L’informazione sta cambiando e il ruolo degli utenti-cittadini è sempre più al centro di questo cambiamento. È questo il senso della famosa copertina del Time, la prestigiosa rivista americana, che nel dicembre 2006 ha eletto protagonista dell’anno l’ignoto lettore.
In effetti, attraverso le nuove tecnologie della comunicazione, le applicazioni e i servizi Web 2.0, milioni di persone oggi possono creare, condividere, autodistribuire contenuti on line, e sentirsi protagonisti di questa Web Revolution (diventando “prosumer”, produttori di contenuti, piuttosto che “consumer”; partecipanti piuttosto che audience passiva).
Tim O’Reilly, che nel 2004 coniò l’espressione “Web 2.0” (parola oggi abusatissima), ha utilizzato uno slogan – “architecture of participation” – per descrivere un Web attivo e bidirezionale (rispetto al Web 1.0, perlopiù monodirezionale e poco interattivo, che aveva nelle e mail e nei motori di ricerca le proprie applicazioni principali). Nel Web 2.0, infatti, la condivisione dei contenuti e la partecipazione degli utenti-cittadini è l’elemento essenziale dei siti di social networking (come Facebook, MySpace o Twitter), dei wiki web sites (come Wikipedia), dei blog e dei social media in generale (come YouTube o Flickr).
Dalle analisi Nielsen Online sullo scenario di Internet in Italia (nel dicembre 2008) e sull’andamento della Rete nell’ultimo anno, emerge chiaramente che il 2008 è stato l’anno di community, blog e social network, che hanno superato le e mail come applicazioni più utilizzate.
Passando all’analisi dei siti che sono cresciuti di più dal dicembre 2007 al dicembre 2008, le star del 2008 sono state senza dubbio Facebook (passato dal 2% al 44% di utenti attivi) e YouTube (dal 30% al 40%).
Lo sviluppo e l’utilizzo delle applicazioni e dei servizi Web 2.0 dipendono molto dalla velocità di connessione, dalla larghezza di banda. Tecnici e studiosi, negli ultimi anni, stanno cercando la soluzione più conveniente per risolvere il “gap digitale” (che rende l’Italia un paese che viaggia a diverse velocità) e per consentire a tutti di poter utilizzare le nuove tecnologie della comunicazione, assicurando così un “servizio universale”.
Dai dati forniti da Between (e pubblicati dall’Agcom nel dicembre 2008) che, attraverso l’Osservatorio banda larga, ha monitorato lo sviluppo della banda larga in Italia nel quinquennio 2002-2007, risulta che: sono quasi 11 milioni gli utenti che usufruiscono delle connessioni broadband (nel secondo trimestre 2008); che, indubbiamente, la copertura Adsl nel nostro paese è aumentata, anche se gli investimenti degli operatori hanno continuato ad indirizzarsi soprattutto verso le aree metropolitane, a discapito di zone montane e piccoli comuni (in tal senso accrescendo quel divario digitale tra grandi città e piccoli comuni). Sempre secondo Between, le motivazioni principali per cui non si adottano servizi broadband (relegando l’Italia molto indietro rispetto agli altri maggiori Paesi europei) sono la carenza infrastrutturale e la poca alfabetizzazione informatica degli italiani.
Tecnici e studiosi hanno indicato come soluzione più ovvia e meno costosa le tecnologia wireless (tecnologie a banda larga senza fili) come Wi-Fi e Wi-Max, che potranno garantire una copertura broadband capillare del nostro territorio, ristringendo dunque il divario digitale e assicurando un servizio universale.
Servizi e applicazioni Web 2.0 hanno prodotto importanti cambiamenti nel mondo dell’informazione giornalistica: è il passaggio dalla logica chiusa e monodirezionale delle news 1.0 alla logica aperta e interattiva delle news 2.0, o “notizie condivise”.
Sempre più i giornali (on line, Tg e Gr) stimolano alla partecipazione e alla condivisione delle notizie l’utente-cittadino, proponendo nuovi strumenti di interazione come blog, sondaggi, la richiesta di commenti ai fatti di attualità, l’apertura di brand channel su Facebook o su YouTube, consentendo ai propri utenti-lettori di inviare foto e video di avvenimenti a cui hanno partecipato di persona. In tal modo rendendo l’informazione sempre più completa e migliorando il loro rapporto con il pubblico.
Insomma, ci avviamo sempre più verso un “social journalism”, un giornalismo fatto da professionisti che vedono nel contributo e nella partecipazione degli utenti-cittadini la svolta che segnerà l’informazione del futuro. Attenzione però, non stiamo parlando di una nuova forma di giornalismo, un “citizen journalism” fatto da inesperti blogger e cittadini qualsiasi. Il giornalismo resta una professione, con regole tecniche e deontologiche che i professionisti dell’informazione dovranno sempre saper attuare per migliorare la qualità dell’informazione giornalistica.
Tra gli esempi più interessanti di “social journalism”, o di giornalismo partecipativo, in questi anni vanno segnalati: le varie forme di “crowdsourcing” (ovvero l’opportunità offerta agli utenti-cittadini di inviare foto, video, notizie, contribuendo a migliorare il panorama informativo); la crescita della blogosfera, testimoniata anche da uno studio di “Technorati” del 2008 che ha indicizzato più di 130 milioni di blog, e 4 milioni di blog attivi (ovvero aggiornati almeno una volta al mese); la diffusione dei wiki web sites, che sull’esempio di Wikipedia, consentono a più persone di lavorare assieme, in modo rapido e collegiale.
Sono i giovani i maggiori fruitori delle applicazioni e dei servizi Web 2.0: la “networked generation” che attraverso social network e social media vuole restare sempre connessa e condividere con gli altri esponenti della loro tribù tutte le informazioni che vogliono.
“Media Duemila” ha organizzato a novembre dello scorso anno il convegno internazionale “Nati Digitali”. È in quell’occasione che Derrick de Kerckhove ha invitato i cosiddetti “Immigrati Digitali” ad adattarsi alle tecnologie e a capire le esigenze dei “Nati Digitali” che vivono al passo con i tempi.
I giornalisti del futuro oltre a svolgere il ruolo di classici informatori dell’opinione pubblica, dovranno lavorare a delle news 2.0 (o notizie condivise) che possano stimolare sempre più la partecipazione degli utenti-cittadini. Si tratterà di professionisti multitasker, che lavoreranno all’interno di redazioni multimediali e che quindi dovranno essere in grado di scrivere e confezionare servizi giornalistici per diversi mezzi di informazione (Tv digitale terrestre, radio e web radio, Internet e mobile). Quello che dovrà cambiare sarà l’approccio alla professione, considerando sempre che la mediazione giornalistica resterà centrale, che il professionista al servizio dei cittadini dovrà assicurare informazioni corrette e veritiere, e che bisognerà evitare qualsiasi forma di “informazione autoreferenziale”.
L’informazione sta cambiando e il ruolo degli utenti-cittadini è sempre più al centro di questo cambiamento.
di Erminio Cipriano