La notizia su cui vi propongo di riflettere è la prima applicazione del Neuralink di Elon Musk, ne parlano perché giocare una partita a scacchi con il solo pensiero ha dell’incredibile, ma non è una novità. Da 35 anni seguo le ricerche sulle BCI  (Brain Computer Interface) praticate non solo dall’industria, dalla medicina o dall’esercito, ma anche dagli artisti delle nuove tecnologie, come il musicista francese Pierre Henry (https://www.youtube.com/watch?v=BbMLLWoqGQU), o creatori di tecnologie interattive come l’austriaco Conrad Becker, la tedesca Ulrike Gabriel, o il canadese David Rokeby, e ancora oggi Maurice Benayoun.

Tutti hanno sviluppato sistemi che permettono di utilizzare i computer con il pensiero. La penetrazione della tecnologia interattiva nel cervello è il passo successivo alla continua  cyborgizzazione (https://www.researchgate.net/publication/348796430_Crossing_the_Threshold_of_Cyborgization)  o alla fusione uomo-macchina. Non ci vedo una rivoluzione, ma la logica continuità della trasformazione digitale: di cui uno degli obiettivi principali è il controllo di tutto, compreso la mente umana.

La novità di Neuralink è quella di collegare l’impianto alle simulazioni di controllo motorio, un risultato scientifico e tecnico che richiede di sapere, sia come i processi di pensiero accedono ai controlli motori nel cervello, sia come una macchina può ricevere e dare impulsi per innescare tali processi. Ma la vera sfida è quella inversa, anch’essa in corso di realizzazione in alcuni laboratori distribuiti in tutto il pianeta, che si chiama CBI (Computer-Brain-Interface), ovvero come un computer può controllare un cervello.

Cervello e rete

Se si va un po’ più in là, la differenza importante che le tecnologie di tipo Neuralink potrebbero apportare entrando nel cervello stesso, sarebbe di effettuare una connessione diretta fra pensiero e rete. Posso immaginare che una versione avanzata di Neuralink ci permetterà di essere connessi mentalmente con i ‘Large Language model” (LLM) o modelli d’IA generativa, senza usare la mano o la tastiera. A quel punto saremo in grado di pensare a tutte le domande da porre all’intelligenza artificiale generativa per ottenere le risposte migliori. Pensate al giocatore di scacchi Neuralink che ha accesso istantaneo a tutte le migliori mosse dei campioni!

L’interfaccia neurale è una tecnologia in grado di decodificare il nostro pensiero?

Molte persone stanno perdendo alcune abilità cognitive di base, delegandole sempre alle macchine. Per aver delegato memoria, giudizio e ragionamento ai loro smartphone, per non parlare del senso dell’orientamento al navigatore, hanno perso l’uso spontaneo di queste facoltà e tra queste l’abitudine di organizzare la successione di frasi complesse durante la lettura. Pur essendo ancora tecnicamente in grado di leggere, i miei studenti non ne sono più interessati, forse addirittura incapaci mentalmente. L’umano è certamente in corso di metamorfosi ma nessuno sa esattamente verso di che. Vuotandosi dei contenuti e dei processi dati dalla lettura, il futuro delle nostre menti potrebbe essere quello di rimanere vuoti, aperti e pronti al tipo di scambio diretto in tempo reale con la rete di cui ho parlato prima.

Democrazia e datacrazia

Ed arriviamo al libero arbitrio che potrebbe essere considerato un’utile illusione in una  democrazia che si sta trasformando in una datacrazia. In ogni caso non più necessario. Ormai gli algoritmi fanno tutte le scelte al posto nostro. Essendo un’interfaccia altamente sofisticata, il nostro corpo conserva ancora tutti i gradi di libertà, ma la nostra mente no. Nel frattempo, presto avremo sempre meno da nascondere. A volte penso che, nel prossimo futuro, la nostra personalità non sarà plasmata da come educhiamo la nostra mente, ma dall’individualità e dalla resilienza del nostro corpo. Il controllo della mente è facile, non fa male (fisicamente!). Ci vuole molta violenza per controllare i corpi delle persone, come dimostra ciò che sta accadendo in Russia, Iran o Israele. Il controllo della mente è una questione di software, come è successo con Cambridge Analytica otto anni fa. La questione del libero arbitrio emergerà certamente quando la gente si renderà conto che le tecnologie CBI, relazione inversa del BCI, sono usate prima per i prigionieri di guerra per evitare la tortura, poi con i detenuti comuni, poi per sperimentazioni socio psicologiche, e eventualmente con tutte le persone che hanno problemi con la legge o che possono servire alla ricerca. Il fatto che la tecnologia possa ora accedere al pensiero (presto in tempo reale) creerà nuovi problemi etici e politici. Alcuni  sono già stati affrontati ma non risolti. È il nostro contesto etico a doversi evolvere. Gli esseri umani stanno cambiando forma dall’interno molto più velocemente di come appaiono.

Il paradosso che si profila è che, nell’ipotesi che Neuralink e tecnologie simili vadano avanti, singole persone con poca formazione che hanno accesso istantaneo a informazioni strutturate, intelligenti e verificate acquisiranno straordinari poteri di innovazione e di applicazione alla gestione personale e sociale. D’altra parte, rimanendo sotto il controllo permanente e in tempo reale degli organi di governo, la loro autonomia sarà limitata all’obbedienza. Da questa situazione si deve ancora immaginare un nuovo contratto sociale.

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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".