARA GUIDA –
La tecnologia digitale sta rivoluzionando completamente il modo di fruire il cinema portando ad un cambiamento epocale dei supporti cinematografici, che può essere paragonato al passaggio tra il muto e il sonoro. In realtà, il lavoro digitale all’interno dei prodotti cinematografici è un processo che vede la sua alba proprio nella formazione dell’immagine, che si distacca sempre più dalla sua concretezza documetaristica, che i fratelli Lumiere si auspicavano, per sfociare completamente nel mondo del fittizio e dell’impossibile. Anche l’immagine riprodotta quindi diviene nient’altro che pixel. Tutto ciò sembra portarci molto lontano dalla persona digitale, per Media Duemila fulcro tematico di quest’anno, invece a guardare bene, dietro ai mostri e alle creature fantasmagoriche che sempre più spesso troviamo al cinema si nasconde proprio una persona, un attore, che trasformato e scomposto in impulsi, diventa digitale.
La motion capture mette davanti alla stessa realtà tutti gli spettatori cinematografici e i fruitori della rete: il nostro corpo non si ferma alla contingenza fisica che vediamo e tocchiamo ogni giorno; esso si estende in innumerevoli modi e mondi che vanno anche oltre la scia digitale che ci lasciamo dietro ogni volta che navighiamo in Internet. La persona digitale, con la tecnica della motion capture, diventa davvero tale, trasportando le nostre movenze e le nostre espressioni/emozioni su un’altra immagine, specchio di ciò che abbiamo fatto e provato: una proiezione digitale del nostro io.
Ma di cosa si tratta nello specifico?
La motion capture, o mocap per gli addetti ai lavori, è quella tecnica che permette di catturare i movimenti del corpo per poi rielaborarli al computer e realizzare figure digitali realistiche. E’ notizia recente che l’attore Andy Serkis, noto al grande pubblico per essere stato pioniere proprio di questa tecnica per la sua performance ne Il Signore degli Anelli, nel ruolo di Gollum, voglia passare alla regia, dopo essersi occupato della seconda unità de Lo Hobbit, film che lo vedrà rivestire di nuovo i panni, o meglio la tuta di Gollum. L’attore sembra infatti interessato alla trasposizione cinematografica del romanzo di George Orwell, La Fattoria degli Animali, da realizzarsi completamente in motion capture, con le bestiole della fattoria che prenderanno espressioni facciali umane grazie ad attori in carne e ossa.
Il rilevamento di movimento, motion capture, nasce come analisi fotogrammetrica nella ricerca biomeccanica degli anni ’70 e ’80 ed è stato applicato e perfezionato in diversi ambiti che spaziano dallo sport al cinema al campo ludico e di intrattenimento. Esistono diversi sistemi per operare con questa tecnica divisi principalmente in due grandi famiglie: i sistemi ottici e i sistemi non-ottici. I sistemi ottici sono quelli più accurati e diffusi, ma anche i più costosi e utilizzano maker (marcatori) passivi. Tecnicamente il dispositivo funziona attraverso un meccanismo fotogrammetrico, si tratta infatti di un sistema che utilizza più telecamere emettitrici di luce, che può essere rossa, infrarossa e near-infrared, e dei marcatori di materiale riflettente, ovvero piccole sferette posizionate in maniera strategica sul corpo dell’attore. Il performer indossa i marcatori precisamente vicino alle giunture del corpo per identificare i movimenti e registrarli attraverso le telecamere. I computer ricevono quindi le coordinate delle parti del corpo dell’attore in ogni suoi momento del movimento.
Trai sistemi non-ottici si distinguono quelli elettromeccanici, relativi ai movimenti corporei tra due segmenti, quelli inerziali, che si basano sulla velocità dei corpi per tracciarne il movimento, quelli magnetici, basati appunti sui campi magnetici registrati intorno al corpo in movimento.
La tecnica, conosciuta e utilizzata da diversi anni nel mondo dei videogames, è sbarcata al cinema ufficialmente con Il Signore degli Anelli – Le Due Torri, film in cui entra in campo la creatura Gollum. Il regista del film, Peter Jackson, decise, in sinergia con i tecnici della Weta Digital, di realizzare questa creatura attraverso la cattura dei movimenti di Serkis, senza limitarsi a copiarne le movenze fisiche ma spingendosi anche a ricalcarne le espressioni facciali. In casi come questo si parla, ancora più precisamente, di performance capture, appunto il catturare una performance recitativa di un attore per poi restituirla in forma di pixel.
La tecnica ha poi subito aggiustamenti e messe a punto, arrivando a dei livelli di verosimiglianza davvero impressionanti. Se il Gollum del 2002 ha meravigliato l’intero globo, nel 2012, Gollum sarà ancora più realistico e pronto a colpire nel buio chiunque si trovi a passare per caso nella sua caverna. Tutto questo implica più lavoro, più impegno da parte dell’attore e della troupe, ma soprattutto una quantità maggiore di pixel che danno più giustizia alla creazione di una figura digitale che interagisce in uno spazio virtuale con attori reali.
E quale persona può dirsi più digitale di una nostra controparte animata in pixel che però mantiene le nostre proporzioni, il nostro modo di muoversi e le nostre espressioni?
Chiara Guida
media2000@tin.it