desinite indoctum vana dulcedine vulgus fallere (Ovidio, Met.,V,308)

Blablabla incessanti. Domande quasi sempre uguali. Risposte quasi sempre depistanti. Realtà nascosta da mille parole inutili. Verità evasa. Forse non c’è una sola verità, così come non c’è il ‘centro di gravità permanente’ di Franco Battiato. Nella società liquida di oggi diventa vero quello che è più opportuno. La coloritura delle parole sembra contare più delle azioni.
L’imperativo morale, tanto caro a Immanuel Kant e ai sostenitori dell’etica sociale, pare un concetto in estinzione. Coerenza liquefatta. Machiavelli torna ad essere il maestro, la ragione può aspettare. Anche il libero arbitrio, caposaldo filosofico della responsabilità personale e dei diritti, viaggia verso l’oblio.

Emergono due tendenze: quella dell’utilità, nella quale la convenienza è decisa da chi ha i poteri sociali, e quella dell’analisi comportamentale, che in sostanza stabilisce che è giusto quello che pensa la maggioranza.
Peraltro le decisioni dei singoli, in una congiuntura di fame immediata di risultati pro-individuo, si adeguano facilmente alle proposte, realizzabili o no, di spettacolo verbale, anche se di difficile realizzazione fattuale. Vedi i vaneggiamenti di importanti uomini politici, nostrani e non, ma anche dei tifosi della Brexit, e anche dell’orda dei migranti economici che sognano un’Europa generosa.
In questo quadro alcune élites utilizzano la scienza e la tecnologia come se fossero elementi di democrazia. E lo sono. O lo sarebbero, se per esempio social networks e cinguettii contenessero argomentazioni solide, dialettiche misurate, raccolte esaurienti di informazioni. Invece spesso le argomentazioni sono parole ‘da stadio’ (siamo ancora al ‘panem et circenses’) e il confronto non c’è. Vince l’arroganza di chi ha sbraitato di più. La raccolta di informazioni finisce in algoritmi di ricerca ispirati e controllati dal comportamentalismo o affogati negli archivi di big data senza albero della conoscenza.

La prossima espansione tecnologica, dopo quella di una rete internet raggiungibile quasi ovunque nella quale i blogghisti sono più consultati di Wikipedia e gli ‘I like’ sanciscono il potere degli idoli, la prossima esperienza tecnologica, dicevo, è quella dell’intelligenza artificiale. Ci aiuterà? Come no? Il professor Zichichi dice che il nostro cervello accetta impulsi di durata non inferiore al millesimo di secondo. Giusto il tempo per riflettere e per reagire d’istinto, nevvero? Ma le macchine potranno arrivare a cogliere input anche di picosecondi. Tradotto: se la risposta alla domanda “1+1” arriva in un millesimo di secondo, nello stesso tempo un robot potrà dare mille risposte a mille domande. Formidabile, no? Noi: in panchina.

Un altro argomento significante in questa fase di civiltà dove la complessità degli items, la variabilità delle connessioni e delle alternative di percorso sembra in rapidissima espansione, è quello dei cambiamenti che la neuroscienza attribuisce al cervello.
Faccio una banale premessa: non è il cervello che da solo decide, spesso è quel motore che chiamiamo cuore, o quello che chiamiamo pancia, o quello che chiamiamo respiro, o anche quello che chiamiamo sesso. Siano organi sani, o un po’ malati (e anche il concetto di malattia è spesso relativo), le neuroricerche tendono ad affermare che, se al nostro patrimonio genetico già parecchio complesso si aggiungono fenomeni nuovi, si crea, dicono gli scienziati, un adeguamento, ovvero una modifica sostanziale.
Così le mutazioni: la scimmia primitiva brandiva un bastone per cacciare e poi l’ominide usava una lancia, e poi l’uomo inventava la ruota e Pitagora il suo teorema e Einstein esplorava la fisica quantististica. Così adesso penso sia in atto una nuova mutazione del ‘cervello’, nel quale la logica dei sillogismi e delle fallacie aristoteliche non funziona più. Purtroppo la conoscono in pochi.
Mi tocca, per concludere, dire del libero arbitrio, che in apertura avevo annunciato in estinzione. Se le nostre decisioni sono sempre più influenzate dagli input esterni che penetrano e modificano anche le nostre strutture neuro-chimiche e ci lasciamo sedurre dai sondaggi, dalle percezioni superficiali, dai comportamenti indotti e dalla (scarsa) ricerca intellettuale dei guru della felicità soprannatura, per certo non sarà l’egoismo o l’arroganza la dimostrazione del libero arbitrio, ma solo l’estensione di un trend di annichilimento critico.

Con fatica ma con entusiasmo dobbiamo pensare alle prossime generazioni di uomini, non di automi. Dobbiamo preoccuparci anche del potere aggregante dei social network così come di quello di alcuni media tradizionali che prediligono la critica con il pretesto di evidenziare le ferite sociali, con conseguenze distruttive sui valori e sulle istituzioni politiche e amministrative tradizionali, che meritano critiche costruttive. Forse è sempre stato così, ma oggi la consapevolezza deve spingerci a miglior dignità. Se non ci occupiamo di questo problema, di ecologia filosofica, come l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite ci ha già segnalato, rischiamo un collasso globale della civiltà.

Agenda 2030 delle Nazioni Unite

 

Paolo Lutteri

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Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it