Le novità sociali e culturali introdotte dalle reti mi hanno sempre trovato entusiasta. Le critiche le ho lasciate a chi sembrava non poterne fare a meno, come succede sempre quando compare per la prima volta una tecnologia fondamentale, dalla scrittura alla tv a internet. Non volevo che questa sorta di riflesso condizionato mi impedisse di vedere più lontano. Oggi come allora penso che siamo di fronte a un cambiamento di civiltà profondo e irreversibile, simile a quelli che ho studiato a lungo nella cultura greca dopo l’alfabeto e in quella occidentale dopo la stampa. Su questo la mia prospettiva non è cambiata, ma sicuramente ogni volta che il linguaggio si impadronisce di un nuovo medium (in questo caso l’elettricità e i suoi derivati, l’elettronica, il digitale, i cellulari), le trasformazioni sociali portano sconvolgimenti che turbano a ragione la gente. Per questo anche oggi osservo quanto accade con l’entusiasmo dell’esploratore.
Dietro i social network vedo moltiplicarsi l’intelligenza delle connessioni e disegnarsi una immensa rete cognitiva: non solo internet ma anche la datasfera nel suo complesso, memoria del mondo e memoria di ognuno di noi. Siamo entrati nell’era della trasparenza e questo cambia tutto, ma non è il momento di cedere alla paura o all’impotenza. Piuttosto è il caso di guardare oltre e intuire, nell’immenso ambiente cognitivo che ci circonda, la forma che prenderà l’umano nel giro di poco tempo. Quanto alle delusioni, no, il mio investimento nell’osservazione delle tecnologie non è sufficientemente emotivo perché io sia deluso dai loro sviluppi, anche se vanno contro i miei gusti personali. (DDK)