Centocinquant’anni di pubblicazioni ininterrotte. Nuova Antologia, la rivista di lettere, scienze ed arti fondata il 31 gennaio 1866 nella Firenze capitale dell’Italia unita per affrontare profonde crisi sociali, economiche e identitarie, ha da poco oltrepassato il guado del secolo e mezzo di attività e celebrato il traguardo con una serie di iniziative culminate nel capoluogo toscano con un convegno sugli “Scenari per il XXI secolo” alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella.
Un evento in contemporanea all’uscita del fascicolo monografico dallo stesso titolo a cura di Giorgio Giovannetti, che fa il punto sulla situazione dell’Italia nello scenario internazionale con testi di più di ottanta autori, scandagliando vari profili: dalla politica interna alle relazioni internazionali e l’Europa, dall’economia alle scienze, passando per cultura e formazione (Nuova Antologia, ottobre-dicembre 2015, anno 150 fasc. 2276, Fondazione Spadolini, Le Monnier, 16.5 €).
Il percorso dei 150 anni “mostra in tutta la sua grandezza lo straordinario sodalizio di uomini e di menti che hanno fatto e fanno della Nuova Antologia uno strumento di conoscenza e di crescita, una sorta di simbolo e di bandiera cui stringersi intorno, ognuno con le proprie competenze e specificità per diffondere, specie fra i giovani, i principi e i valori etici, culturali, civili tramandati dai nostri maggiori”, scrive nel suo editoriale il direttore Cosimo Ceccuti, non senza ricordare il più recente snodo fondamentale per la vita della rivista, che sul finire degli anni Settanta rischiava di chiudere e fu salvata da Giovanni Spadolini. È la fondazione che porta il nome del repubblicano fiorentino ad assicurare oggi la continuità editoriale dell’opera, che è anche impegno militante “perché l’Italia, l’Europa e il mondo intero crescano, ma vivano con la forza della cultura”.
Quella cultura che è “via maestra e spinta propulsiva di ogni progresso civile, sociale ed economico”, nelle parole del presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che ricorda come “i temi degli articoli, i nomi che li firmano, non ultime le vicende editoriali della rivista non si limitano a riflettere la storia; sono essi stessi pagine di storia”.
Storia con le sue contraddizioni e i suoi punti di svolta. “Mai gli esseri umani erano stati tanto attrezzati per comunicare, per scambiarsi dati e opinioni ovunque essi siano sul pianeta, senza più davvero percepire le distanze fisiche -, scrive l’ex premier e oggi giudice della Corte costituzionale Giuliano Amato -. Eppure il pianeta, che la fine del comunismo sovietico sembrava avere largamente unito, torna a divaricarsi e conflitti prima locali si legano sempre più fra di loro, all’insegna di primati di civiltà e di religione. Non solo, ma anche ciò che avevamo messo insieme – in primis gli Stati europei integrati nella loro Unione – tende a divaricarsi e a rendere sempre più problematica la vita comune. Il difficile, difficilissimo governo di tutto questo – continua lo scenario a tinte fosche tratteggiato da Amato – è affidato ad élite che, di sicuro per quanto riguarda l’Europa (fortunatamente meno in altre parti del mondo), sono fortemente influenzate dai movimenti populisti o addirittura plasmate sul loro modello, quello dell’élite non élite, della preferenza per l’incompetenza a governare di uno di noi rispetto alla competenza privilegiante nata in un passato che non vogliamo più”.
Per riemergere dalla tinteggiata palude, anche Amato individua la risposta nella “paziente opera culturale che minoranze illuminate non hanno mai cessato di svolgere e che offre gli ingredienti più essenziali alla costruzione di una narrativa diversa, più informata, più consapevole, più razionale”; e affida la missione di contrastare l’ondata di antagonismo a dei leader che si dimostrino coraggiosi in questo senso.
La riflessione si sposta dal piano interno a quello globale con l’intervento del presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, che delineando “la necessità di un grande impegno comune per giungere a un ordine mondiale finalmente condiviso” chiude il volume della Nuova Antologia: “È stato significativo e importante che in un recente e assai impegnativo libro di Henry Kissinger si sia sottolineato come in effetti una concezione condivisa dell’ordine mondiale, ossia una concezione condivisa su scala mondiale di quel che dovrebbe essere l’ordine mondiale, non c’è mai stata. Abbiamo per lungo tempo vissuto in una concezione plasmata dall’Europa e dalle sue vicende storiche e abbiamo poi avuto con il G7 la pretesa – che presto si è rivelata insostenibile – di potere, in quel ristretto circolo, decidere gli sviluppi delle relazioni economiche e politiche su scala globale”, che oggi non può proprio prescindere da un effettivo coinvolgimento di tutti gli attori in campo.
Nel tracciare le prospettive all’orizzonte per l’arena internazionale, Napolitano salda insieme il fremito rinnovatore dell’Italia della Nuova Antologia e le sfide di là da venire, indicando l’attualità di un metodo che in tempi instabili e con assetti sociopolitici friabili ha contribuito (e non poco) a costruire il Paese.
Gabriele Rosana