di CESARE PROTETTI’
È il momento del giornalismo on line. Ogni giorno nel mondo nascono nuove iniziative e si affacciano alla professione nuovi cittadini giornalisti. Ma, a parte i casi di “sacro fuoco giornalistico” presente in molti blog che nascono e crescono senza scopo di lucro, come remunerare questa attività spontaneistica di giornalisti con o senza tessera professionale? Sergio Maistrello, nel suo ultimo libro “Giornalismo e Nuovi Media” (editore Apogeo) cita minuziosamente i casi di nanopublishing (microeditoria) che si sono sviluppati con successo nel mondo generando canali verticali appetibili per gli inserzionisti pubblicitari. Un fenomeno comparso nel 2004 anche in Italia e che ha fatto emergere tre protagonisti: Blogo, Blogosfere e CommunicaGroup.
Ma un’altra forma di finanziamento emergente è il crowdfunding (o community funding reporting): cercare tra i lettori fondi per poter scrivere e pubblicare articoli e inchieste su temi che interessano alla gente. Negli Stati Uniti sembra funzionare, ma in Italia? Sergio Maistrello indica tre progetti che a vario titolo ricalcano le orme di Spot.Us, una società fondata da un giovane, Davide Cohn, grazie ai 350.000 dollari vinti a un concorso per idee innovative. Sono tutte iniziative nate da pochi mesi ed è presto, quindi, per dare giudizi definitivi. Tuttavia la partenza non è molto esaltante: sembra che in Italia ci sia pochissima disponibilità a donare qualcosa per questo tipo di giornalismo. Siamo andati a vedere una per una le iniziative citate: Youcapital, To report e Spot.Us Italia e il risultato non cambia: sarà la crisi, sarà il sistema dell’informazione in Italia in overdose perenne, ma il fatto è che le offerte di finanziamento languono. E del resto gli articoli proposti sembra che abbiano un grandissimo appeal. Se questa è la strada del giornalismo investigativo del futuro, c’è da dire che sembra una strada molto stretta. Forse si allargherà, ma non diventerà mai un’autostrada.
Cesare Protettì